Capitolo IV

273 29 134
                                    

Appena si guardó in giro, ringraziando di essersi ripresa da quello spavento, Faya si pietrificó.
Coloro che li avevano assaliti erano ancora lì, ma di loro adesso non era rimasto altro che cadaveri smembrati, sparpagliati e immobili.
Le sette teste avevano tutte gli occhi sbarrati dall'orrore e si trovavano riverse in pose inusuali, spesso con il collo spezzato. Le ossa rotte avevano scomposto tutti i loro arti: uno aveva le ginocchia ripiegate sotto il busto, un altro aveva le braccia tutte storte e attorcigliate dietro la schiena.
Dai loro corpi così contorti e dinoccolati, sembrava che avessero fatto un volo di parecchi metri dall'alto, per poi rischiantarsi sul suolo.
Il loro capo giaceva al di sopra di una roccia. Della sua faccia rimaneva solo poltiglia e il suo ventre, squarciato di netto, aveva tutti i visceri completamente esposti.
Qualcosa aveva sradicato i due alberi più vicini; le fronde che prima svettavano in alto, maestose, erano state abbattute, mentre le loro radici erano state estirpate dal terreno, intere.
La ragazza inizió a sudare freddo.
"Deve essere stato un fulmine... Per forza...", cercó di spiegarsi, impressionata da quel disastro.
Ma proprio in quel momento, un colpo di tosse la distrasse da tutto il resto.
Eschiel aveva appena riaperto gli occhi.
Con tutta la cura possibile, lei lo aiutó a sollevarsi. Schivando con prudenza quei corpi dilaniati, con l'oscurità purtroppo sempre più fitta, i due ripresero la via di casa, procedendo con enorme fatica.
Giunti al villaggio, in molti accorsero in loro aiuto, vedendoli in grosse difficoltà.
Ed Eschiel, preso immediatamente in braccio dal signor Bekeris, non tardó molto a perdere di nuovo i sensi. L'emorragia non dava segno di fermarsi.
Faya, invece, decise di andare a chiedere aiuto alla nonna, e così inizió a correre nella sua direzione.
La vide passeggiare nervosa sul porticato esterno, avanti e indietro, mordendosi le mani. La stava aspettando e qualcosa, già prima che avesse potuto parlarle, la stava preoccupando terribilmente.
Aveva i capelli grigi, raccolti al di sotto di un fazzoletto rosso, e un grembiule blu a proteggere i vestiti, da tutti gli schizzi di unto che si sollevavano mentre cucinava. Sembrava una signora molto debole per la sua età parecchio avanzata, ma in alcuni momenti ritrovava un'energia tale, da lasciare stupiti in molti, come se la conservasse gelosamente per le occasioni più importanti.
Proprio allora, infatti, vedendo la nipote arrivare, anche nonna Melil si affrettó ad andarle incontro, chiamandola, disperata e con l'espressione del viso sconvolta.
"Faya! Bambina mia!"
Ma la ragazza non aveva più forze per parlare, perció la donna la strattonó con veemenza per farla reagire.
Di certo non era conosciuta dai vicini per i suoi modi eleganti e gentili.
Poi, cominció a ispezionarla dai piedi alla testa per vedere se fosse ferita, e quando la sua attenzione si fissó sul collo, non riuscì a fermarsi nel reprimere un sussulto di spavento.
Le sue dita si portarono subito alla bocca per tapparla.
"Mi hanno strangolata...", disse a quel punto Faya, "Eschiel è in fin di vita. Nonna, aiutalo! Io non so come..."
Il suo tono era monocorde, rauco e lontano. Sembrava che quelle parole non provenissero nemmeno da lei, che aveva avuto sempre una voce chiara e perentoria.
"Faya, che cosa hai fatto!", chiese Melil a labbra strette e tremanti.
Ma lei non rispose.
"Abbiamo sentito un forte boato. Come se fosse scoppiato qualcosa... Si è accesa una luce in mezzo alla foresta. La signora Phenrir ha visto il fusto dei suoi ulivi piegarsi in due nel suo giardino..."
La testa della ragazza cominció a girare, ma lei restó catatonica, continuando solo a sillabare richieste d'aiuto per Eschiel.
"Nonna... Ti prego..."
La sua bocca le articolava solo, ormai, senza partorire più alcun suono. Con le palpebre aperte, rimase a fissare il vuoto per lunghi istanti, come ipnotizzata.
Era in uno stato di shock.
Nel vederla poi piangere, senza che nemmeno un muscolo del suo viso si muovesse, la nonna rimase troppo impressionata. Così, raccolte tutte le forze necessarie, le molló uno schiaffo in piena guancia, nel tentativo di farla tornare lucida.
Solo allora, lei sembró riprendersi, almeno un pó.
"Ci avevano circondati... Credo sia caduto un fulmine dal cielo. Li ha ammazzati. Ma a noi, no... Noi salvi"
"No, Faya. Voglio sapere cosa hai combinato tu! Mi capisci quando ti parlo?"
"Eschiel era ferito. E io... Io... Volevo solo che loro non gli facessero altro male... Non dovevano più toccarlo... Poi non ho visto più niente..."
Melil sospiró.
"È giunto il momento... Finalmente..."
Nonostante non fosse ancora perfettamente in sè, Faya rimase parecchio stranita da quelle parole.
La nonna, tenendosi una mano tremante sul cuore, mandó un bacio verso le stelle, emozionata. Poi corse a casa a prendere degli intrugli medicinali, e con la nipote sotto braccio, si avvió subito a dare supporto al ragazzo.

Thranduil's ProphecyWhere stories live. Discover now