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Dazai's P.O.V.

La mattina dopo si respirava un'aria strana a Baker Street nel palazzo 221b, più precisamente al secondo piano di quest'ultimo, dove la situazione stava sfiorando i limiti del ridicolo. Dazai sedeva composto sulla sua poltrona, giornale alla mano, con una tazza di tè nero fumante poggiato sul basso tavolino del salotto.
Il moro guardò con la coda dell'occhio l'orologio dorato poggiato sopra la mensola del camino "Ancora non accenna a tornare" pensò lasciandosi scappare un sospiro rammaricato.

Da quando aveva regalato quel cappello a Chuuya il pomeriggio precedente, il rosso faceva di tutto per evitarlo trattandolo come se avesse la peste. La sera prima non si era presentato a cena, propinandogli la scusa che non aveva fame (cosa alquanto improbabile trattandosi di Chuuya) invece quella mattina era sceso in cucina solo per farsi un tè, per poi rintanarsi sul tetto del palazzo con la scusa di allenarsi un po'.
Dazai aveva provato a parlarci un po' quando quest'ultimo era sceso, ma aveva fatto a mala pena in tempo per dargli il buon giorno che l'altro lo aveva già liquidato con la scusa dell'allenamento. Non l'aveva nemmeno guardato in faccia mentre lo diceva.

"Forse ho esagerato" pensò il moro arricciando il naso. Voleva solo tirare su il morale a Chuuya e distrarlo da qualunque cosa lo avesse turbato, non creare di nuovo quella distanza imbarazzante tra di loro. L'idea del regalo gli era venuta spontanea, un gesto completamente innocuo che aveva come fine ultimo solo quello di cancellare la paura e il timore dagli occhi di Chuuya.
Ad essere sincero l'idea di comprargli un cappello gli ronzava già in testa da un bel po', semplicemente il giorno precedente aveva colto la palla al balzo prendendo due piccioni con una fava.

Infatti, quando aveva annunciato ad Akutagawa e Chuuya che non sarebbe tornato a casa con loro, aveva intenzione sì di comprare il cappello al rosso, ma anche quello di raccogliere qualche informazione in più sul tentato omicidio ai danni dei Miyamoto.

Così, non appena aveva visto la carrozza che li aveva accompagnati fino alla centrale, sparire nelle strade di Londra, aveva fatto dietrofront, nascondendosi in uno dei vicoli vicino alla sede di Scotland Yard.

Tornare dentro sarebbe stato inutile poiché Dazai sapeva bene che nessuno gli avrebbe detto un bel niente finché non fosse stato richiesto il loro intervento. Perciò aveva aspettato lì per ore intere, nascosto dalle ombre e dalla spazzatura del vicolo, in attesa che il messaggero che aveva denunciato il tentato omicidio uscisse.

Si, il messaggero.

Dazai lo aveva visto di sfuggita mentre stavano uscendo dall'edificio. Un ragazzino tremante e col fiatone che veniva scortato da un gruppetto di agenti, probabilmente verso la sala degli interrogatori.
Gli era bastata un'occhiata per raggiungere quella conclusione.

Il ragazzino si era presentato vestito con degli abiti formali ma non costosi, una tipica livrea da maggiordomo.

Era agitato, il viso rosso e i vestiti stropicciati, come se avesse avuto fretta nell'andare lì in agenzia per denunciare qualcosa di grave. Dovuto, molto probabilmente, al fatto che in campagna non c'erano i mezzi per denunciare l'attentato tempestivamente, dovendo necessariamente mandare di persona qualcuno a denunciare il fatto. Di fatto, nei fascicoli che Dazai aveva letto riguardo al "suicidio" di Nishida, quando si parlava dell'interrogatorio a cui erano stato sottoposto Aiko Miyamoto, un agente di Scotland Yard era stato tanto minuzioso da scrivere anche dove abitassero lui e la sua famiglia, ovvero molto fuori Londra, quasi in mezzo al nulla.

Dunque la sua supposizione che quel ragazzino fosse in qualche modo colui che era stato scelto per fare da "tramite" si faceva molto probabile.

Inoltre il ragazzino continuava a guardarsi intorno sperduto, con uno sguardo allucinato, segno che qualcosa doveva averlo sconvolto.

𝑹𝒆𝒈𝒓𝒆𝒕𝒔 𝒂𝒏𝒅 𝑴𝒆𝒎𝒐𝒓𝒊𝒆𝒔 ꧁𝑺𝒐𝒖𝒌𝒐𝒌𝒖꧂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora