Iron Man
Le voci dei due ragazzi, che urlavano il nome della pasta istantanea giapponese, riecheggiavano nel quartiere ricco della città.
"Il quartiere ricco", così lo aveva sempre identificato Jin, non c'era mai stato dentro, lo aveva sempre visto da fuori.
La parte della città in cui viveva Lea era oggettivamente la più bella, senza smog, senza traffico, circondata da verde e da muschio. Pur di non farsi sei rampe di scale a piedi e inveire ogni giorno contro macchine e motorini, Jin era disposto anche a dormire per strada, se questa fosse stata quella che stava percorrendo al momento.
I sanpietrini erano ordinati ai suoi piedi e non presentavano neanche l'ombra di una cartaccia. Le case ai lati della strada emanavano tranquillità e sicurezza, i loro giardini ben curati presentavano piante, fiori ed alberi di vario tipo.
Dentro di sé, Jin, voleva scappare.
Invidiava quelle persone e odiava questa sensazione. Rispettava i suoi genitori e tutta la fatica che subivano per portare avanti la famiglia. Avevano entrambi un buon lavoro, sua madre era un'ostetrica e suo padre lavorava per la Samsung, non erano quindi messi male economicamente, se non avessero dovuto sostenere le particolari cure mediche della nonna, i continui viaggi per andare in Corea, due figli adolescenti che, a detta della madre, mangiavano quanto un esercito.
In realtà, Jin, non poteva proprio lamentarsi, nonostante le sei rampe di scale da fare a piedi, il suo quartiere non era poi così male... ma non era quel quartiere.
«Noodle!» Urlò Lea che iniziava piano piano a perdere le speranze.
Jin si passò una mano tra i capelli scuri e ragionò. Ovviamente quel metodo che stavano usando, non li stava portando da nessuna parte, se non da un esaurimento nervoso.
Se Noodle non era abituato a stare fuori casa, sicuramente si sarebbe sentito spaesato e magari spaventato. Non che Jin fosse mai stato un gatto o almeno non se lo ricordava, ma pensava che magari fosse questo il modo in cui ragionavano.
Iniziò così a controllare sotto le macchine o tra i secchioni della plastica che alcune persone avevano già portato fuori casa.
Nella ruota posteriore sinistra di una Hyundai i10 azzurra, notò due enormi occhi neri osservarlo con diffidenza.
«Lea!» Una voce sconosciuta fece infilare il gatto sotto la macchina e costrinse Jin a imprecare sotto voce.
Si girò di scatto e fulminò con lo sguardo un ragazzo biondo dall'aria da tonto.
«Lea, ti giuro, mi dispiace tantissimo, mio padre ha lasciato la porta di casa aperta, per portare dentro la spesa, io-»
«Aiutaci a cercarlo.» Lo zittì lei riprendendo a urlare il nome del gattino.
Al coro si unì anche il biondo, mentre Jin poggiò le ginocchia a terra, piegò la testa fino quasi a toccare con l'orecchio i sanpietrini, per vedere sotto la macchina.
«Ei.» Sussurrò e allungò una mano verso di lui. «Pspsps.» Il gatto soffiò e, grazie alla sua poca esperienza, capì che probabilmente non era un buon segno.
Tornò ad alzarsi e, assicurandosi di non alzare troppo la voce per non spaventare ulteriormente Noodle, chiamò Lea. «Credo di averlo trovato, è sotto la...»
Non riuscì neanche a finire la frase che la sua compagna si lanciò verso la Hyundai e si fiondò a terra strusciando le ginocchia.
«Puzzone!» Lo chiamò piegando la testa come aveva fatto Jin. «Sono io, vieni piccolo.» Lo chiamava col sorriso alle labbra e poteva vedere tranquillamente la tensione e l'ansia lasciare il suo corpo.
Ma il gatto non ne voleva sapere di muoversi.
«Noodle!» Lo chiamò arrabbiata. «Noodle, non mi far venire lì sotto. Noodle, esci, ti giuro che non ti lascio più con Valerio.»
Il ragazzo sospirò e si accucciò accanto alla compagna. «Ci vado io là sotto.» Decise. Se questo serviva per salvarlo dallo stand, questo avrebbe fatto.
Prima che la riccia potesse anche solo recepire le sue parole, il ragazzo si appiattì a terra e allungò il braccio verso la palla di pelo. Lui gli annusò la mano, quasi schifato avrebbe detto Jin, ma dopo qualche secondo decise che poi non aveva un odore così brutto e si avvicinò lentamente.
«Posso dare una mano?» La voce di Valerio al suo fianco lo colse di sorpresa e spaventato diede una testata alla macchina, facendo spaventare nuovamente l'animale.
Ora si trovava davanti a diverse opzioni: tirare un pugno a un ragazzo mai visto prima, infilarlo sotto la macchina al suo posto o lasciare il gatto dove si trovava e tornarsene a casa. Ma nessuna di queste gli sarebbe stata d'aiuto.
«Sì, stai zitto.» Gli rispose secco tornando ad avvicinarsi al gatto.
Dopo quella che per lui fu un'eternità riuscì a riconquistare la fiducia del gattino e a farlo riavvicinare lentamente. Erano passate tre ore da quando lo aveva trovato, ma finalmente lo teneva tra le braccia.
È così che si sente mamma quando fa nascere nuove vite, pensò mentre accarezzava il lungo pelo nero di Noodle.
Lea lo prese delicatamente e affondò il viso su di esso, lasciandogli dei piccoli baci liberatori, mentre lentamente lo riportava verso la sua casa.Jin la seguì, ma non entrò, rimase fuori il cancello ad ascoltare da lontano le scuse del biondo.
«Non ti preoccupare, Vale, può succedere.» La sentì rispondere esausta. «Scusa se mi sono alterata, ero in ansia e ho un po' di pensieri nella testa ultimamente, in più il professore di coreano oggi mi ha ripreso su una parola e la mia interrogazione è andata malissimo.»
Jin spalancò gli occhi: era lei Uija! Aggrottò le sopracciglia e si passò una mano dietro la testa, diverse domande gli sorgevano alla mente, ma le mise subito a tacere. Poco importava il motivo per cui la ragazza si trovasse là, almeno lei sicuramente non era obbligata e ancora più sicuramente, ne aveva bisogno, a differenza sua.
Finalmente la riccia uscì di casa, salutò con una mano il biondo che, ancora rattristato dall'accaduto, entrò nel suo cancello e sparì dietro di esso.
«Grazie.» Lea gli fece un sorriso dolce, le fossette si formarono sulle sue guance e gli occhi le brillavano di gratitudine.
«Figurati,» Le rispose serio. «È quello che fanno gli eroi.»
La ragazza ridacchiò alla sua battuta. «Va bene, Superman. Ci vediamo domani a scuola. Grazie ancora.» Lo salutò per poi avvicinarsi al suo cancello.
«Lea, aspetta.» La bloccò. «Due cose,» iniziò mentre lei lo ascoltava incuriosita. «Primo, non mi piace Superman, meglio Ironman. Secondo, ti va di fare lo stand insieme?» Glielo chiese velocemente, un po' come si fa con i cerotti, uno strappo, così da non prolungare il dolore.
«No.» Rispose alzando le spalle.
Jin la guardò con gli occhi spalancati. Ma le aveva salvato il gatto! Era sicuro che solo per quel gesto l'avrebbe accettato e invece... Ora dove le andava a trovare delle papere vive per lo stand?
«Sto scherzando, Jin!» Esclamò alzando le sopracciglia. «Ovvio che puoi farlo con me, devi farlo con me! Cioè, no, non devi. Però...» Si stava impanicando, così decise di lasciare la frase in sospeso e andare avanti. «Dove ci incontriamo? Sai, per parlarne.»
«Conosci qualche posto?» Le domandò distrattamente, mentre nella sua testa stava già valutando tra tre possibili scelte.
«Il Bonjour!» Esclamò Lea. L'unico locale che lui non aveva preso volutamente in considerazione.
🐤🐤🐤
Finalmente! Lea starà facendo i salti mortali dentro di sé dopo questa proposta, che probabilmente per lei equivale a una di matrimonio. Ma sappiamo tutti che non era necessario ritrovarle il gatto per ricevere una risposta affermativa!
Come li vedete Valerio e Jin? È il loro primo incontro e Jin non sembra per niente convinto.
Come sempre vi aspetto nei commenti, fatemi sapere cosa vi aspettate da questo appuntamento!

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Pesca La Papera
RomanceImpegnata nella ricerca di un'attività in cui sia brava, maledice i suoi genitori biologici per averle dato quei geni che lei reputa "rotti" e per averla successivamente abbandonata in ospedale. Arrivata all'ultimo anno del liceo, Lea sentirà il bis...