Chapter 1 - Violet

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Mille brividi le percorsero il corpo, nel frattempo che la ragazza si raddrizzava di scatto a sedere con il respiro affannato. La fronte era imperlata di sudore e il cuore batteva all'impazzata.

Violet portò d'istinto una mano sul petto, nel vano tentativo di calmarsi, regolando il respiro. Scostò di lato e con violenza le coperte, il pigiama azzurro era umido e le si appiccicava al corpo in alcuni punti.

La giovane si passò una mano tra i capelli, decidendo alla fine di dirigersi al bagno per darsi una rinfrescata.

Attraversò la camera da letto completamente al buio, sbattendo per sbaglio contro alla scrivania in legno chiaro di fianco alla porta. Si erano trasferiti da nemmeno una settimana, non era ancora stata in grado di memorizzare la composizione dei mobili.

Le rare cose che rimembrava erano il letto a due piazze al centro della stanza, esattamente sul lato opposto all'uscio, il cassettone ai piedi del giaciglio e il grande armadio alla sinistra di quest'ultimo. Nient'altro.

La ragazza sperò con tutta se stessa di non aver svegliato nessuno e, con movimenti felpati e silenziosi, aprì la porta della propria camera e si diresse verso il bagno, a solo due porte di distanza alla sua destra.

A dividerli c'era solo la camera di sua sorella maggiore, Candy. O almeno, la stanza che gli era stata assegnata, dato che al momento si trovava nella loro vecchia città, nel tentativo di trovare un modo di mantenere il suo lavoro in quella nuova.

Essendo una commessa, in una catena d'abbigliamento, sperava di poter cambiare negozio e continuare a lavorare per la stessa azienda.

Arrivata di fronte all'uscio desiderato si guardò indietro, ascoltando in silenzio che nessun rumore preoccupante provenisse dalla porta di fianco alla sua camera, luogo in cui stavano dormendo i suoi genitori.

Il vuoto più totale.

Più sicura, Violet aprì la porta del bagno e vi entrò velocemente, accendendo la luce e guardandosi intorno: il bianco era il colore dominante in quella stanza, quasi accecante, per fortuna il nero dei mobili e di alcune piastrelle riusciva a smorzare il tutto.

La giovane si diresse quasi automaticamente allo specchio sopra il lavandino. Ella poggiò le mani sul ripiano in marmo e osservò la sua immagine riflessa: gli occhi chiari e cristallini come il cielo estivo erano, in quegli istanti, spenti e più tendenti al grigio tempesta.

Sotto alle palpebre le occhiaie facevano da padrone, frutto di notti insonne passate a piangere e pensare.

Le guance scavate erano solo una cornice alle labbra leggermente carnose e rosse, socchiuse a causa del respiro ancora veloce.

Si accarezzò leggermente il viso, come se avesse avuto paura di romperlo completamente.

Successivamente, la ragazza afferrò l'elastico nero che chiudeva in una coda bassa i corti capelli castano miele, poco più lunghi di un caschetto.

Morbidi boccoli le ricaddero sul volto, risaltando ulteriormente il pallone che lo caratterizzava da ormai un paio di settimane, porcellana che si stava sgretolando sotto i battiti di una colpa atroce.

Se solo avesse potuto tornare indietro nel tempo, premere un pulsante e cambiare le scelte fatte. Si sentiva vuota, impacciata e per nulla capace di andare avanti con la sua vita.

Il giorno dopo avrebbe iniziato di nuovo ad andare a scuola, finalmente avrebbe rimesso piede verso il suo futuro, il college che l'avrebbe aspettata l'anno dopo.

Ma quale futuro avrebbe potuto mai meritare un'anima rotta e in frantumi come quella di Violet? Soprattutto dopo quello che aveva fatto? Aveva addosso a sé un peso orribile e difficile da portarsi dietro, che ti si incolla alla pelle e non ti lascia più andare.

Tre settimane di pausa non le erano bastate per ricomporsi, percepiva fin nelle ossa di non essere in grado di tornare alla vita di prima, eppure doveva fare uno sforzo.

Non voleva gravare sulle spalle dei suoi genitori, avevano già fatto abbastanza per lei, il trasloco era solo una delle mille fatiche che avevano fatto per tenderle una mano e trascinarla fuori dalle sabbie mobili in cui stava sprofondando.

E in cui era ancora immersa fino alla vita.

Avrebbe dovuto indossare la solita maschera durante il giorno, un sorriso abbozzato e l'espressione di chi si sta riprendendo dopo una brutta caduta.

Il problema maggiore, però, era la notte.

Durante le ore di buio, infatti, i suoi sogni erano infestati dai fantasmi e demoni degli incubi.

Aveva ancora nelle orecchie il suono dell'esplosione, gli spari che volavano nell'aria, le urla di terrore e morte.

Il sangue che macchiava i muri, le strisce lasciate da coloro che avevano tentato di salvarsi e non ce l'avevano fatta.

Era un'esperienza che non augurava nemmeno al suo peggior nemico, non aveva nemmeno il coraggio di guardarsi a lungo nello specchio.

Il sentirsi debole, fragile in ogni momento e senza alcun motivo preciso, con le mura erette intorno a lei come unica protezione certa, la rendeva un inetto senza possibilità di svolta.

Sarebbe dovuta morire lei, eppure era ancora nel mondo dei vivi a compiere un'esistenza che percepiva di non meritare.

Violet si raddrizzò con la schiena, tolse le mani dal ripiano e asciugò le lacrime, delle quali non si era accorta fino a quando non aveva dato una sbirciata alla sua figura nello specchio.

Si sentiva patetica in parte, tuttavia non era in grado di reagire da sola a ciò che le stava succedendo dentro. Aveva rifiutato l'aiuto di uno psicologo, se doveva superare il tutto lo avrebbe fatto come voleva lei: contando unicamente sulle proprie forze.

Stava imparando a sopravvivere alle emozioni negative con il passare del tempo, le dicerie erano diventate solamente un brusio indistinto sullo sfondo della sua vita.

Ma nella scuola nuova nessuno la conosceva, avrebbe potuto crearsi una reputazione da zero, costruire il futuro che tanto desiderava e aveva progettato per anni.

Qualcosa, però, la bloccava.

Non le sembrava corretta quella seconda possibilità, nel profondo era cosciente di non meritarsela. Non avrebbe mai dovuto essere in quel bagno, in una cittadina lontana dal suo passato e con tutte le risorse adatte per rifarsi dopo ciò che le era successo.

Anche lei sarebbe dovuta trovarsi sotto terra, il suo corpo senza vita e l'anima privata di una dimora.

Violet fece un respiro profondo, rassegnato. Sì lavò il viso con dell'acqua ghiacciata, prima di voltarsi verso la porta del bagno, pronta per tornare a letto, nonostante fosse consapevole che non sarebbe stata in grado di chiudere ancora occhio.

Erano le quattro di mattina, mancavano solo tre ore all'inizio della sua nuova vita.

All Monsters Are HumanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora