XXXVII. L'EPIDEMIA

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Il mio peggior incubo divenne realtà una notte, sotto il grande salice piangente. Io e Joseph eravamo appena stati a trovare Anne e camminavamo verso casa mia. Avevo notato che Joseph era stato parecchio silenzioso.

-Ho parlato con tuo padre, mi offre di condurre una nave- esordì all'improvviso.

-Cosa?- mi fermai.

Compresi così che Joseph aveva affrontato mio padre riguardo al matrimonio e che erano arrivati a un accordo. Se avesse guadagnato abbastanza gli avrebbe permesso di sposarmi.

-Me ne devo andare- sussurrò Joseph, prendendo le mani nelle sue –non sarà per molto-

Un solo giorno però mi sarebbe sembrato l'eternità senza di lui. Una sola notte senza vederlo era la fine. Sentii le lacrime risalire. Cercai di non farglielo vedere e voltai di lato la testa. Joseph però mi prese il mento tra le mani e mi obbligò a guardarlo.

-Devo farlo, se troverò abbastanza soldi noi due potremo sposarci-

-Ti prego, resta- sussurrai, un forte dolore al cuore –non m'importa dei soldi, io ti sposerò comunque-

Il viso di Joseph si addolcì. –Non possiamo farlo se non accumulo un po' di denaro- disse lui –devo prendere una casa che vada bene per te-

-Io andrei a vivere in una grotta con te-

Quell'esclamazione lo fece sorridere. –Non penso che i tuoi genitori ne sarebbero felici-

-Non m'importa, io sono disposta a fuggire ovunque te- dissi, determinata. Era la verità, ne sono consapevole or più che mai.

-Non starò via molto- mi promise lui –diventerò ricco-

Fu uno dei dolori più grandi della mia vita. Non sapevo quando sarebbe tornato e soprattutto non sapevo se lo avrebbe mai fatto. Erano molti i rischi del mare, senza contare che, come mi aveva insegnato mio padre, gli uomini non erano affidabili. Cosa sarebbe successo se si fosse innamorato di un'altra? Era una possibilità fin troppo reale. Le città erano certamente piene di ragazze belle e disponibili.

Presto però mi sarei resa conto che i problemi non erano finiti. Successe qualche settimana dopo la partenza di Joseph, mentre io mi struggevo nel dolore del nostro addio.

La prima a stare male fu Hilda, una delle nostre domestiche. Nessuno avrebbe pensato che quella leggera febbre fosse il sintomo di qualcosa di molto più grave. Mia madre le diede un giorno di riposo e la cosa terminò lì, fino alla mattina seguente. Hilda continuava a stare male e mia madre mandò a chiamare il medico. La diagnosi fece tremare tutti. Hilda aveva la difterite. Come si fosse presa poi questa malattia nessuno lo seppe. Si parlò di un amante segreto, un marinaio che aveva portato quel pericoloso morbo sull'isola. Qualcuno invece accusò degli abiti infetti. Nessuno seppe mai con certezza com'era iniziata quell'epidemia che in poco tempo coinvolse tutta l'isola.

Tutti coloro che avevano avuto uno stretto rapporto con Hilda furono allontanati, ma ormai era troppo tardi. I buoi erano fuggiti, era inutile chiudere la stalla. Un paio di giorni dopo mia madre cominciò a stare male. Fu mio fratello, pallidissimo e con gli occhi arrossati a dirmelo.

-Devo vederla- lo pregai.

-No, non se ne parla... per ora tu starai insieme a Beth, dovrai aiutarla... e speriamo che nessuna delle due sia contagiata-

Ero fuori di me dal panico. –Dobbiamo dirlo a nostro padre, dobbiamo scrivergli-

Mio fratello sospirò. –Scrivigli tu, se vuoi, sei sempre stata la sua prediletta, forse ti risponderà, ma non credere che correrà qua, probabilmente fingerà che la lettera non gli sia neppure arrivata-

La sposa del mareWhere stories live. Discover now