capitolo ventisette.

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«Sophie» mi sento chiamare da Megan, mentre do l'ultima passata di rimmel. Balù, steso nella sua cuccia, alza le orecchie ascoltando la voce di mia sorella. «Sophie» continua ad urlare, per poi spalancare la porta della mia stanza ed entrare come un uragano.

«Hai preso il mio capello di Gucci?» domanda portandosi le mani su i fianchi. Mi giro a guardarla corrugando le sopracciglia, con in mano ancora il mascara. «No?» rispondo, tornando a guardarmi allo specchio.

«E perché nella mia stanza non c'è?» domanda con voce stridula «Puoi essere stata solo tu».

«Solo io?» domando alzando un sopracciglio «Ci sono altre due donne in casa, domanda a loro».

«Mamma è uscita e a Brittany non è mai piaciuto, quindi è impossibile che c'è l'abbia lei» esclama muovendo una mano per aria. 

«Meg, non ho tempo per pensare a queste cose» le rispondo guardandola dallo specchio «Devo andare in azienda».

Sbuffa e sbatte i piedi a terra. Dietro di lei, mi madre arriva, con fare teatrale, indossando un vestito e il cappello di Megan, la quale, una volta giratasi, spalanca gli occhi ed urla:«Mamma». Balù corre incontro a mia madre, la quale non gli dedica la minima attenzione.

«Figlie» ci saluta mia madre «Bello e comodo il tuo capello Megan».

«Hai detto bene, mio» esclama allungando una mano verso il cappello «Potresti ridarmelo?».

«Sei la solita» borbotta mia madre togliendosi il capello, per restituirglielo.

«Mamma, non è da te rovinare la festa» commento guardandola, per poi prendere la borsa «Mi stavo divertendo».

Megan imita una finta risata e poi esce dalla stanza.

«Stai andando in azienda?» domanda mia madre guardandomi, rimanendo in piedi davanti alla porta.

Annuisco e prendendo in braccio Balù, dopo aver salutato mia madre, mi dirigo fuori casa. Il sole è alto e splende nel cielo, l'estate sta arrivando ed io non vedo l'ora.

Saluto Francisco e salgo ai posti posteriore dell'auto.

«Non l'ho più vista signorina» esclama Francisco «Dove è stata?».

Accarezzo il pelo di Balù, osservando i suoi occhi chiudersi ad ogni mia carezza. «Ho preso la macchina».

Punto lo sguardo su Francisco, concentrato a guardare dritto, con le mani sul volante. Annuisce e il discorso si interrompe. Dopo essere arrivata, mi dirigo nello studio di mio padre per salutarlo e avvisarlo della mia presenza.

«Se mi cerchi, sai dove trovarmi» esclamo affacciandomi alla porta di mio padre, che dopo aver udito tali parole, annuisce e mi congeda con un segno della mano.

Il ticchettio dei tacchi rimbomba nel corridoio dell'azienda e sono sicura, che il rumore si senta anche al piano inferiore. 

Osservo il colore del mio tacco e me ne innamoro sempre di più: l'immagine esteriore che diamo noi è importante quanto quella interiore. Bisogna amarsi come meglio si crede, per stare bene con se stessi, senza pensare troppo al giudizio delle persone: troveranno sempre qualcosa su cui criticarti.

Persa nei pensieri, mi scontro con qualcuno, sbattendo la testa su quella di quest'ultimo.
Porto la mano sulla fronte, massaggiandomela, per alleviare il dolore.

«Sophie» esclama Simone «Mi dispiace, non ti avevo visto. Stai bene?». Balù abbaia, agitandosi in braccio a me.

Osservo gli occhi preoccupati di quest'ultimo, mentre il suo corpo avanza verso il mio. Posa una mano sulla mia spalla, continuando a guardarmi.

MR.BROWNWhere stories live. Discover now