I.
05 Dicembre.
-Sei pazzo?- gli urlò contro con un sorriso incredulo sulle labbra.
La pioggia batteva ininterrottamente contro l'asfalto di quel parcheggio deserto; le luci al neon dei lampioni erano oscurate appena da un leggero e sottile strato di nebbia.
Erano i primi di Dicembre.
Lei rimase immobile, ancorata al sedile del passeggero della macchina del ragazzo e si portò una mano sulle labbra per soffocare un sussulto quando vide il giovane, sotto il nubifragio, alzare la testa al cielo.
-Sasuke! Torna in macchina, ti verrà un accidente!- continuò imperterrita battendo dei colpi contro il finestrino alla sua destra sperando, invano, di attirare la sua attenzione. Tutto quello la stava sorprendendo, lui stava abbattendo ogni barriera umana, stava fondendo irrimediabilmente la folgorante follia con la dolce normalità di quell'esistenza.
Sembrava ignorarla completamente, così come sembrava non soffrire il gelo di quel clima che si apprestava ad affrontare un inverno abbastanza rigido.
Cominciò a imporporarsi, odiava quando non la considerava in quel modo ma prima di poter inveire ancora contro la sua sconsideratezza, lo vide rivolgerle uno sguardo veloce.
Le si gelarono le parole in gola mentre il cuore cominciò a batterle forte dentro il petto. Con una sua sola occhiata si sentì andare in fiamme mentre il rapido e cadenzato ticchettio delle gocce sul parabrezza si annullò completamente.
-È solo un po' di pioggia- le disse prendendole una mano. Il contatto gelido con le sue dita la fece sussultare, non si era nemmeno resa conto che il tempo aveva continuato a scorrere a dispetto della sua mente, rimasta bloccata a quell'istante durato un battito di ciglia. Si domandò agitata quanto tempo fosse rimasta immobile a fissare il vuoto, chiusa nelle sue riflessioni. Lo guardò con un accenno di rossore dovuto al loro contatto fisico e si fece condurre fuori dalla vettura, rabbrividendo non appena l'acqua le colpì la testa, scivolando poi sul resto del corpo.
-Ci ammaleremo- sussurrò lei stringendo di più la presa sulla sua mano, non convinta nemmeno della sua stessa affermazione e spaventata dall'idea di poter perdere quell'occasione preziosa.
-Impossibile, Sakura. Questa notte siamo immortali- mormorò lui dandole le spalle. La profondità e la misteriosità di quell'affermazione la lasciò senza parole. Non riusciva a seguirlo, non ci riusciva quasi mai; era come se lui fosse sempre un passo avanti a lei e alla sua mediocre concezione della vita.
-Io non capisco Sasuke, cosa intendi dire?-
Si fermarono a pochi metri dalla macchina, le gocce pesanti le oscuravano la vista, cominciava ad avere freddo, eppure non riusciva a staccare gli occhi dalla figura alta e scura del ragazzo vicino a lei. Si sentiva sempre molto inadeguata in sua presenza, quasi invisibile.
-Ti piace il sole, Sakura?-
-Sì... sì mi piace- da quando lo aveva conosciuto aveva imparato ad amare ogni singola caratteristica del suo essere, in poco tempo l'aveva conquistata.
Lei a differenza sua era normale, quasi inetta se paragonata alla sua indole. Scosse la testa e si asciugò gli occhi, sporcandosi il viso con qualche striscia di trucco; non si curò di quel particolare stupido.
-Ti piace perché non hai mai ballato sotto la pioggia- e la guardò serio.
05 Ottobre, due mesi prima.
Quando quella mattina suonò la sveglia, Sakura spalancò gli occhi contro il soffitto, spaventata.
Si era traferita da pochi giorni in quella nuova casa, non molto distante dalla sua facoltà, e ancora evidentemente non si era abituata all'idea di ritrovarsi da sola, gli incubi la tormentavano.
Quell'anno, il suo terzo anno lontana dalla propria famiglia, aveva deciso di prendere in affitto un appartamento che presentasse una sola singola in modo da stare sola, studiare in pace e chiudersi nel proprio regno, sperando di arrivare al punto di stare bene con la sua sola e unica presenza. Non aveva avuto belle esperienze gli anni precedenti legate alle vecchie coinquiline e aveva capito di essere una ragazza che non era capace di stare in compagnia, anche se in quei primi giorni dal suo trasferimento la cosa l'aveva lasciata con uno strano senso di sospensione al quale, era convinta, che si sarebbe presto abituata.
