Fu-sio-ne (II)

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Per enorme fortuna di Nina Adami, Valentina Santoni è completamente incapace di riconoscere una bugia, anche quando gliela presento con tanto di cartelloni d'avvertimento: Vale, ti sto rifilando un'enorme cazzata.

Per dirla nelle parole di mia nonna, Valentina è una grandissima tontola. Non ricordo se nei Sette Nani di Biancaneve ci fosse un Tontolo, ma il cervello della mia migliore amica è talmente in buona fede che potrebbe inviare un curriculum a Dotto e candidarsi come l'ottavo seguace. Brontolo, famoso per le sue lamentele, non avrebbe alcunché da ridire.

«Quindi dobbiamo ospitare Marco per un po', perché ha litigato con suo padre?» mi chiede, quando rincasa dopo l'allenamento di pallavolo.

Non le ho detto una bugia completa. Le ho rifilato una verità parziale, omettendo la metà che l'avrebbe resa intera.

«E perché quel medico da strapazzo avrebbe dovuto sbatterlo fuori di casa?» indaga. Un briciolo di curiosità lampeggia sul viso, illuminato dalla lampadina smorta del garage.

Dal piazzale proviene il suolo del pallone da basket, palleggiato sulle lastre di porfido. Giacomo e Marco se la spassano in un testa a testa. Le loro grida non sono abbastanza forti da coprire la bugia in arrivo. Perché sì, adesso sto per mentire.

«Un po' questo, un po' quello» le dico. Siamo entrambe sedute sulla brandina e sorseggiamo i resti di una birra calda. «Qualcosa sull'avere le mani bucate e volere ogni anno un cellulare nuovo.»

La sfuriata di Massimo davanti alla collina del fienile è un flash sbiadito, le parole pronunciate la registrazione di un disco crepato. Le accuse si sormontano, la traccia salta, ripete un particolare insignificante. Però un accenno ai cellulari mi pare ci fosse, quindi... verità parziale?

«Pensavo che i neurochirurgi dovessero avere i nervi saldi» dice Valentina. Butta la lingua in fuori, schifata, quando assapora la birra al cioccolato. «Intendo dire, Nin, come si fa a sbottare per così poco?»

La verità, quella totale, preme sulla punta della lingua. Ogni organo dell'apparato vocale mi prega di essere sincera. Anniento la voglia di confessare, bevendo un sorso di birra al cioccolato.

«Fa davvero schifo.» Butto la lingua in fuori, proprio come Valentina un minuto prima. «Se all'università andiamo a Nomi e non a Bologna, per te è un problema?»

Valentina dovrebbe mangiare la foglia e iniziare a capire che sto cercando di rendere invisibili problemi appariscenti quanto un tirannosauro fucsia. Perché cambiare improvvisamente meta, quando ero così entusiasta di Bologna?

«Che me ne importa, Nin? L'importante è andarsene da qui e poi Nomi costa meno.»

Valentina sì che sa semplificarmi la vita! Accetta il cambiamento senza battere ciglio. Sospettavo che Nomi e Bologna per lei fossero sinonimi, ma averne la certezza mi permette di tirare un sospiro di sollievo.

«Potrebbe esserci del buono nell'avere il biondo zuccone in giro per casa» dice poi.

Dalla saracinesca alzata proviene un bagliore di luce. Marco e Giacomo hanno acceso i fari dell'utilitaria per illuminare il cortile e continuare il match. Marco è rallentato dalle sconvolgenti novità della giornata, motivo per cui Giacomo, non un prodigio della pallacanestro, riesce miracolosamente a tenergli testa.

«Lo dici perché ti renderà la vita meno monotona e più divertente?» le chiedo.

«Sì!»

Mi strangolo con un sorso di birra al cioccolato. Il cubetto è uscito dal collo in vetro e si è appiccicato alla gola. Due colpi di tosse per buttarlo nello stomaco. Sì? Ma Valentina non sopporta Marco. E improvvisamente è felice di trovarselo tra i piedi da mattina a sera. Non è che in tutti questi anni...

Binomio - 2Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt