Chapter 5 - Shadow

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Shadow si svegliò lentamente, illuminato dai raggi solari che provenivano dalla finestra sopra il letto. Aprì con calma gli occhi, sbattendoli più volte per adattarli alla luce del sole.

Era da un po' di tempo che, nonostante avesse degli incubi durante la notte, non si svegliava di soprassalto e tutto sudato, con i brividi come seconda pelle. La sua mente si era abituata oramai, non soffriva più dei terribili colpi che lo portavano a sedersi sul letto, all'improvviso, e con il respiro affannato.

Tuttavia, era anche vero che non ne aveva più avuti da qualche mese, il suo subconscio aveva deciso di regalargli delle notti prive di sogni di ogni genere o, che almeno, non ricordava la mattina seguente.

I suoi demoni stavano ritornando a fargli visita dopo che quella ragazza era giunta in città.

Il ragazzo scosse la testa, nel tentativo di non soffermarsi su quella questione, e osservò l'ora sull'orologio digitale al suo fianco, sul comodino in legno chiaro vicino al letto.

Il suo cuore fece un tuffo non appena scoprì che erano le otto e un quarto.

Si alzò frettolosamente dal letto singolo posto contro il muro, afferrò i vestiti posto sulla sedia e li indossò, fatto facile e veloce dato che era solito dormire con solamente i boxer.

L'appartamento, per quanto piccolo, era essenziale per le sue necessità: un bilocale, composto da una camera da letto, un bagno e una stanza che fungeva da sala da pranzo, salotto e cucina, era anche fin troppo grande per la sua presenza solista. I colori neutri rendevano il tutto più anonimo, anche se Shadow non si era per nulla impegnato per arredare quel posto in qualche modo, in maniera tale che risaltasse la sua personalità.

Preferiva mantenerlo un luogo con nessun legame a lui se non una foto, tenuta gelosamente sul comodino della camera. Era la stessa che Gilda teneva nel suo libro d'inglese, lontana dagli sguardi crudeli e assassini del padre.

Il giovane era convinto che bastasse non trovare una dimora a cui attaccarsi, un posto fisico in cui sentirsi a casa, per poter vivere al meglio la sua vita.

Almeno, questo fino a quando non sarebbe accaduta la svolta che stava aspettando. Molto probabilmente, stava anche arrivando, molto presto.

Shadow giunse in salotto, afferrò una mela dalla ciotola sull'isola bianca, di fronte all'angolo cottura alla destra della porta d'ingresso, e uscì da quest'ultima.

Si lasciò alle spalle il tavolo tondo, a sinistra dell'uscio, e il divano color panna più indietro. Un tavolino da caffè era tutto ciò che rimaneva per completare l'arredamento, al centro tra la libreria e il sofà.

Scese velocemente le scale, raggiungendo in poco tempo il piano terra dal terzo, saltando sui pianerottoli e lasciandosi alle spalle tre gradini ogni volta.

Erano le otto e ventidue nel momento in cui il giovane uscì dal palazzo condominiale, un'alta struttura ricoperta da un intonaco verde scuro. Era abbastanza recente come edificio, per questo non presentava alcun segno di usura, a differenza delle costruzioni intorno.

Il bar in cui lavorava, se fatta la strada a piedi, si trovava a venti minuti circa dalla sua abitazione, ma lui ne aveva solo dieci, al massimo, a disposizione.

Nonostante fosse consapevole che non l'avrebbero licenziato, essendo un dipendente del locale del migliore amico di suo padre, ci teneva a non arrivare in ritardo e fare la figura del raccomandato. Per comodità, infatti, aveva già indossato la divisa di lavoro, una camicia bianca con jeans lunghi e neri, quest'ultimi per evitare di risultare troppo formali.

Durante il tragitto, il ragazzo continuò a controllare in modo compulsivo l'orologio da polso, contando i minuti e sperando di recuperarne passo dopo passo. Camminava molto velocemente, facendo lo slalom tra i passanti che, comodamente, vivevano le loro vite.

Gli ci vollero circa otto minuti per arrivare, meno della metà rispetto al tempo solito.

«Di fretta, Shadow?» Lo derise amichevolmente Chris, posto dietro al bancone e intento a sistemare la cassa prima di aprire.

«Non ha suonato la sveglia» si giustificò semplicemente il diretto interessato, avvicinandosi all'altro e chiedendogli poi se avesse bisogno di aiuto.

L'amico gli disse che c'erano ancora dei bicchieri da asciugare e che, di conseguenza, poteva prendere un panno e farlo lui.

Chris Dumball, figlio del proprietario e migliore amico di Shadow da praticamente diciassette anni, era l'unica persona su cui avesse sempre potuto contare, senza considerare Gilda che, però, conosceva da solo un anno e mezzo.

Era sempre stato un ragazzo che attirava l'attenzione, con i capelli scuri e gli occhi eterocromatici riusciva ad avere ai suoi piedi chiunque. Una cosa di cui, però, aveva sempre ammirato l'altro era la volontà di non voler sfruttare il suo bel faccino per secondi fini o spezzare cuori alle ragazze. Di origini messicane e con la pelle abbronzata, dimostrava spesso carisma e gentilezza, sorprendendo sempre in positivo chiunque gli stesse intorno.

All'improvviso, qualcuno entrò dalla porta e fece scattare il solito campanello, attirando l'attenzione dei due.

Shadow si perse un attimo a guardarsi in giro, come se fosse la prima volta che vedeva quel luogo, nel tentativo di riprendere fiato. Il locale era sui colori scuri, andava dalle pareti bordeaux ai mobili in legno scuro, con i tavoli tondi che potevano tenere dai due ai sei posti. Una grande vetrata occupava la parete a destra della porta, mentre a sinistra c'erano vari quadri di lui, la sua famiglia, Chris e il padrone di tutto, Charles Dumball.

Il bancone era ciò che divideva i clienti dai lavoratori nella stanza principale e ampia, mentre alle spalle dei due giovani c'era la porta che conduceva alla cucina.

Conosceva bene quel posto. Aveva iniziato a dare una mano all'amico di famiglia quando aveva solo quindici anni, quasi fosse un passatempo, per poi finirci a lavorare veramente e seriamente, con un contratto, solo da tre anni.

«Vado io, non preoccuparti» gli disse Chris premurosamente, battendogli una mano sulla spalla e rivolgendogli un sorriso gentile, che l'altro ricambiò.

«An, dimenticavo» aggiunse poi l'amico, nel contempo che si dirigeva dal cliente, il quale Shadow lo identificò come l'anziano abituale che, regolarmente e ogni mattina, faceva colazione da loro. «È passata Gilda prima, ti ha lasciato una busta.» Gli indicò con un cenno della testa di andare in cucina, luogo in cui avrebbe trovato la lettera in questione, molto probabilmente sull'isola di metallo al centro della stanza.

L'altro ragazzo annuì, sapendo già in parte che cosa gli avesse scritto l'amica.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 03, 2021 ⏰

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