5. I quadri di Yozo

78 10 2
                                    

A Chuuya capitava spesso di dormire a casa di Dazai.

Non c'era stato un momento preciso in cui il dormire nello stesso letto fosse diventato parte della loro routine, o forse c'era, si sicuramente c'era.

Un anno prima, dopo una lunga serata passata nella casa del moro, la prima di tante, dove la luna era già alta nel cielo e le metro erano già chiuse, perché di Lunedì non si fa tardi la notte.

Una notte pigra in cui Chuuya stava faticando a rimettersi i calzini, le scarpe, già appesantito dal tepore di quella casa, già assonnato dal gracchiare roco della voce del compagno.

Per tornare a casa propria gli ci sarebbe voluto un'ora e quaranta minuti, qualcosa pesava nel suo petto e le sue gambe già si sentivano scomode all'idea dei freddi sedili di plastica degli autobus notturni.

"Resta, c'è spazio"

Prende fiato e poi respira.

Quella fu la prima notte di tante

A Chuuya capitava spesso di dormire a casa di Dazai e ogni volta dormiva con una profondità, con una calma, che non era ancora mai riuscito a trovare tra le sue lenzuola.

C'era un qualcosa di terapeutico proprio lì, in tutto quello che quella casa estranea, familiare, aveva d'intangibile.

Il disegno geometrico, tagliente sui muri, della luce che filtrava dalle tende, quella luce pallida e tenue tipica della notte; il ronzio placido del surgelatore vuoto; le spirali tiepide della polvere in tutti gli angoli empi della camera da letto e l'odore caldo delle sigarette spente.

Chuuya aveva imparato col tempo che gli odori potevano essere molto di più che piacevoli o spiacevoli: potevano essere rumorosi, calmi, acuti, freddi e caldi, alcuni anche tiepidi, non lo aveva mai detto a nessuno.

Si trattava di una sua personale osservazione che usava per studiare il mondo attorno a se, non lo aveva mai spiegato a nessuno perché non poteva spiegare il freddo di cui odorava la muffa o l'elettricità insita nel profumo del mare, la violenza nella puzza degli scarichi della macchine.

Sapeva che sarebbe sembrato pazzo, ma tra se e se non gli importava della pazzia intrinseca che sapeva risiede nel profondo del suo cervello.

Ogni tanto si chiedeva quale fosse il suo odore, se fosse opaco come l'odore della polvere da sparo o lento, come il profumo della mela cotta.

Dazai sapeva di fumo, sempre.

Chuuya fumava ma Dazai puzzava di fumo.
Era disgustoso, cenere nel naso ogni volta che era vicino a lui, quell'odore caldo e acre che rimane attaccato alle dita, tra le pieghe delle impronte, che si attacca alla pelle ingiallita come una prova, come una colpa.
Chuuya fumava tanto quando stava con Dazai, ma Dazai era l'unico a puzzare di fumo.

Dazai aveva l'odore distaccato del disinfettante che si usa negli ospedali e l'odore gentile del sole sulla pelle.

Era una delle tante cose che cullavano il sonno di Chuuya.

Dormire con Dazai, sullo stesso letto e con i suoi piedi, sempre freddi, contro le gambe coperte del moro, era sempre stato il suo modo preferito di dormire.

Come se non avesse mai conosciuto un altro modo per coricarsi, come se questo lenisse l'esistenza del sonno in quanto momento di buio tra un giorno e l'altro, e questa notte non faceva eccezione.

Anche oggi la luce pallida e tenue della luna si sdraiava sul pavimento in triangoli e rombi; il surgelatore vuoto continuava a cantare sotto voce la sua ronzante melodia; le spirali tiepide della polvere continuavano a vorticare in tutti gli angoli empi della camera da letto.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 15, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

― 𝐂𝐨𝐩𝐲𝐜𝐚𝐭 *̥˚ 𝐬𝐨𝐮𝐤𝐨𝐤𝐮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora