Povera Cosetta, che pena con quella pesante cesta dei panni in mano, faticava a starmi dietro lungo le vie che scendevano verso la pineta. Ahimè, non potevo aiutarla, perché non era accettabile che un maschio portasse in pubblico un carico destinato alle femmine. La distinzione di genere imponeva che i maschi e femmine facessero le cose a loro affini. Però, appena potevo, di quella regola me ne infischiavo e le toglievo i pesi dalle mani, proprio come feci quel giorno. Anche perché arrivare fino al canale era una scarpinata. Districarsi nel fitto della vegetazione esigeva un buon senso dell'orientamento, spesso ostacolato dalla fatica. Poi, per essere sicuri di non aver sbagliato strada, bisognava trovare il sentiero battuto che zigzagava tra le alte siepi spinose. Però a me piaceva quel sentierino, affondare i piedi nudi nel tappeto di aghi secchi di pino che lo rivestiva, sentire il solletico a ogni passo mi dava il buonumore. In quella zona l'aria aveva il gusto della resina dei pini e del fogliame odoroso mosso da rari sbuffi di vento, mentre la luce del sole filtrava tra le fronde irsute in costante movimento ipnotico. Nelle occasioni in cui ci si sdraiava all'ombra di un albero, si poteva subire l'effetto soporifero dei canti stonati di cicale e uccellini. Era un mondo a parte. Una volta raggiunto il canale ci si rendeva conto che la conformità labirintica di quella zona costituiva un discreto teatro dell'intimità delle donne.
In segreto facevano anche il bagno e in faccia a Cosetta lessi quel desiderio. Una volta raggiunto il riparo della pineta mi convinse a rallentare il passo e a restituirle la cesta, e lei la posò a terra. Mi guardò sorniona con quei occhi celesti e sorridenti mentre pescava tre fichi maritati che portava nella tasca del grembiule. «Adesso te ne vai a farti un giro», mi cacciò in bocca un frutto secco e mi riempì una mano con degli altri. Indovinata la sua intenzione, pagò in anticipo la mia diserzione a farle la guardia. «Tanto dovevo andare a scavare la liquirizia per Sabino», la informai voltandomi.
«Fai attenzione, mi raccomando!» Feci finta di non ascoltarla e mi allontanai. Non mi andava d'incontrare Paolo proprio là dove c'era anche lei, perché sapevo cosa sarebbe successo quando notai Filomena che cercava di nascondersi dietro un'alta frasca. Mi voltai ma Cosetta era già giù a un passo dall'amica. Aveva già liberato i lunghi capelli neri dal fazzoletto. Inarcai le sopracciglia e masticai il fico che avevo trattenuto tra i denti. "Quante cose succedono oggi e la campana non ha ancora suonato il mezzogiorno!" Sorrisi affrettando il passo per onorare la tacita promessa di farmi i fatti miei altrove. Grazie a non so cosa trovai subito i cespugli di liquirizia. Però erano cresciuti spontaneamente sullo scosceso roccioso che dava sulla scarpata che interrompeva il selciato del canale. Oltre c'era la zona frequentata dai maschi, anche se non ci andava quasi mai nessuno proprio perché era un'impresa arrivarci. Un'impresa era soprattutto per me recuperare la liquirizia. Nell'arco della storia di Murice, molta gente era finita in quel precipizio. No, non volevo fare parte di quella storia. Tentennai giusto un attimo ma mi convinsi che Sabino doveva essere accontentato. Solo per lui ci provai.
Se qualcuno avesse potuto vedere come al primo passo falso ero scivolato sulla pendenza rocciosa, e come mi ero aggrappato in extremis al pino novello spuntato tra i cespugli di liquirizia, avrebbe pensato fossi in caccia di disgrazia. Avrebbe avuto ragione. Un paio di sassi rotolarono saltellando a un palmo del mio naso prima di tuffarsi nel vuoto. Ogni tonfo del mio cuore suonava come: guarda, è così che morirai. Non avevo intenzione di seguire quell'indicazione, piuttosto mi trascinai su, incurante dei profondi graffi che stavo collezionando sulle braccia. Fu una brutta esperienza restare con le gambe sospese nel vuoto. Alla meno peggio immaginai di fratturarmi le gambe e di fare compagnia a Sabino. Brutta prospettiva pure quella. Imprecai, mentre spostavo la presa dal pino alla base del fusto della liquirizia. Però tanto bastò perché non solo mi trassi in salvo, ma riuscii a recuperare pure la radice sradicandola tutta. Ripresi il fiato, che nemmeno sapevo aver sospeso. Strisciai indietro e finalmente riconobbi la morbidezza della terra dove crollai di schiena. Avevo le braccia indolenzite e il frastuono nel petto che non voleva cessare, impedendomi di distinguere la voce di Paolo. Dovette coprirmi la visuale del cielo oltre le fronde degli alberi perché lo riconoscessi. Mi chiese cos'era successo, in risposta gli mostrai la liquirizia e comprese. «Tu sei tutto suonato!» commentò sbrigativo prima di tirarmi su a forza.
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Corri incontro al fuoco
RomanceCorri incontro al fuoco è la storia dell'amore del diciassettenne Roberto per Walter, un soldato americano incontrato sul finire della seconda guerra mondiale. Una storia contrastata dall'angoscia della separazione forzata a causa del conflitto. Per...