29. L'Assassino e l'Arena

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«Il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali è una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni»
- Italo Calvino

Il cancello a scorrimento iniziò a sollevarsi e l'ombra che mi gettava la grata sulla faccia si dissipò per far spazio ad una ondeggiante e accecante luce verdastra. Affilai le palpebre, provando l'impulso di nascondermi gli occhi dietro ad una mano, ma avevo i polsi bloccati da pesanti catenacci, che mi avevano chiuso con colpi di martello immediatamente dopo aver solcato le porte dell'Arena. Le parole dell'Empusa n.5 continuavano a risuonarmi nella mente "non vedo l'ora di vederlo morire di una morte lenta e dolorosa".

Bastarda malvagia. Non mi avevano spaventato: piuttosto, mi spingevano a dimostrare che non avrebbero dovuto sottovalutarmi. Eppure, come tutte le missioni in cui ero stato, partire dal basso era un aspetto positivo. Nessuno si aspettava niente da me. Ecco perché vincere sarebbe stato ancora più piacevole, ancora più sbalorditivo.

Mi guardai per un attimo indietro: l'Arena era un complesso reticolo di gallerie che andavano sempre più sottoterra. Il numero della fossa di combattimento corrispondeva al livello di profondità e più si saliva, peggiori erano i combattimenti, più spettacoli, più cruenti e più vicini alla vittoria. Quello che aspettava me, adesso, era un semplice esame per verificare se fossi degno di combattere: sarei morto nel tentativo di dimostrarlo, oppure mi avrebbero venduto per diventare carne. Da fottere o mangiare.

Strinsi i pugni, lasciando che un paio di piccoli e orrendi satiri con la faccia rossa e corna ricurve mi togliessero i ceppi e con un paio di tridenti contro la schiena mi spingessero oltre il cancello. Alzai il mento, con aria fiera, sbattendo lentamente le palpebre per abituarmi al cambiamento di luce. Dagli spalti, seduto ai primi gradoni di roccia nera, subito intercettai lo sguardo ametista di Ezrael, che mi fissava dall'alto con una tensione che tentava in ogni modo di soffocare.

A dir la verità, quell'emozione sarebbe anche stata coerente con la parte. Se andavo bene all'esame e qualcuno dei Titani mi avesse comprato, il mio schiavista - Ezra sotto copertura - avrebbe guadagnato una bella somma di anime. Se poi fossi riuscito a vincere tutti i combattimenti, non sarei stato il solo a raggiungere i Campi Elisi. Sia io che lui avremmo ricevuto un obolo e saremmo stati gli invitati d'onore della festa di Ade.

In altre parole, mandare qualcuno a combattere nell'arena era un vero e proprio investimento. Ecco perché dovevo vincere a tutti i costi.

Feci scorrere gli occhi sul resto degli spalti: in alto, su gradoni disposti in modo da non entrare in contatto col resto degli spettatori, in posti d'onore, sedevano dodici individui. Sei uomini e sei donne vestiti con pepli d'oro, d'argento, di viola e di porpora, color sangue e color pece. L'aspetto era quello umano, ma erano molto più grandi di quanto avrebbe potuto esserlo una persona normale. Potevano essere alti almeno tre metri. Era evidente che i Titani, o meglio gli editori come li aveva chiamati l'Empusa n.5 - quelli che organizzavano i combattimenti per renderli il più tremendi possibile - erano loro.

Il più impressionante di tutti sedeva al centro, l'aria brutale e annoiata storceva i lineamenti piacenti e la pelle nera come l'ebano faceva spiccare i suoi impressionanti occhi dorati. Continuava a rigirarsi fra le dita un pugnale che aveva per elsa una clessidra. Dentro alle sue mani sembrava minuscola, ma avrei giurato che non fosse affatto così.

«Per tutti i cazzi di Ade! E' un fottuto scherzo!?» gridò qualcuno che mi aveva finalmente visto. Quando gli spettatori notarono il mio ingresso iniziarono a fioccare gli insulti, talmente volgari e coloriti che per tutta risposta strinsi i denti. Una pioggia di sputi mi volò contro ma non feci niente per ripararmi da essi: continuai a fissare dritto davanti a me, implacabile, granitico. I satiri gettarono un pugnaletto di legno ai miei piedi e con un clangore il cancello si chiuse alle mie spalle, togliendomi ogni possibilità di fuga. Non sarei andato da nessuna parte, comunque.

Le cronache dell'Assassino 2 - I Signori dell'Oltretomba | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Onde histórias criam vida. Descubra agora