Sari non seppe neanche quanto tempo passò chiusa lì sotto. Non c'era spiraglio che potesse darle un segno dei giorni che passavano, persino il cibo, le veniva dato in maniera irregolare lasciandola ad aspettare a digiuno o almeno così le parve. A scandire il tempo c'era solo il rollio del galeone a volte a stento percettibile, altre così forte da obbligarla a rintanarsi in un angolo della cella per non farsi male. Aveva passato lì sotto tre tempeste, ma quanto fossero durate o quanto fosse trascorso tra l'una e l'altra non lo avrebbe saputo dire. Quella nave era così imponente e le celle così in profondità che nessun rumore le raggiungeva, eccetto la stridula litania di scricchiolii che accompagnò il suo viaggio.
Non aveva pronunciato parola da quando si era risvegliata su quella nave. Era rimasta chiusa in un ostinato silenzio, senza parole da dire o qualcuno a cui dirle. Temeva che a parlare sarebbe divenuto tutto più insostenibile, come se la sua voce, fosse l'unica prova tangibile che lei fosse veramente lì, che quella fosse la realtà.
Il rollio della nave cambiò ancora, ma capì che non era per una tempesta o per una bonaccia, avevano cambiato manovra. Sentì scricchiolii più intensi risuonare dal soffitto e quella volta, qualche voce flebile la raggiunse incomprensibile. Attese incapace di ignorare ciò che stava accadendo intorno a lei. Nonostante il velo di rassegnazione che si era forzata a mettersi addosso, continuava a esistere quella parte di sé che voleva lottare e che non accettava quella fine, così ingiusta.
Sentì i passi calpestare i gradini della scala e capì che erano venuti a prenderla. Due guardie la raggiunsero e aprirono la cella come già altre volte avevano fatto.
«In piedi», l'ordine le arrivò perentorio. Si sollevò a fatica, le gambe indebolite dal digiuno e dall'immobilità la reggevano a stento. Porse loro i polsi e lasciò che la ammanettassero. Lo sguardo le cadde sul pugnale della guardia. Se solo non fosse stata così stanca e malconcia avrebbe di certo avuto i riflessi giusti per afferrarlo e uccidere entrambi gli uomini.
«Andiamo», l'altro marinaio la spintonò per farla muovere.
La scortarono fino al ponte di coperta, dove la luce biancastra di un cielo coperto le ferì gli occhi. La spinsero per farla proseguire e così fece parte della strada alla cieca. Attraversarono il ponte e la guardia la sollevò per farla salire sulla passerella. Scese a passi incerti, sorretta dalla presa salda dell'uomo. Quando riaprì gli occhi, davanti a lei vide un porto. Scese sul molo senza poter togliere gli occhi dal carro blindato a poche braccia da lei.
La accompagnarono fino al retro, dove le ante in legno rivestito di ferro la attendevano già aperte. Quando tentarono di sollevarla per caricarla sul mezzo, i suoi piedi si impuntarono e il suo corpo oppose resistenza, senza neanche aspettare che la sua mente se ne rendesse conto. Quella piccola parte di lei ancora resisteva, irriducibile e stolta.
Era però troppo debole e i soldati non ci misero molto a bloccarla e a spingerla dentro. Cadde ginocchioni sulle assi lorde e grezze, i palmi percepirono le schegge. I portelloni si chiusero dietro di lei, lasciandola sola in un buio ancor più profondo di quello della stiva. Il carro prese a muoversi e la spinta degli animali la fece ruzzolare su una spalla.
Rimase accasciata sul pavimento così come era caduta, finché il braccio non prese a formicolarle. Si tirò su e posò la schiena contro una delle pareti. Era iniziato il viaggio verso l'entroterra. Ne era certa. La meta era ignota, ma suppose che fossero diretti alla capitale.
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La ladra e il pirata
FantasyUna ladra e un pirata. Un amuleto simbolo della casata reale scomparso e una ricerca folle per dimostrare la paradossale innocenza della ladra e per soddisfare la sete di ricchezze del pirata. Un'avventura che si districa attraverso false promesse e...