Capitolo 33-Stai facendo il suo gioco, perfettamente

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«Ricapitolando: lo abbiamo interrogato a tradimento senza aspettare l'avvocato, Carter ha probabilmente deciso di crearsi una nuova vita alle Fiji e il nostro potenziale uomo è arrestato per falsa testimonianza, ma non abbiamo sufficienti prove per accusarlo di omicidio.»
Mulder stava appoggiato al muro, i gomiti su cui aveva arricciato la camicia contro la superficie fredda dell'intonaco.

«Lo abbiamo già accusato, in realtà. Parecchie volte.» Zelda si portò le mani sugli occhi, strofinandoseli con stanchezza.

«Sì, ma non è nulla di ufficiale. Cazzo, nemmeno l'avvocato c'era, dai.»
Oscar si staccò dal muro con un colpo di reni, intento a guardare Andrew oltre il vetro.
Aspettava.
Qualcosa di indefinito, forse, ma sembrava non soffrire né il silenzio, né l'attesa che quella mezz'ora si consumasse.

«Con la falsa testimonianza si va a processo. Potranno anche giudicarlo colpevole, ma entro due anni sarà fuori comunque.» Liza distese le spalle, come a rendersi conto di averle tenute in tensione fino a quel momento.

«Supponendo che sia lui, e supponendo che potremmo trovare l'indizio giusto, andremo comunque a processo.»
Xavier parlava con un tono assolutamente piatto, come se tutta la sua combattività si fosse esaurita durante l'interrogatorio, per lasciare spazio a occhiate pensose e frasi monocorde.

«È vero» Mulder annuì, sul volto un'espressione decisa, «Andrew potrebbe non confessare, per quanto possiate fargli il culo.»
Guardò Xavier e Zelda, poi si rivolse a Liza.
«Come ti è sembrato?» chiese poi, all'improvviso, come se si fosse reso conto che le indagini organiche stavano prendendo il sopravvento sulle considerazioni comportamentali.

Lei arricciò le labbra, poi scosse la testa in impercettibili movimenti dettati da un sottile dubbio. «Il suo comportamento... non lo so. A tratti sembra Andrew, quell'Andrew che conosciamo. E dopo cambia, come se...»

«Come se sapesse già tutto.»
Zelda raschiò via una punta di smalto dall'indice. Quello si sfogliò e lei lo scacciò dalla punta del dito con un gesto infastidito.

«Esatto.» Liza incrociò le braccia.
No, Andrew non era così.
Andrew era saccente, arrogante, sicuro.
Ma le uniche persone che Liza Aster avesse mai visto essere tranquille davanti a una situazione del genere nascondevano sempre una voragine più profonda e vertiginosa dentro di loro.

«Wilson è sempre stato un coglione. Non ha mai collaborato, è stato ostile dal primo momento in cui lo abbiamo visto.» Mulder mostrò i denti in un'espressione poco convinta.

«Ostile ed estremament tranquillo sono due cose diverse.» Liza lo guardò, contrariata.

«E allora cosa dovrei dire? Lo avete visto, no? Se ne stava lì, a sorridere, senza dirci nulla. Per me può anche essere l'uomo che stiamo cercando, ma non trovo una spiegazione al suo menefreghismo che non sia il suo carattere di merda.»

Liza contrasse i muscoli del viso, serrando le labbra in un moto di disapprovazione.
Mulder era un bravo detective. Ottimo.
Ma doveva ammettere a se stessa che non sempre era capace di agguantare col giusto spirito alcune delle sue teorie più complicate.

«È arrivato l'avvocato.» Xavier indicò con un gesto del mento appena accennato oltre il vetro della sala interrogatori.
Un uomo basso e magro, talmente sottile da sembrare l'ombra del vero avvocato, era seduto davanti ad Andrew.

«Cazzo» sibilò Mulder, prendendo la giacca, «facciamoli parlare il meno possibile» poi guardò Liza, «vieni con me. Non lasciare che l'avvocato risponda per lui.»

Lei scattò, lasciando sul tavolo i guanti di camoscio.

Qualche attimo di confusione, di fruscii e si tacchi che battevano sul pavimento.
Poi la porta si chiuse dietro di loro, e come se avesse portato dentro di lei ogni rumore possibile, la stanza cadde nel silenzio più denso.

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