Iniziare il terzo anno universitario le aveva fatto capire quanto il tempo stesse volando velocemente e quanto ancora lei si sentisse inadeguata e impreparata a una simile corsa.
Si guardò brevemente allo specchio prima di uscire, si ravvivò i capelli corti per un breve istante e poi rivolse uno sguardo stanco e tirato alla sua immagine riflessa.
Quando salì in ascensore, imprecò mentalmente per non aver chiuso a doppia mandata il portone del suo appartamento.
I giorni passavano, la sua sbadataggine rimaneva tale e quale.
Konoha era molto grande e con gli anni aveva sentito il bisogno di avere una casa più vicina alla propria Università così da non dover prendere troppi mezzi pubblici e spendere una banca in biglietti e abbonamenti. Inoltre camminare la aiutava a svegliarsi e anche a pensare, senza contare che a Ottobre le foglie cominciavano a cadere giù dagli alberi, lentamente, creando uno strano movimento nell'aria in cui lei amava tanto perdersi. Quella mattina affondò la testa nelle spalle, ascoltando ininterrottamente la musica che la riproduzione casuale del suo ipod le propinava direttamente nelle orecchie.
Quando giunse in prossimità dell'aula in cui si sarebbe tenuta la lezione del giorno, prima di prendere posto, fece un salto in bagno per dare uno sguardo al proprio aspetto: i suoi capelli erano perennemente arruffati, nemmeno tagliarli quell'estate era servito a disciplinare la sua chioma, mentre la sua pelle si mostrava pallida come quella di fantasma; il fiatone dovuto alle numerose scale appena affrontate era il degno dettaglio conclusivo in quel quadro sfatto che era la sua immagine riflessa. Storse il naso e si coprì gli occhi con una mano, sarebbe mai stata presentabile una volta soltanto?
Capì presto che tutta quella sua premura e ansia di sembrare impeccabile in facoltà era dovuta alla presenza di un suo collega che con gli anni aveva preso un posto fisso nei suoi pensieri, nonostante la cosa, purtroppo, non fosse reciproca.
Sasuke Uchiha le piaceva davvero: era bello, affascinante, ci sapeva fare anche solo con uno sguardo, considerato da lei quasi micidiale. Oltretutto era anche intelligente: i suoi voti universitari non andavano al di sotto del ventotto, non si perdeva mai nessuna lezione e, ai quesiti che i professori rivolgevano all'intera classe, lui era sempre il primo a rispondere. Non ne sbagliava mai una naturalmente.
Tuttavia Sakura, prima del suo aspetto esteriore, di lui amava il modo in cui si faceva rispettare da tutti, docenti compresi. Aveva la fama di essere una persona decisamente interessante, molto concettuale, quasi surreale. Sembrava essere circondato perennemente da un'aura dorata che ammaliava e lasciava tutti con un dolce sapore in bocca, nessuno escluso.
Mentre lei non era nemmeno particolarmente bella, non spiccava in quel corpo studentesco, né era dotata di una grande vena comica, tutt'altro: si sentiva sempre particolarmente malinconica, nostalgica. Sempre molto attenta alle foglie che cadevano, alle nuvole che nascondevano il sole, alla musica che filtrava dalle cuffiette degli estranei, più che a se stessa. Sakura era destinata alla sensibilità e odiava la sua condizione di perenne instabilità che la portava a oscillare tra il pessimismo e la più profonda malinconia.
A volte lei riusciva a isolarsi dal mondo circostante, dai rumori vicini e dalla lezione stessa, solo per guardarlo, e non troppo di sottecchi veramente. Osservarlo prendere appunti, parlare con il suo vicino di banco o anche solo guardare la lavagna, le strappava sempre un sorriso velato e sincero. Era certa di saper tracciare il suo profilo perfetto anche a occhi chiusi.
Ormai lei aveva la sua personale routine. Arrivava in aula e si posizionava in quinta fila, appena dietro Naruto Uzumaki e aspettava; erano tre anni buoni che il biondo riservava il posto accanto al suo a Sasuke, mai una volta che non lo avesse fatto.
L'Uchiha arrivava sempre dopo di lui, come se avessero un tacito patto, e si sedeva, a volte rimaneva con le cuffie fino a quando il professore non fosse entrato in aula, estraniandosi e perdendosi in chissà quali ragionamenti, altre, invece, scambiava qualche parola con l'Uzumaki e il loro gruppo di amici di cui lei non ne faceva certamente parte.
Quando poteva, lei voltava il suo sguardo dalla parte opposta e cercava di sentire la sua voce in mezzo al trambusto creato dagli altri ragazzi, cercava sempre in qualche modo di scoprire parte della sua personalità e parte del suo pensiero. Forse voleva convincersi che esisteva una minima possibilità di captare qualche argomento in cui lei fosse ferrata per potersi introdurre nel discorso insieme a loro, o forse solo le piaceva sentire cosa le gente tirasse fuori dal cilindro ogni giorno, sta di fatto che mai era stata capace di aprire bocca in suo presenza, un po' per timore di non essere accettata, un po' perché forse non le andava nemmeno di esporsi in questo modo.
Del resto Sasuke era una persona non molto incline alle discussioni, né molto socievole, infatti, nonostante stessero passando il loro terzo anno insieme tra i banchi universitari, non le aveva mai rivolto nemmeno un saluto scarso, né un misero cenno del capo, forse non avevano nemmeno scambiato un breve sguardo. I primi tempi ne aveva risentito di questa sua poca considerazione nei suoi confronti, ma poi aveva accettato di rimanergli lontana, a distanza di sicurezza. Osservarlo le bastava, essere una spettatrice silente della sua vita le bastava.
Quella mattina si prospettava la solita scena perpetuata da anni, un po' monotona, ma alla quale lei era terribilmente e irrimediabilmente affezionata. Una volta seduta al proprio posto, vide Sasuke entrare con la sua solita facciata imperturbabile, passarle davanti e sedersi vicino all'amico che lo aveva salutato raggiante.
Sakura soffermò lo sguardo sul viso del ragazzo appena arrivato trattennendo un sospiro lungo, dopo di che - come da copione - fece finta di cercare qualcosa nel telefono quando l'oggetto dei suoi pensieri prese posto di fronte a lei e affianco al biondo, come di consueto. Ogni giorno la sua vicinanza la emozionava e rendeva ogni istante di quelle lezioni magiche e surreali.
Avrebbe voluto avere il coraggio di parlargli, di salutarlo, o anche solo di incrociare i suoi occhi chiari con quelli incredibilmente scuri di lui, intavolare con lui una conversazione infinita, avere la prova, anche lei, di quanto interessante egli fosse...
E poi abbassò subito lo sguardo quando il biondo si voltò dalla sua parte, sentendosi forse osservato, e si sentì istantaneamente avvampare dalla vergogna. Evidentemente tutto il tempo passato ad affinare le proprie tecniche di spionaggio non erano valsi tutti il sudore e le palpitazioni sprecate. L'idea di essere stata scoperta in flagrante le portò una forte contrazione dello stomaco mentre gli occhi le si inumidirono dall'imbarazzo. Estraendo una sigaretta dal pacchetto che teneva dentro lo zaino, fuggì via da lì, uscendo da una delle porta-finestre laterali, scappando come se avesse commesso un efferato furto o peggio ancora, come se fosse stata vista direttamente dall'interessato.
Appoggiata contro un muretto poco lontano da quell'apertura, si era portata le mani tra i capelli dandosi della sciocca mentre i peggiori scenari catastrofici andavano delineandosi con nitidezza nella sua testa. Naruto Uzumaki era famoso per la sua bocca larga, di certo aveva già detto della "guardona del banco dietro"; le sue possibilità di parlare con Sasuke erano scese irrimediabilmente e istantaneamente sotto lo zero assoluto.
Chiuse gli occhi cercando di calmarsi, ispirando avidamente quell'aria di autunno che le sapeva di dolcezza e calore fin da quando era bambina.
Mise la sigaretta tra le labbra con un gesto dettato dall'abitudine e ne accese l'estremità con un piccolo accendino rosso dall'involucro un po' consumato. Aspirò il tabacco e prese tra le mani una foglia ingiallita ai suoi piedi guardandola pensierosa; subito la nicotina fece il suo percorso sciogliendole i nervi e rilassandola immediatamente.
-Scusa, hai da accendere?- una figura scura le si parò davanti mimandole con una mano il meccanismo di funzionamento di un accendino. Riconobbe quella voce in un solo secondo. Lasciando cadere per terra la foglia non riuscì nemmeno a guardarlo in faccia, si limitò ad annuire spasmodicamente mentre con una mano tremante, porgeva a Sasuke l'oggetto richiesto.
