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Così, chiuso nel suo bozzolo, nessuno poteva turbarlo. Non lo faceva apposta! Il più delle volte non se ne accorgeva neanche, ma Eugene, glielaveva fatto notare e lui si senti un po in colpa. Alzò gli occhi sul suo viso, le guance infuocate e unespressione talmente tormentato che fu lui a sentirsi in difficoltà.

Scusami! dissero tutti e due insieme il gesto di prendersi per mano e per poco non riuscirono la coca cola di Elias.

Non volevo cominciò lui.

Invece hai ragione, Gene! È vero, faccio proprio come dici tu, ma per me ormai è talmente unabitudine che non me ne accorgo neanche più. Io non insomma, mi dispiace! Non è per colpa tua, credimi! Se me ne rendessi conto in tempo non lo farei, non con te almeno.

Elias si guardò di nuovo nervosamente intorno. Lo snack-bar era pieno di gente e cerano almeno dieci persone che conosceva di vista. Non gli andava che avessero assistito a quella scena ma daltra parte non avrebbe potuto evitarlo.

Elias, certe volte mi prenderei a cazzotti. Disse piano lui. Sono così crudele con te! Elias scosse la testa con vigore.

Sei matto? Passami un tovagliolo di carta, per favore.

Lo usò per asciugarsi una lacrima ribelle che, nonostante i suoi sforzi per trattenerla, gli si stava affacciando a una palpebra.

Non mi dire che ti ho fatto piangere. Mormorò lui sconsolato. Elias, mi devi perdonare!

Ti perdono, ma non fare più quella faccia disperata! È per quello che sto piangendo, non per le cose che mi hai detto prima. Abbiamo tutti gli occhi puntati addosso. Stasera si dirà in giro che ho avuto un crollo di nervi proprio in uno snack-bar che disastro!

Non ci sta osservando nessuno, Elias. Sono tutti troppo occupati a mangiare per accorgersi di noi.

Elias annuì e si guardò di nuovo intorno, Eugene notò che il viso di Elias anche dopo aver pianto restava carino come sempre, solo che il grigio degli occhi assumeva una tonalità argento vivo.

Allora, mi perdoni? gli domandò.

Oh, Gene! Smettila, ti prego, altrimenti mi verrò ancora da piangere! rispose Elias con un sorriso.

Adesso cerco di mangiare qualcosa. Anzi, dimmi che cosa vuoi, te lo vado a prendere.

Va bene questo. Disse lui riprendendosi il piatto e mettendosi in bocca una forchettata di lasagne.

Si passò la lingua sulle labbra per togliere ogni traccia di besciamella, poi passò al secondo boccone. Eugene lo vide e trovò il piccolo gesto furtivo così sensuale che lo stomaco gli si bloccò e tutta la sua fame andò a farsi benedire, ma continuò lo stesso a mangiare perché non voleva che Elias si preoccupasse per lui se la prendesse con sé stesso per averlo fatto arrabbiare. Se gli avesse visto di nuovo quel tormento negli occhi per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato.

Vai a prendere qualcosa di dolce da portare via. Propose lui quando ebbe finito. Possiamo andare un po al parco, qui in fondo alla strada.

Sei sicuro? Pensavo che volessi trovare subito a casa se lo fai per me, Elias

No, ci voglio andare. Devo dirti alcune cose.

Eugene lo scrutò cercando di capire se sarebbero state cose belle o brutte, poi si alzò e si avviò di nuovo al banco. Tornò con due coni gelato e uscirono insieme incamminandosi verso il parco.

Finirono il gelato su una panchina, poi lui si alzò per buttare il suo tovagliolino di carta nel cestino dei rifiuti. Quando si rimise a sedere cominciò a parlare senza esitazione. Solo più tardi si sarebbe reso conto di quanto era facile, più facile ancora che con Michael.

Gli raccontò i punti salienti della sua infanzia, spiegandogli da dove arrivava quella sua abitudine di chiudersi in sé stesso e tirare fuori gli aculei.

Quando ebbe finito attese qualche secondo in silenzio, poi alzò gli occhi per guardare Eugene. Lui gli passò un braccio dietro le spalle e lo strinse a sé.

Grazie per avermi raccontato tanto di te.

Gli sorrise.

Volevo che tu capissi, Gene!

Ora mi è tutto chiaro.

Elias gli appoggiò la testa sulla spalla.

Se lo faccio ancora. Gli disse, ti autorizzo a picchiarmi.

Lui gli bacio i capelli.

Sai bene che non lo farei mai, fratellino

Non parte. Piano, piano.

Se insisti farò in segnale.

Elias non osò guardarlo negli occhi. Lo sentiva vibrare come una corda di violino e temeva di leggervi ciò che vi aveva letto quella notte ai piedi della scala: passione.

Quanto a Eugene, se la tensione era quasi palpabile era perché si stava trattenendo a stento a sollevargli il viso e baciarlo appassionatamente sulle labbra.

Dopo un po si alzarono e tornarono dove avevano lasciato la macchina. Elias Salì e lui gli allacciò la cintura di sicurezza.

Riamare di nuovoWhere stories live. Discover now