Capitolo 4: BLOOD SISTER

129 51 59
                                    

... Di quella nostra avventura nel bosco non ne abbiamo fatto parola con nessuno. Avevamo paura che potessero sgridarci, avevamo paura che non ci avrebbero creduto. Così, tre giorni dopo, tornammo tutti quanti alle proprie case, facendo finta di nulla, facendo finta che tutto fosse apposto anche se niente dentro di noi lo era.

Esattamente due settimane più tardi capimmo di aver fatto una cazzata. Capimmo di aver sbagliato a non dire nulla. Le nostre paure iniziarono a emergere alla vista di una frase shock apparsa sul telegiornale: "RAGAZZINA SCOMPARSA NEL NULLA: FAMIGLIA ALLARMATA"

Alla vista di quella scritta mi pietrificai. Se quella notte le mie dita tremavano come fossi nel bel mezzo di una bufera, ora il mio corpo era immobile, freddo come una statua di marmo.

Io e la mia famiglia eravamo a tavola e, giusto quel giorno, mio padre aveva deciso di interessarsi di attualità a pranzo. Al sentire la notizia tra di noi calò un silenzio tombale e il volume della televisione passò a un livello più alto. La giornalista spiegò bene l'accaduto: <<La tredicenne, di nome Jade, era andata in campeggio assieme ai suoi genitori; stavamo passeggiando nel bosco quando all'improvviso i genitori, i signori Kalligran, si girano e non trovano più la figlia. Era sparita. Un attimo prima era alle loro spalle e il secondo successivo il suo nome riecheggia per tutto il sentiero. Ad oggi -...>>

Non riuscivo più a sentire nulla, non riuscivo a concretizzare il tutto. Io l'avevo vista, l'avevo vista correre verso di me, chiedermi aiuto e invece sono rimasta lì dov'ero, attonita.

Con una scusa mi alzai da tavola e corsi nella mia stanza. Quando mi sbattei la porta alle spalle digitai subito il numero di telefono di KateBell. Non dissi una parola, così come lei. Anche lei era venuta a conoscenza della notizia e nessuna delle due riuscì a dire una sola misera lettera. Ci capimmo solamente tramite la telepatia perché due ore dopo lei si presentò a casa mia insieme a Cleo ed Ellen.

Quando aprii la porta della villa per farle entrare Cleo mi afferrò con fervore la manica del maglione e mi trascinò fuori: <<Ma che fai?>>

<<I tuoi?>> mi chiese lei impaziente

<<Non sono in casa>> risposi <<Mi vuoi spiegare cosa diavolo sta succedendo?!>> chiesi con altrettanta impazienza.

Il punto di destinazione era l'albero di ciliegio, per noi "L'albero dell'amicizia-BS". Piantare quell'albero fu une delle prime cose che facemmo insieme, un fattore che ha certamente contribuito a solidificare il nostro rapporto. Nessuna disse niente e io non osai chiedere altro. Ci sedemmo accanto alle radici di quell'albero maestro a formare una circonferenza. 

<<Ok, avete sentito tutte la notizia?>> Ellen rupe il giacchio.

<<Perché dobbiamo parlare proprio qua? Potevamo entrare dentro...>> dissi

<<Presto lo capirai Iu...>> non fu la risposta che mi aspettavo ma me la feci andar bene lo stesso.

Dopo un lungo silenzio Kate prese la parola: <<Dovevamo parlare quella notte>>

Lo sapevamo, ne eravamo tutte consapevoli.

<<Kate non puoi farci un torto, avevamo paura e lo sai pure te che saremmo finite in guai seri se gli altri avessero saputo della nostra piccola gita notturna nel bosco e da sole>> ribatté in tono severo Ellen, la cui caviglia ora era guarita, sentiva solo dei lievi dolori quando la toccava.

Tutta la situazione era...complicata. Noi non avevamo fatto nessun passo avanti, altrimenti ora quella Jade sarebbe potuta essere ancora con i suoi genitori.

<<Dobbiamo dire ciò che abbiamo visto ad un superiore>> propose Cleo

Io stavo in silenzio e le ascoltavo, non sapevo ne cosa dire e nemmeno cosa fare.

<<E a chi?>> chiesi Ellen

<<Non ne ho la più pallida idea...magari potremmo raccontare di quella notte ad un poliziotto, parlare in anonimo con un giornalista oppure, la via già semplice, chiarire con i nostri genitori sul da farsi>> propose Cleo. Non ci guardavamo negli occhi, non avevamo la forza di proporre idee assurde e guardarci negli occhi allo stesso tempo.

