41|I don't wanna say goodbye|

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Mi misi seduta a fare colazione con Maria e iniziai a parlare di Vinnie e del perché fosse così lento e ancora non fosse sceso di sotto con tutte le valigie e le chiavi dell'auto, saremmo dovuti partire a breve.

«Mi sono accorta fin dalla prima volta che sei venuta qui come Vinnie fosse così preso da te» dichiarò Maria offrendomi una tazza di cappuccino bollente.

Le sue parole mi sollevarono il morale, non ci feci mai poi così tanto caso.
«È molto bravo a nascondere i sentimenti Vinnie, è così?» chiesi, conoscendo già la risposta.

«Si Chloe, é davvero bravo anche a tenersi tutto dentro, e a sfogare la sua rabbia con qualcuno quando esplode.»

Come potrei darle torto, pensai, devo ricordare ogni volta in cui Vinnie ha avuto un cambio umore e mi si è rivoltato contro?

Soffiai sul mio cappuccino e iniziai a sorseggiarlo provocando un risucchio fastidioso, e smisi quando vidi il mio ragazzo scendere.
Era davvero bello quella mattina, anzi, lui lo è sempre.

Mi baciò la tempia e poi ordinò a sua madre di salutarci il resto della famiglia.
«mamma noi andiamo, grazie di tutto.» strinse i manici delle nostre valige fra le mani e dopo aver abbracciato velocemente sua madre si diresse alla porta d'ingresso.

«state attenti, per qualunque cosa chiamatemi, okay Chloe?» Maria si accertó che le sue parole ci siano entrate bene in testa.
«Ti chiameremo appena saremmo arrivati, ti vogliamo bene» sorrisi imbarazzata e seguii Vinnie alla sua auto.

Guardai per un ultima volta il viso sorridente di Maria che ci osservó felicemente mentre ci allontanammo da Seattle; le sorridemmo un ultima volta e partimmo appena Vinnie accese il motore.
Non vidi l'ora di ritrovarmi in un paesaggio innevato magnifico, così mi beai delle carezze di Vinnie sulla mia coscia e osservai la lunga strada che avremmo dovuto percorrere.

«Chloe vieni! Tocca a noi!» mi ripete Vinnie per circa due o tre volte facendomi tornare costantemente alla realtà.

Sono infreddolita e impaurita, e al solo pensiero di ritrovarmi a venti metri di altezza su questa seggiovia tremo dalla paura.

«Vin tienimi stretta la mano, ho paura dell'altezza» lo stringo forte a me quando ormai questo macchinario inizia letteralmente a volare, sospeso su un filo, per portarci sul pizzo della montagna dove Vinnie ha intenzione di scivolare con i suoi scii.

«Tranquilla piccola, arriveremo lì sopra sani e salvi» ci scherza su puntando il dito verso l'alto.
Gli rivolgo uno sguardo arrabbiato e lui ne approfitta per posare le sue caldi labbra sulle mie; subito avverto una sensazione di calore che mi riscalda il corpo.

L'ansia smette di invadere il mio corpo quando ormai i nostri piedi toccano la neve gelida di Seattle; Vinnie mi prende per mano e mi trascina verso la pista da scii. Sorrido alla vista di alcuni bambini che giocano e si rincorrono con uno slittino, e per un attimo nella mia testa si ferma l'idea di avere un bambino, ma forse è troppo presto... .

«facciamo una pausa prima di...?» deglutisco e non continuo il resto della frase
«una pausa? Siamo appena arrivati!» esclamo felice.

Vinnie oggi sembra essere di buon umore, il suo sorriso sbuca al di sotto dei suoi enormi occhialoni di protezione da cui si intravede l'anello al naso che ha dimenticato di togliere; è coperto da una felpa blu e da una tuta per la neve al di sopra, guantoni marroni per il freddo e scii al piede.

«Vin» lo richiamo attirando la sua attenzione
«mh?» chiede, sedendosi sulla neve
«somigli ad un orso polare» trattengo un sorriso per sembrare seria.

Il mio angelo oscuroOnde histórias criam vida. Descubra agora