Capitolo 2 POV Silvia

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''mamma vuoi qualcosa da bere?'' le domando mentre è intenta a leggere un libro nella veranda; alza lo sguardo rilassato verso di me ''no grazie tesoro, ho già bevuto del succo di pompelmo. Piuttosto, cenerai a casa stasera?'' annuisco mentre cerco di non far caso alla troppa quiete in cui si trova avvolta. Dovuta soltanto dai calmanti che, fortunatamente anche se a basso dosaggio, la dottoressa sta diminuendo giorno dopo giorno, visto gli importanti progressi che mia madre sta facendo.

Quando due mesi fa tornai dalla California, per poi fiondarmi in ospedale, non avrei mai creduto di potermi trovare davanti l'ombra della donna che una volta era stata mia madre: spenta, dormiente e scossa su quel letto d'ospedale, come se avesse perso tutta la forza di vivere, la sua tenacia, la sua vitalità. Solo al pensiero, vorrei mettermi ad urlare... ed è la cosa che feci quel giorno mentre mi avventavo su mio padre, incolpandolo di tutto. Di tutto il caos che aveva creato, di tutto il dolore e la tristezza che aveva gettato nelle nostre vite.

Dal canto suo, lui rimase zitto, mentre piangeva.

In quel momento volevo solo scappare, andarmene lontano da tutti e tornarmene nel mio posto felice nel mondo: tra le braccia di Trevis.

Trevis.

Mi manca ogni giorno. Anche se ci sentiamo sempre, mi manca. Da impazzire.

È la mia colonna portante. Con lui, mi sento più forte, in grado di affrontare tutto.

In ogni caso, mia madre ha avuto un disturbo post traumatico da stress, una serie di cose che l'ha portata a crollare: la domanda che ci facciamo tutti quanti è se, quel giorno, il suo fu un tentativo di suicidio o meno. Dalle sue parole, si evince che non è così, ma i medici non sono del tutto convinti.

In questi due mesi abbiamo fatto progressi, lei in particolare ha fatto progressi: grazie all'aiuto di sua sorella, mio e della mamma di Isabel, sembra essere tornata a sorridere, anche se lievemente. Sta lentamente riprendendo in mano il suo lavoro e la cosa mi fa felice, perché vuol dire che la sua testa lavora, la sua mente elabora e si distrae. Si sente utile a qualcosa.

E noi la facciamo sentire amata.

E stranamente anche mio fratello sta aiutando a gestire la situazione nel migliore dei modi; contrariamente a mio padre che, per quanto odi ammetterlo, non ha fatto grandi passi nei miei confronti: mentirei se dicessi che non sta aiutando la mamma a uscire da questa situazione, standogli vicino cercando di risolvere anche il più piccolo problema.

Ma alla base di tutto, resta che la mia mamma continua a guardare mio padre con occhi innamorati, mentre mio padre no: lui guarda Laura con occhi innamorati.

Io invece non l'ho mai vista mezza volta negli ultimi mesi e mi va bene così, anche se inizio a sentire delle piccole pressioni nel conoscerla. Frasi innocenti che mio padre, forse credendo che possa facilitarmi nell'accettare tutto al meglio, mi fanno capire che vorrebbe che ci incontrassimo.

È ovvio che si droghi.

Piuttosto mi tolgo gli occhi.

Stiamo raggiungendo un equilibrio, anche se precario, ma almeno stiamo facendo dei passi avanti: mi sono iscritta alla specializzazione e ovviamente devo ringraziare Federico che si è praticamente occupato di tutte le pratiche burocratiche a riguardo.

Federico.

Per me da quando sono tornata dalla California, è stato solo un grande amico: tutti sono stati grandi amici e conoscenti, visto che non mi sono avvicinata ad un essere maschile, se non per parlarci amichevolmente.

Non mi interessano gli altri, non più.

Sono diventata una fottuta sdolcinata, ma i miei occhi vedo solo Trevis che, anche se al di là del pianeta, riesce comunque a farmi venire le farfalle allo stomaco e... e a farmi venire, punto e basta. Perché le nostre sedute di sesso telefonico, sono davvero una bomba.

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