<<Non ci crederanno>> dissi io che resuscitata dall'oltretomba. Per tutto il tempo non avevo neanche aperto bocca <<Sono due le cose che possono fare non appena raccontiamo l'accaduto: 1. ci prenderanno per delle bambine che si inventano tutto solo per attenzioni; 2. ci rimprovereranno per esserci addentate nel bosco da sole, a notte fonda e tra l'altro senza nessun supervisore>> spiegai loro <<Quella ragazza potrebbe portare il nome di una di noi, lo sapete>> dicendo quest'ultima frase la mia voce calò.

<<Quindi cosa facciamo? Non possiamo seppellire questo segreto così facilmente come abbiamo seppellito quei semi di ciliegio. Non possiamo essere sicure che nessuna di noi si lasci scappare qualcosa di inopportuno sotto pressione. Se i nostri genitori collegassero i fatti e capissero che la ragazza è sparito nello stesso spazio tempo in cui noi eravamo là...allora potrebbero farci domande.>>

<<Lo so Kate...lo so>> risposi.

Seguirono dei minuti interminabili di silenzio e pensieri he galleggiavano come nuvolette tra noi.

<<Patto di sangue>> Ellen scandì queste tre parole così dettagliatamente che non servì chiederle di ripetere una seconda volta.

<<Cosa intendi con "Patto di sangue"?>> chiese Cleo un po' confusa la quale piace sempre avere delle spiegazioni minuziose.

<<Se caso mai, speriamo di no, qualcuno ci mettesse alle strette, noi comunque non potremmo lasciar passare una parola poiché abbiamo fatto un giuramento, e non uno semplice ma di sangue. >> disse l'artefice dell'idea.

<<E in cosa consiste questo giuramento di sangue>> chiese Cleo che non era del tutto contenta della risposta precedente.

<<Andiamo Cleo>> la rimproverò KatieBell impaziente <<Non hai mai visto "Patto di sangue"?...quel film horror?...girato da Hendler?... Oh vabbè lascia stare!>> tagliò corto Kate

<<Ad oggi, ogni partecipante di un gruppo, in questo caso noi, fa un piccolo taglio, solitamente su una mano o un piccolo taglietto sull'avambraccio per poi unire le ferite.>> chiarì mite Ellen.

Eravamo tutte d'accordo sul da farsi, era il nostro segreto, il nostro patto...il primo di tanti altri che non sapevamo ancora dovessero servire...

Ormai il sole stava iniziando a tingere di varie sfumature il cielo. Il tramonto segna la fine di una giornata, e l'inizio di un viaggio per noi, in quel momento. L'ombra dell'albero maestro iniziò a estendersi ed allungarsi, formando una barriera intorno a noi.

Tutto sembrava perfetto. Noi quattro là, protette dall'albero che soltanto mesi prima l'avevamo piantato con le nostre mani. Ora da quel momento sembrava passata un'eternità...Era un quadro perfetto, lo definirei un quadro impressionista. Si coglie l'attimo ma non le emozioni nascoste dietro a quell'immagine. 

Sapevamo di aver sbagliato, e di sbagliare ancora stando zitte ma non c'erano altre soluzioni.

Con il tramonto che divideva il giorno e la notte, sotto quell'albero possente, ci sistemiamo in cerchio e, insieme, ci facemmo un taglio profondo sul palmo della mano destra. Bastò solo che la lama d'acciaio sfiorò il palmo della mia mano che un vortice di sangue si aprì mentre strizzai gli occhi per "alleviare" il dolore.  Alcune gocce di sangue scivolarono sull'erba fresca fino a congiungersi come le nostre mani. Ci guardammo una negli occhi dell'altra, senza dire una parola. Sentivo le guance umide ma non mi presi la briga di asciugare le lacrime che correvano lungo la mia guancia. Una brezza leggera mi accarezzò il viso.  Ormai l'avevamo fatto, il patto era stato concluso! 

Avevamo fatto dei tagli forse più profondi del dovuto ma andava bene così. Il sangue sull'erba era ancora vivo come quello sulle nostre mani. 

Quel giorno non potrò mai dimenticarlo: il sole su di noi, le sfumature pastello sul cielo, l'ombra di quell'albero che ci abbracciava e noi, le nostre mani unite dal nostro sangue mischiato, le gocce che continuavano a cadere sul prato e un segreto, un grosso segreto che ora era stato messo al sicuro, soffocato sotto la terra dal nostro cruore opaco.


𝓘𝓵 𝓶𝓲𝓸 𝓟𝓸𝓻𝓽𝓪𝓯𝓸𝓻𝓽𝓾𝓷𝓪🤍Where stories live. Discover now