XVI. UNA DOLCE DANZA

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Le ore che precedettero il ballo le passai quasi immersa in un sogno. Non riuscivo a credere che Joseph sarebbe venuto. Il tempo passò in fretta e finalmente arrivò il momento. La sala si riempì in fretta.

-Non verrà- mi mise in guardia Beth, passandosi accanto, il suo abito di pura seta che frusciava.

La ignorai. Chi era per parlarmi in quel modo? Lo attendevo in piedi in un angolo della sala, il cuore in gola. Il corpetto dell'abito mi era stretto. I lunghi guanti bianchi mi davano fastidio. Quando il grande orologio batté le dieci fui certa che non sarebbe venuto. Stavo quasi per andarmene, per ritirarmi nella mia stanza, poi successe. I miei occhi avevano incontrato i suoi e il mio corpo non avrebbe potuto fare altro che fermarsi. Il suo viso era nascosto dietro una maschera, ma io avrei riconosciuto il suo sguardo ovunque. Sorrisi. Era venuto per me, nulla al mondo avrebbe potuto rendermi più felice. Sentii un brusio di voci femminili. Le amiche di Beth si chiedevano chi fosse quel ragazzo affascinante. Lui era mio, solo mio. Non avrei permesso a nessuna di averlo. Avanzai con passo sicuro nella sala. Notai una ragazza che si faceva strada fino a Joseph. Sentii il cuore stringersi in una morsa mentre si fermava davanti a lui. Non riuscivo a capire cosa si stessero dicendo. Dopo un attimo d'indugio avanzai, sgomitando per raggiungerlo. Joseph percepì il mio arrivo, spostò lo sguardo su di me e sorrise.

-Scusate- disse rivolto alla ragazza che gli stava parlando, quindi avanzò verso di me. Come il principe di una fiaba. Mi sfuggì un sorriso. Era proprio un principe. –Pania- mi chiamò.

Lo fissai senza sapere cosa dire. Ero consapevole di avere gli occhi di tutti addosso e la cosa m'imbarazzava tremendamente. Mi ritrovai a giocherellare quasi involontariamente con le maniche del vestito.

-Sono maleducato se ti ricordo che mi devi un ballo?- mi chiese, spingendosi un po' avanti per superare il rumore della musica.

-Saresti maleducato se facessi il contrario- gli risposi.

Joseph non perse tempo. Mi trasse a sé, sorridendo. Ballammo in mezzo alla sala, la mia mano nella sua, la sua stretta al mio fianco, il mio braccio posato sulle sue spalle. Non so quanto quel momento durò. All'epoca mi parve un attimo solo, qualcosa di veloce come un battito di ciglia.

Fu solo quando finì la musica che ci staccammo. Mia madre mi aveva insegnato che non si concedono mai più di due balli a un uomo che non sia il tuo fidanzato. Mio padre aggiungeva ridendo che spesso al marito non se ne concede neppure uno.

-Andiamo a parlare in un posto tranquillo- dissi a Joseph.

-Certo- mi rispose lui.

Lo presi per mano e lo condussi sul balcone. Mi sembrava di essere la protagonista di un romanzo d'amore, di una di quelle fiabe che avevo letto infinite volte. Avevo caldo, nonostante il freddo della notte. Tremavo anche un po'. Non potevo negare di essere nervosa.

-La luna è magnifica questa sera- disse Joseph, appoggiandosi con un gomito alla ringhiera del balcone. L'altra mano era sempre stretta nella mia e potevo sentire il calore della sua pelle nonostante i miei guanti. –Mi piace la luna piena- continuò.

-Anche a me... dicono che quando Mary Sue svanì c'era una luna proprio come questa- sussurrai, osservando l'enorme palla che brillava al centro del cielo notturno, coperta da una leggera nebbia.

-Sembra che indossi un abito sottile- commentò Joseph.

-Un abito?- chiesi divertita –Non ho mai pensato che la luna potesse essere nuda o vestita-

-La luna è donna, certo che può essere nuda-

Scoppiai a ridere. –Sei scandaloso, sempre scandaloso!-

La sposa del mareDonde viven las historias. Descúbrelo ahora