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ʜᴀʀʀʏ'ꜱ ᴘᴏᴠ

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ʜᴀʀʀʏ'ꜱ ᴘᴏᴠ

Evie mi seguì in silenzio fino all'uscita dell'ospedale. Sembrava aver perso l'uso della parola da quando avevamo lasciato quell'armadietto, ma non potevo biasimarla. Non avrei dovuto neanche sfiorarla, per ragioni molto più rilevanti dell'attrazione reciproca che intercorreva tra il mio corpo e il suo. Se solo non fosse stata così sensuale e così bambina, nella sua uniforme scolastica che le copriva a stento il culo e che oscillava sui suoi fianchi ad ogni movimento che faceva...

«Ora dobbiamo andare al magazzino» la informai procedendo verso la mia auto nel parcheggio.

«Dobbiamo?» mi chiese stranita.

Mi voltai a guardarla, osservando le sue sopracciglia aggrottate in un'espressione confusa.
«Siamo una squadra oggi, no?» scrollai le spalle con un piccolo sorriso sghembo sulle labbra. Dovevo ammettere che la sua compagnia durante le mie commissioni si stava rivelando più utile del previsto: non sarei mai riuscito a sbloccare il computer dell'ospedale senza il suo aiuto, e quei file erano davvero importanti per la mia ricerca. Dopotutto, potevo ritenerla quasi sopportabile durante quei rari momenti in cui non mi contraddiceva o disobbediva.

«Certo» sorrise soddisfatta facendo spuntare una piccola fossetta all'angolo delle sue labbra tinte di rosa.

Entrai in auto insieme a lei, osservandola mentre si metteva la cintura con ancora quel ghigno sul viso. «Smettila di sorridere in quel modo o mi rimangio quello che ho detto» la fulminai con lo sguardo, nascondendo il mio divertimento di fronte alla sua espressione.

«Non puoi fare le cose e poi rimangiartele» affermò rivolgendomi uno sguardo ammonitore che non sembrava essere riferito soltanto alla mia affermazione.
Sospirai distogliendo lo sguardo, consapevole che ciò che aveva detto fosse vero.

Ruotai le chiavi nel quadro per accendere il motore, partendo subito dopo per lasciare il parcheggio dell'ospedale. La vidi muoversi in maniera agitata sul sedile, come se non riuscisse a trovare una posizione comoda, poi fece per sollevare una delle sue gambe.

«Non ci pensare nemmeno» le lanciai uno sguardo truce.

«Cosa?» si finse confusa.

«I piedi sul cruscotto, ti vedo che ci stai pensando» la ammonii assottigliando gli occhi per incuterle timore.

Vidi un piccolo ghigno farsi spazio sulle sue labbra carnose e il suo sguardo trasformarsi in uno di sfida. Sollevò entrambe le ginocchia, prima di poggiare le sue sudicie scarpe da ginnastica sul cruscotto della mia Range Rover.

«C'è qualche problema?» ghignò compiaciuta sollevando le sopracciglia con fare provocatorio.

Riportai velocemente lo sguardo sulla strada solo per assicurarmi di non scontrarmi con nessuna auto, prima di voltarmi nuovamente verso di lei. «Ti faccio scendere» grugnii minaccioso.

SPOTLIGHTWhere stories live. Discover now