61 - Capitolo 36.2

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Aiutala, ti prego.

Astoria non aveva mai messo tanta forza in una preghiera.

Le mani dell'amica tremavano e ripercorrevano gli stessi gesti più volte. Ci fu anche un momento in cui barcollò e riuscì a riprendere l'equilibrio allargando appena i gomiti.

È forte. È più forte di quanto sembri. Ce la farà. Deve riuscirci.

Poi Sofia smise di mormorare e aprì gli occhi lasciando cadere le braccia di lato.

Per un attimo, solo per un attimo, Astoria si sentì morire, l'intero mondo le crollò addosso. Ma poi il torace di Eric si sollevò. Si abbassò e si sollevò. Il respiro di Astoria entrò in sintonia con il suo e scoprì che poteva ancora sorridere. Il mondo non era finito, dopotutto. Eric era ancora vivo.

Si liberò dalle mani di Clivia e strisciò fino a lui mentre Lorcan aiutava Sofia ad allontanarsi. «Grazie» mormorò Astoria tra le lacrime e l'amica le sorrise; il solito sorriso pallido e tirato, gli occhi ormai quasi spenti.

Si sentì in colpa per non riuscire a ringraziarla a dovere, ma lui era vivo e avrebbe avuto tempo di farlo dopo. Il viso di Eric era caldo, quando lo accarezzò. Gli passò una mano sul torace: si alzava e abbassava a un ritmo regolare. Gli posò le dita al lato del collo e sentì il battito pulsare. La notte era quasi terminata e presto sarebbe arrivata l'alba. Presto si sarebbero lasciati quell'incubo alle spalle. «Grazie» sussurrò ancora. «Grazie.»

«Adoro vedere queste scene.» Una voce strisciante risuonò dalle tenebre, oltre il cerchio di luce. La figura di un uomo si staccò dal buio che li circondava. «Siete così carini» postò i lunghi capelli bianchi dietro la spalla, «che passerei ore a guardarvi.» Alto, magro, vestito di nero fin sotto agli occhi, unica parte del volto visibile.

Astoria stese le braccia su Eric mentre sentiva il sudore colarle dietro la schiena.

«Vi ruberò solo pochi istanti.» L'uomo fece un passo in avanti. «Giusto il tempo di prendere due oggettini e vi lascerò in pace.» Si voltò verso Sofia. Era seduta a terra, la schiena poggiata contro un tronco abbattuto e Clivia e Lorcan al suo fianco.

«Piccola principessa.» Si inchinò, esagerando con l'apertura delle braccia e lasciando scivolare i capelli fino a terra.

È un demone! Non era finita e loro erano tutti stanchi e feriti.

Gimmi apparve davanti al nuovo arrivato, alto appena la metà, orecchie comprese. Allargò il muso in un sorriso osceno e irto di denti.

«Suvvia, Selene.» Il demone raddrizzò la schiena. «Non è il caso di farla tanto difficile.» Tese la mano aperta. «Voglio la pietra del sigillo e il tuo cristallo.» Aprì e chiuse le dita. «Tanto lo sai che verrò a prenderli.» Fece ancora un passo in avanti. «Se me li cederai sarà tutto più semplice e veloce. Anche per i tuoi amici.»

Gimmi saltò contro l'uomo in nero ed entrambi sparirono. Astoria chiuse e riaprì gli occhi. I due demoni non c'erano più e la brughiera era tornata silenziosa.

«Andate via.» Sofia aveva sollevato un ginocchio e stava tentando di rialzarsi con l'aiuto di Lorcan. «Andate via. Subito!» Allontanò Clivia con la mano. «Ma non capite? Quando tornerà vi ucciderà tutti. Fuggite.»

Aveva ragione. Se anche lei aveva paura di quell'essere, perché loro non avrebbero dovuto temerlo? Ma non poteva lasciare la sua amica in balìa di quel demone.

«Aspetta, forse c'è una soluzione» disse Astoria. Forse si era ripresa abbastanza dallo scontro. Forse non ci sarebbe stata una seconda battaglia, se Gimmi fosse riuscito a sconfiggerlo. Forse...

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