-Ti ringrazio-
Era una coincidenza troppo evidente: Sasuke le aveva rivolto la parola subito dopo che il suo amico l'aveva sorpresa a guardare nella loro direzione. Si sentì una sciocca, ferita nell'orgoglio, ma poi si ridestò quando, con la coda dell'occhio, lo vide allontanarsi con passo deciso diretto verso l'aula, lasciando dietro di sé solo la scia delicata del fumo della sua sigaretta.
-Non c'è di che!- disse, urlò anzi. Si fece rossa di vergogna quando costatò che effettivamente Sasuke non era poi così lontano come se lo era figurato; si sarebbe voluta sotterrare viva quando lo vide girarsi nella sua direzione con uno sguardo interrogativo. Era davvero più vicino di quanto avesse sperato.
Gli sorrise cecando di riparare alla magra figura appena compiuta, ma la sua sceneggiata non sembrò sortire gli effetti sperati.
-Porti le lenti a contatto- mormorò poi lei, rapita. Non si era mai accorta di quel particolare nei suoi occhi; sorrise internamente nell'immaginarselo con gli occhiali da vista, quel piccolo dettaglio, scoperto in quel modo così meravigliosamente casuale, la rese felice.
-Come scusa?- se fosse stato possibile, lo sguardo che le rivolse fu ancora più sconcertato di prima e solo nel sentire il tono delle sue parole, Sakura si morse la lingua convenendo che quella sua uscita non era poi così brillante e felice come si era figurata in mente. Ogni istante che passava era come se la sua intelligenza la stesse abbandonando, come se stesse scemando gradualmente.
-Intendevo dire... Porti gli occhiali da vista, vero?- ormai era in ballo, avrebbe solo peggiorato la sua posizione se si fosse rimangiata le parole. Cercò di salvarsi in qualche, disperato, modo.
-Sì, da sempre-
La sua risposta annoiata, i suoi occhi che non la guadavano nemmeno e la sua stessa posizione del corpo, le diedero il chiaro segno di quanto fuori luogo fosse quella stupida conversazione, dandole la prova di quanto scialba fosse la sua mente e quanto patetici fossero i suoi tentativi di tenerlo ancorato ancora a quella nave che stava velocemente affondando.
-Mi... Mi piacciono gli occhiali- perse le speranze definitivamente e abbassò lo sguardo sui suoi piedi; sentì del movimento di fronte a lei e con la coda dell'occhio lo vide darle le spalle.
-È arrivato il professore- le comunicò freddo quando già era lontano da lì, da lei e dalla sua stupidità.
-Sì, tu... Tu vai, io... arrivo dopo- mormorò contro l'aria fresca di ottobre, sicura e consapevole del fatto che il suo tono di voce sarebbe risultato inudibile alle sue orecchie anche se si fosse trovato vicino a lei.
Quando le due ore finirono, Sakura non era stata in grado di capire niente di quella lezione e il foglio sotto la punta della sua penna era rimasto immacolato, eccezion fatta per una traballante data scritta in alto a destra. Oh, quel giorno non lo avrebbe dimenticato facilmente, quello era certo: non solo aveva parlato con Sasuke Uchiha, ma era anche stata in grado di spaventarlo, o innervosirlo del tutto.
In quei centoventi minuti di pura contemplazione del vuoto, Sakura aveva preso un'importante scelta di vita: aveva deciso di allontanarsi completamente da quel ragazzo, spaventata all'idea di sentirlo parlare di lei con Naruto o con i suoi stessi colleghi. Non era felice all'idea di venire additata come lo zimbello del corso, per questo e per una serie infiniti di motivi, aveva deciso di spostarsi di posto, sedendosi in ultima fila. Lontano dagli occhi, lontano quasi dal cuore.
Una volta che il professore li ebbe congedati, fu la prima a uscire dall'aula - sbattendosi quasi la porta dietro di sé - con la voglia solo di cominciare una sana e lunga passeggiata sulla via del ritorno, facendosi distendere i nervi dalla musica e dallo scricchiolio delle foglie che giacevano al suolo e venivano irrimediabilmente calpestate dai suoi piedi.
