Lo Spezzacuori

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Il mio cupo rimuginare sul favore richiesto da Alastair fu interrotto da un cameriere giovane e attraente, che iniziò a servire dessert profumati di fiori in ciotole ricavate da foglie di banano.

Affondai il cucchiaino nella coppa di dolce che mi era stata servita e, assaporando quello che sembrava una sorta di semifreddo alle violette, osservai divertita la sfrontatezza con cui il Principe Morven si approcciava ad una bella cameriera.

La giovane ragazza era immobile di fianco ad una colonna, con le mani incrociate dietro la schiena, stretta in una divisa azzurro cielo molto succinta, che avvolgeva alla perfezione i suoi seni floridi. Come vide il Principe avvicinarsi a lei, un timido sorriso le spuntò sulle labbra, e il suo colorito si fece più roseo; i due si scambiarono qualche parola e vidi la ragazza ridacchiare imbarazzata, come una scolaretta alla sua prima cotta.

Morven le scostò gli scuri capelli dietro l'orecchio e le si avvicinò ulteriormente, come se volesse sussurrale qualche segreto intimo... poi le affondò i denti nel collo.

I suoi canini penetrarono la pelle della ragazza come se fosse fatta di burro, e lei socchiuse gli occhi con espressione rapita.

Sussultai e il cucchiaino mi sfuggì dalle dita, sbattendo contro il ripiano del tavolo e tintinnando sonoramente.

Mi guardai intorno e, dal modo in cui le altre fate parevano non fare nemmeno caso ai denti di Morven infilzati nella giugulare della ragazza, compresi che ciò che stava accadendo era la normalità, in quel mondo.

«A Roma come i romani, Rowan» mi ripeté all'orecchio Labhraidh, il quale aveva compreso alla perfezione il mio stato d'animo.

Strinsi i denti e, con un profondo respiro, distolsi lo sguardo... giusto in tempo per vedere un'altra ragazza, dalla pelle pallida come la luna e con una liscia chioma rossa ramata, avvicinarsi al vichingo.

Il Principe Domhnall le fece un impercettibile cenno con la mano e lei si sedette docilmente sulla sua coscia, adagiandosi contro il suo torace con la schiena.

Le dita del vichingo scivolarono sulla sua gola, e in quel momento mi sembrò di percepire le dita di Finvarra sulla mia pelle.

La ragazza fremette e, quando Domnhall si chinò su di lei con i canini esposti, un sospiro spezzato sfuggì dalle sue labbra, quasi come se... quasi come se lo desiderasse.

Il calore mi affluì alle guance e il mio collo bruciò come il fuoco laddove sapevo vi fossero ancora le pallide cicatrici delle zanne di Finvarra, le quali mi avevano morsa nel Regno Sotterraneo.

Iniziarono a ronzarmi le orecchie e mi ritrovai ad annaspare in cerca d'aria, con la gola chiusa e incapace di respirare.

Gli occhi neri del Principe, scuri come la notte, scuri come le iridi di Finvarra, si fissarono nei miei, ed egli affondò i canini nel collo della ragazza.

Il sangue rosso sgorgò e macchiò le labbra del vichingo, e la ragazza si abbandonò completamente contro di lui, socchiudendo le palpebre con estasi.

Sentii distrattamente Labhraidh stringermi le dita, ma in quel momento tutta la mia attenzione era focalizzata sul sangue rosso che sgorgava lento dalla ferita al collo della ragazza. Osservai il modo in cui la bocca del Principe raccoglieva le gocce vermiglie e mi sentii tremare.

«Andiamo a ballare» la voce di Labhraidh raggiunse il mio subconscio, e percepii il mio migliore amico strattonarmi per un braccio.

Mi riscossi e strizzai gli occhi, cercando di non inciampare mentre lui mi trascinava verso il centro della sala, dove una piccola orchestre di arpe, flauti e violini aveva da poco iniziato a suonare un'antica melodia celtica a me sconosciuta.

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