CAPITOLO IX

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Rumore. Assordante rumore di metallo che sbatteva contro altro metallo. Fu svegliato di soprassalto da quel torpore tormentato che lo aveva avvolto. Appena la realtà lo strappò dal sonno, il mal di testa si risvegliò lancinante e lo stomaco iniziò a reclamare cibo che da troppo tempo non mangiava.

«Capitano in seconda della Regina del Sud, affondata qualche giorno fa da una nave pirata. Siete l'unico sopravvissuto. Come vi sentite?» aprì gli occhi a fatica e tentò più volte di mettere a fuoco la figura scura che lo stava sovrastando. Provò a mettersi seduto, trascinandosi e appoggiando la schiena contro il muro alle sue spalle. Si guardò intorno: era in una cella buia e lercia. Il soldato della Marina davanti a lui aveva un ghigno disgustato. Spostò un piede e si rese conto di essere incatenato.

«Cosa è successo?» biascicò quella domanda ancora mezzo intontito, ma poco dopo aver pronunciato quella frase, ricordò: la ragazzina. Erano salpati e dopo quasi un'intera giornata di viaggio avevano incontrato i pirati.

«Siete stato arrestato. Ecco cosa è successo», il soldato rise sarcastico. «Tra le poche carte che sono state recuperate dalla vostra nave, ce ne sono alcune molto interessanti su un accordo per una cassa di gioielli. Gioielli di contrabbando. Dunque siete accusato di essere un contrabbandiere e per questo verrete condannato, ma prima di ciò voglio sapere quale nave pirata vi ha attaccati.»

«Non lo so», scosse la testa, ancora confuso. Sebbene con pastosa lentezza, la paura si stava facendo largo nel suo petto. Rischiava il collo e rimanere in prigione a vita non sarebbe stato meglio. Erano posti luridi e tetri, in cui si contraevano con facilità le peggiori malattie e, se non erano quelle ad ammazzarti, ci pensava una rissa. Il soldato non sembrò molto sorpreso dalla risposta, stava per andarsene e lasciarlo solo con la guardia alla porta.

«Aspettate!» alzò una mano senza avere la forza per alzarsi e inseguire l'uomo.

«Parlate in fretta», il soldato si girò irritato. Lo riteneva un semplice criminale con il quale non voleva perdere tempo.

«Potrei avere delle informazioni per voi molto preziose, più di quanto possiate immaginare, ma voglio un accordo: voglio la libertà», il soldato rimase zitto a osservarlo. Forse non credeva che potesse avere informazioni tanto utili, ma forse era proprio quella notizia inaspettata a non averlo ancora fatto andare via.

«Quali informazioni mai potreste avere in possesso, voi, un vile ladro, che possano valere tanto da darvi la libertà?» l'uomo fece qualche passo avanti, avvicinandosi una seconda volta a lui. Si abbassò alla sua altezza e aspettò una risposta.

«Non solo informazioni, potrei anche esservi d'aiuto in prima persona. Credo però che un nome basterà a convincervi: Sari Blackrose», il soldato sgranò gli occhi dalla sorpresa. Era di sicuro la maggiore ricercata in quel momento. Lo vide tirarsi su e uscire in fretta da lì. «Dove andate?» provò a chiedere informazioni, ma la guardia fuori dalla cella chiuse la porta e fece finta di niente. Attese con impazienza, pensando di aver esagerato, forse non avrebbero accettato e lo avrebbero torturato per ottenere quelle informazioni. Dopo un po' il soldato ritornò accompagnato da un ufficiale.

«Mi è stato detto che avete delle informazioni su Sari Blackrose. Sapete di avere l'obbligo di dire tutto, o il vostro tacere sarà preso come intralcio alla giustizia?» l'uomo spiccava in tutto quello sporco per la divisa chiara. Non si era avvicinato, parlava dalla porta, sperando forse di risolvere la questione in breve tempo.

«Non ho detto di avere solo informazioni. Ho detto che posso esservi utile e per i miei servigi chiedo in cambio la libertà.»

«Sentiamo prima se le informazioni valgono la pena di scomodarsi, non servirà a niente protestare: se volessimo potremmo strapparvele anche con la tortura», lo guardò dritto negli occhi e capì che non stava minacciando a vuoto. Annuì e si sistemò meglio contro la parete.

«Ci è stato chiesto di imbarcare un mozzo con noi, in realtà era una fuggitiva. Dovevamo solo darle un passaggio fino a destinazione. Era la ladra. Ne sono sicuro», si affrettò a prevenire ogni domanda. «Se non avete trovato il suo cadavere tra i resti della nave è possibile che sia stata fatta prigioniera e vi dirò di più, forse potrei sapere chi è che ci ha assaltati.»

«Avevate detto di non ricordare!» il soldato fece un passo avanti, minaccioso, ma l'ufficiale lo bloccò.

«Chi?» aveva di certo attirato l'interesse dell'uomo, forse tutto sommato poteva ancora sperare.

«La Zanna della Sirena. Alec Morel ci ha assaltati», quelle parole calarono nella stanza come piombo in mare.

«Così vicino alle coste. Quel pirata si sta facendo sempre più ardito ogni anno che passa.» l'ufficiale bofonchiò preoccupato.

«Si dice essere diventato uno dei pirati più temuti e spietati che ci sia in circolazione», sorrise mostrando il buco del dente mancante, doveva averlo perso durante la lotta. «Potrò esservi molto utile, se mi consentirete di servirvi», mantenne il sorriso. Non era così sicuro di sé come lasciava intendere. Aveva una paura folle della prigione e della ghigliottina. L'ufficiale lo osservò torvo e fece un cenno alla guardia che lo liberò dalle catene.

«Vi sono debitore», si alzò con fatica, sorreggendosi al muro.

«Oh sì che lo siete», l'ufficiale gli rispose e uscì dalla stanza.

La ladra e il pirataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora