CAPITOLO 52

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Sanem

Guardai Can esterrefatta, sapere che suo fratello era l’uomo che aveva dato il colpo di grazia alla vita di mia sorella mi sconvolse. Mi sedetti sulla panchina, incredula, frastornata. Passarono alcuni minuti, Can era seduto accanto a me anche lui avvolto in un insolito silenzio, si era portato le mani al viso passandole di tanto in tanto nei capelli sistemati in un codino ordinato.

«Emre non ha mai tradito Leyla» disse all’improvviso continuando a guardare oltre la balaustra della terrazza. Il sole stava iniziando a calare trasformando in lontananza il cielo, che da azzurro diventava sempre più arancione con sfumature rosse e magenta.

Mi volsi verso Can accennando con un leggero movimento della testa di spiegarsi. Fu così che mi raccontò della telefonata di Emre.

«Sei sicuro che quella donna non l’abbia abbracciato per un altro motivo?» chiesi scettica.

«Conosco Emre e non avrebbe avuto motivo di mentirmi. In questi mesi, poi, per quel poco che ci siamo visti, non ha mai avuto un’aria felice, al contrario notavo in lui che qualcosa non andava ma rispondeva sempre di star bene e che il lavoro lo stressava molto. Ma i suoi occhi erano spenti e ora ne comprendo il motivo.»

Volevo credergli, volevo sperare che per mia sorella ci fosse ancora una possibilità di salvare quell’amore ancora vivo nel suo cuore, l’avevo intuito mentre poco prima raccontava a me e a nonna Ateş di quello che aveva vissuto in quell’anno.

«Can, mia sorella non tornerà ad Istanbul. Cosa possiamo fare? Crederebbe mai alle tue parole? Potrebbe pensare che tu voglia difendere tuo fratello» sospirai poggiandomi completamente con la schiena e lasciando ricadere la testa all’indietro.

«Non sarò io a dirglielo.»

«Cosa vuoi dire?» Sollevai la testa e lo guardai.

«Domani Emre verrà qui. Gli ho dato l’indirizzo.» Si fermò e mi fissò. «Spero di non aver fatto male!»

«Credo, invece, che tu abbia fatto benissimo» dissi sorridendo. «E’ giusto che almeno loro si parlino e si chiariscano.»

Quella sera cenammo tutti e quattro in un ristorante dove Leyla era solita andare. Le presentai Can ma non le dicemmo che era il fratello di Emre, non ne parlai nemmeno con mia nonna pur sapendo che avrebbe mantenuto il segreto.

«Scusatemi un attimo!» disse Leyla alzandosi da tavola e allontanandosi. La vidi andare verso una porta che probabilmente portava alle cucine e dalla quale uscì un ragazzo col grembiule e il cappello da chef. Li vidi sorridersi e salutarsi prima di scambiarsi un rapido bacio sulle labbra, poi lui tornò nel suo regno e lei al nostro tavolo.

Nonna Ateş era intenta a leggere il menù, mentre io e Can ci scambiammo un’occhiata dopo aver osservato la scena. Non fiatammo ma i nostri occhi esprimevano lo stesso pensiero, ne ero sicura.

Leyla ci disse che frequentava Ozan da qualche settimana ma che già si conoscevano. Lei si era occupata di alcune pratiche riguardanti il ristorante.

«E’ un ragazzo d’oro e gentile, non mi fa mancare niente ed è innamorato di me» disse accennando appena un sorriso.

«E tu? Sei innamorata di lui?» le chiesi.

Nei suoi occhi non vidi accendersi nessuna scintilla e fui certa che non ne era innamorata. Durante la conversazione di quel pomeriggio non aveva accennato minimamente a lui, mentre il suo sguardo si era perso più volte, trasognato, quando parlava di quella storia andata male.

«E’ presto per dirlo,» rispose, «ma gli voglio bene e tengo molto a lui.»

I nostri sguardi s’incrociarono e non ci fu bisogno di dire altro.

La serata trascorse abbastanza allegramente e Leyla volle sapere come ci eravamo conosciuti io e Can. Le raccontammo la nostra storia, con nonna Ateş che di tanto in tanto ci ricamava sopra provocando tante risate.

«Ragazzi miei,» ci annunciò la nonna a fine cena, «domattina tornerò a Bursa. Ho bisogno di riposarmi, ormai sono anziana per girovagare come fate voi. Sono sicura che da soli ve la caverete» concluse facendomi un occhiolino.

Salutammo Leyla dandoci appuntamento al pomeriggio successivo, la mattina aveva un’importante riunione alla quale non poteva mancare. Can mandò l’indirizzo dell’hotel ad Emre, era meglio che c’incontrassimo prima noi con lui.

«Chissà come la prenderà Leyla!» esclamai una volta in camera buttandomi a peso morto sul letto. Ero molto stanca ed era stata una giornata molto intensa.

«Domani lo sapremo» replicò Can portandosi su di me. Fece sfiorare i nostri nasi mentre con la lingua accarezzava dolcemente le mie labbra.

Chiusi gli occhi per godermi quel momento sapendo perfettamente come sarebbe andata a finire. Lasciai che il sapore della sua bocca si mischiasse col mio e che i nostri respiri si fondessero. Il mio cuore scalpitava ogni volta che facevamo l’amore, ogni volta che le sue mani accarezzavano il mio corpo, ogni volta che i suoi baci mi toglievano il fiato. Ero completamente pazza di lui ed ero certa che Can lo fosse di me.

«Voglio sposarti, Sanem!» sussurrò guardandomi negli occhi e affondando dentro me mozzandomi letteralmente il respiro.

L'odore del paneWhere stories live. Discover now