uno

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Emozioni, ci divertiamo a giustificarci azioni, gesti, le usiamo per descrivere e approfondire parole, le facciamo definire da altre povere e illudenti, passate di bocca in bocca, dimenticandoci ormai quale ne sia il significato, a causa delle innumerevoli volte in cui le abbiamo sentite pronunciare.
"Sono qualcosa che senti dentro, sono belle le emozioni" ci dicevano da piccoli, ci insegnavano ad esprimerle, senza mai illustrarci su quanto possano fare male se mostrate alla persona sbagliata.
Alcuni decidono di lasciarle trasparire, affrontandone conseguenze e benefici solo momentanei, altri le nascondono per timidezza, altri ancora dicono di non mostrarle per paura ed applicano tale regola solo nell' "amore", come se fosse l'unica emozione importante.

Lei invece le ha nascoste per timore che qualcuno le manipoli, le usi a suo favore, le distrugga e piano piano rovini anni dei suoi stessi studi verso di esse, facendola sentire insicura e vulnerabile sull'unica parte di sé che aveva iniziato a conoscere ed accettare, che non aveva condiviso e aveva tenuto per lei, visibili ai suoi occhi e a quelli di un solo ed unico ragazzo.

Solo chi, nel mentre ci dicevano quanto fosse bello provare emozioni, le ha sentite vulnerabili, le ha viste lentamente morire, anno per anno, ed ha imparato a difenderle e nasconderle, sa quanto quelle parole fossero false e le ignora ogni volta che le sente di nuovo, in silenzio, senza rompere il sogno altrui di condividerle con qualcuno.
I più forti le nascondono al mondo finché possono, le tengono strette al loro cuore e palpebre, scatenandole anni dopo, 5, 10, o addirittura 15, nel periodo peggiore della loro vita, dove non possono più negarle a loro stessi, dove sono vulnerabili, abbandonati a pianti soli e dolorosi.
Non possono più dirsi di farcela da soli ma per orgoglio nascondono la loro debolezza a tutti, sognosi di incontrare qualcuno che se ne accorga, che li consoli senza che loro debbano spiegare niente, senza farli confidare, senza che commentino e semplicemente ascoltandoli, colmando i vuoti dentro di loro con piccoli gesti, piccole emozioni positive.

Sin da quando era piccola, Giulia, ha sempre amato il temporale, i tuoni, la scia di luce che appariva pericolosa a tutti ma lei vedeva solo come uno spiraglio di libertà. Il tuono, uno scontrarsi di emozioni opposte mascherate a lungo da una riservatezza interpretata agli occhi degli altri come un vuoto, il nero e l'ignoranza su cosa nasconda: le nuvole. Grigie e scure ricoprono il cielo e tutte le sue sfumature, mosse da venti di temperatura opposta, di sentimenti opposti, si incontrano e riescono a darsi voce solo in quel momento. Raramente si sente un temporale e più frequentemente di notte, come se la stessa oscurità dovesse cercare di coprire e mascherare quell'attimo di libertà e manifestazione.
Quei rumori e quelle luci sotto i quali i ragazzi dormono ancor più sereni, gli adulti fanno notti in bianco e i bambini incubi. I ragazzi che si dice tanto amino nascondere emozioni, ribellarsi, esprimere tutte su un periodo le loro opinioni e sentimenti, riposano tranquilli al sentire un briciolo di libertà a loro non concessa, per cui loro vengono rimproverati, che viene delineata come qualcosa di pericoloso, sbagliato. Gli adulti non dormono, ormai pieni e stanchi di quella libertà, abbandonati alla noia e alla vita regolare di una persona normale. I bambini vedono ancora quei rumori come mostri, ignari di quanto la fragilità del cielo in quel momento e il suo esprimersi possa essere utile e poi, come se non fosse mai servita, improvvisamente vergognosa.

In quel momento il temporale si poteva ammirare dalle finestre del grande edificio, e, se qualcuno che la conoscesse abbastanza avesse guardato sotto il tetto di questo, avrebbe notato anche quello dentro di lei. Emozioni che vogliono uscire, che vogliono sentirsi di nuovo libere, solo per aver rivisto l'unica persona da cui si siano mai sentite accettate, accolte. Gli unici occhi che ha lasciato scavare sui suoi, l'unico sguardo che ha potuto studiare il suo, che ha potuto osservare i suoi complessi e l'ha potuta vedere esposta, vulnerabile, fragile e onesta. Il cuore le faceva male come se stesse per cadere, pulsava come se miliardi di vene richiedessero il suo sangue, come se al suo interno miliardi di emozioni la implorassero di nuovo, dopo tre anni, di mostrarsi agli occhi di qualcun'altro, o anche semplicemente ai suoi, a cui le ha sempre nascoste e negate.
La pioggia sembrava andare a ritmo con i suoi battiti, ogni goccia sembrava cadere dentro di lei, sul suo petto, pesare sulla sua pelle. I tuoni le ricordavano per l'ennesima volta come si sentiva libera, spensierata, quando riusciva ancora ad aprirsi, ogni lampo che contrastava col nero dello sfondo si rifletteva sui suoi occhi, umidi di centinaia di diverse emozioni, portanti lacrime dovute a sensazioni opposte, così tante da essere difficili da distinguere. Lacrime trattenute, intrappolate tra le fragili palpebre che si sentivano in dovere di restare aperte quanto più possibile.

Dimmi Che Ti Possiedo AncoraNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