Prima di uscire definitivamente dall'ateneo, decise di fermarsi un attimo in bagno per ammirare la sua immagine allo specchio. La Sakura che la guardava da oltre il vetro non sembrava essere il ritratto della felicità, naturalmente, né della completa sanità mentale. Strinse forte gli occhi e si sciacquò le mani, il contatto con l'acqua gelida la ridestò quel che bastava per intravedere, nel riflesso al suo fianco, Naruto Uzumaki che, come lei, si lavava le mani nel lavandino posto alla sua destra.
-Mi hai fatto spaventare!- gli disse quasi aggredendolo, portandosi una mano all'altezza del cuore. Sperò con tutta se stessa che Sasuke fosse già lontano da lì; sentì presto l'angoscia assalirla. Quella giornata avrebbe mai avuto una fine?
-Scusa! Sakura, giusto?- annuì perplessa davanti alla sua domanda, ma come? Dopo tre anni lui aveva dubbi su come si chiamasse? Era così anonima agli occhi dei suoi colleghi? Ingoiò l'ennesimo groppo amaro e gettò il fazzoletto con cui si era asciugata le mani, nel cestino posto di fianco a lei, cercando attraverso quel gesto di scaricare tutta la sua tensione.
-Hai da fare sta sera?-
-Cosa? No, niente, credo... Perché?-
-Al "Filo rosso" c'è una serata abbastanza interessante a dire il vero, avevamo pensato di andare insieme tutti noi colleghi del corso, tu che ne dici? Vieni con noi?- Sakura spalancò gli occhi incredula, sentendosi quasi offesa nel sentire quel tono. Lo faceva perché le faceva pena? Perché era taciturna in confronto a loro? O semplicemente perché aveva intravisto nei suoi sguardi la voglia di intavolare una semplice conversazione con il loro gruppo? Del resto era anche vero, forse Sakura sentiva disperatamente la voglia di sentirsi parte di qualcosa, una volta ogni tanto. Eppure non riuscì a cedere a quel suo desiderio di sentirsi più completa con qualcuno di fidato al suo fianco, non dopo aver appurato i suoi grossi limiti nell'intavolare anche una semplice conversazione.
-No, io non credo che farò in tempo. Mi sono ricordata che devo...-
-Non prendere scuse, Sakura, ormai è come se avessi accettato! Ti lascio il mio numero così ci organizziamo con i passaggi e con l'orario d'incontro, ok?- prendendo un pezzo di carta le scrisse velocemente - e con una grafia discutibile - il proprio recapito telefonico.
-Scappo adesso, mi raccomando, non tirarti indietro!- dopo averle donato un foglio umido e spiegazzato tra le mani, con una pacca non propriamente delicata l'aveva salutata allontanandosi con una corsa veloce.
Non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo o di rifiutare quell'insolito e inaspettato invito, che il ragazzo aveva preso il largo, lasciandola nuovamente sola in quel bagno. Ovviamente lei era "sola" fisicamente: i suoi pensieri avevano cominciato a farsi più presenti e opprimenti di prima, nonché più confusi e altalenanti.
Andare ad una serata organizzata da persone con cui scambiava giusto un saluto la mattina e poi basta, non era una cosa che la rassicurava; si sarebbe di certo annoiata in mezzo a tutte quelle persone che avevano imparato a conoscersi in tre anni. Ma dopotutto, lei, durante tutti quei mesi in cui i suoi colleghi erano diventati amici tra di loro, dov'era? Chiusa nel suo guscio, nella sua bolla, aveva visto da lontano gli altri crescere, sbagliare e imparare dai loro stesi errori, ma lei? Lei non si era mossa di un solo millimetro dalla sua posizione, che avrebbe dovuto fare al Filo rosso insieme a quel gruppo affiatato?
Ci sarebbe stato anche Sasuke, era quasi scontato e prevedibile, così prevedibile da rasentare il ridicolo.
Sbuffò sentendo lo stomaco contorcersi.
Non si volle nemmeno interrogare sul motivo che la spinse, nonostante tutti i suoi pensieri contrari, a conservare quel biglietto piuttosto che buttarlo nel cestino dietro di lei.
Quella giornata non l'avrebbe dimenticata con facilità.

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La descrizione di un attimo
FanfictionAU Sasu/Saku (con accenni Naru/Hina). La vita universitaria, alcune volte, cela dietro la promessa di libertà e indipendenza un antro di insicurezze e paure. Se si è abbastanza fortunati, sul proprio cammino si incontrano le persone giuste con cui p...