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La porta della cucina si aprì ed entrò Hannah con un cesto di rose.

"Quante!" esclamò Elias. "Ne ha lasciata qualcuna anche in giardino o le ha colte tutte?"

"Fuori ce ne sono più che abbastanza! Ma se aspettiamo ancora un po' il giardino diventerà una giungla."

"Lo so, ci pensavo anch'io qualche giorno fa. Bisognerà chiamare Jud Phelps perché tagli l'erba."

"Jud Phelps? Pensavo che l'avrebbe fatto lei, signore, come sempre!"

Elias prese un bocciolo e lo accarezzò con un dito.

"Non me ne importa più niente del giardino. Prima lo curavo perché piaceva a Michael, perché se ne stava seduto ore sotto il portico a guardare le piante e le aiuole e a studiare i colori, ma ora..."

Hannah, che stava tagliando i gambi, posò le forbici sul tavolo con tale forza che Elias sussultò.

"Mi stia bene a sentire! È da due mesi che il signor Michael non c'è più ed è ora che lei esca dal suo guscio e ricominci a vivere. Non mi guardi in quel modo! Lo so anch'io che non sarà facile, ma continuare a pensare a suo marito non lo riporterà in vita. Deve provare, piano piano, giorno per giorno, a vivere per sé stesso. Lo so che gli manca. Manca anche a me, se è per questo! Ma siamo qui per andare avanti, non per lasciarci morire anche noi! Lui questo lo sapeva bene, e ci ha insegnato a spremere la vita come un limone, a vivere ogni giorno fino in fondo, intensamente, senza lasciarci scappare niente. Lui viveva così, e non concepiva nessun altro modo di stare al mondo.

Hannah tacque riprendendo fiato ed Elias lo guardò stupefatto: da quando Michael si era aggravato, la governante era stata uno zuccherino, gentile, sempre pronta ad ascoltare i suoi lunghi sfoghi, ad asciugare le sue lacrime, a rendergli meno difficile continuare a vivere. Per dieci lunghe settimane era stata la sua ombra, non l'aveva abbandonato per un solo istante, e ora invece lo sgridava. Lo sgridava! O forse lo stava solo riportando alla realtà. Elias era ancora stordito da quel lungo discorso quando suonarono alla porta.

"Vado io." Disse, contento di non dover rispondere.

Nell'attraversare l'ingresso si lisciò meccanicamente i pantaloni e scostò i capelli dalla fronte ma quando aprì la porta e alzò gli occhi quel po' di colore che gli era tornato sulle guance svanì e lui guardò attonito i due occhi verdi che lo stavano fissando.

Non è possibile! pensò mentre un velo di nebbia gli offuscava lo sguardo. Con le poche energie rimaste andò a sedersi sulla panca di legno contro la parete e si aggrappò al bordo per non cadere. Un'allucinazione? Un brutto sogno? Una proiezione della sua fervida fantasia? C'era qualcuno che gli si stava avvicinando, qualcuno che gli prese un braccio e lo scosse leggermente, ma era come se stessero toccando il braccio di qualcun altro.

Anche Hannah, che aveva seguito Elias nell'ingresso, si fermò di colpo nel vedere l'uomo che era entrato, ma lo riconobbe subito. Senza neppure degnarlo di un saluto si diresse verso Elias e gli si sedette accanto mettendogli un braccio attorno alle spalle.

"Coraggio, caro, non faccia così!"

L'uomo rinchiuse la porta e si avvicinò alla panca.

"Come sta? Tutto bene?" domandò con freddezza.

Elias alzò gli occhi ancora appannati e corrugò la fronte cercando di mettere a fuoco il viso del nuovo arrivato. La presenza e la calma di Hannah lo rassicurarono. Se fosse stato davvero lui non sarebbe rimasto così tranquillo!

"Hannah!" disse l'uomo in tono brusco. "Mi risponda! Sta recitando una commedia o sta davvero poco bene?"

La governante abbandonò Elias per alzarsi di scatto.

Riamare di nuovoWhere stories live. Discover now