Maledetti pt.2

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Rotolai sul pavimento e sollevai lo sguardo sull'umana: «C'è una porta sul retro?» le urlai, cercando di scuoterla dal gelido terrore che le aveva sbiancato il volto e congelato gli arti.

I suoi verdi occhi vitrei scesero lentamente a guardarmi e, rialzandomi rapidamente, la squassai per le spalle: «Un'uscita secondaria? Una finestra, o una porta?» la incalzai.

La donna parve riscuotersi dal torpore in cui era caduta: «S-sì c'è» mormorò, dirigendosi a piccoli passi oltre la soglia.

«Forza, forza!» incalzai tutti gli altri, afferrando Rìan per un braccio e trascinandolo con me dietro alla vecchia.

Agghiaccianti rumori di unghiate mi confermarono che il Maledetto che ci aveva trovati stava cercando di entrare nel piccolo appartamento, arrampicandosi sul muro per cercare di entrare attraverso i vetri frantumati della finestra.

Accelerai il passo e mi addentrai nel buio delle stanze della casa, tenendo d'occhio in modo ossessivo la testa castana di Labhraidh, nel cuore un bisogno viscerale di tenerlo al sicuro.

Entrammo in una buia camera da letto e vidi l'umana armeggiare con la maniglia di una finestra. Un gelido vento che odorava di temporale mi sferzò il viso quando la finestra fu aperta, ed io lasciai la presa sul braccio di Rìan per andarmi ad affacciare.

Un paio di metri sotto di me vi era una strada ciottolata, illuminata tenuamente da un lontano lampione che pareva soffocare nell'oscurità del vicolo.

«Grania, vai» imposi alla donna in un sussurro, ma i suoi occhi castani si posarono su Rìan, come se fosse in attesa della sua conferma per eseguire il mio ordine.

Rìan annuì: «Controlla la strada, noi ti seguiamo appena ci confermi che è sicuro» disse ed io sbuffai, stanca di non essere mai presa in considerazione.

Non appena Grania saltò oltre gli infissi della finestra io mi girai verso la porta della stanza e, silenziosa come un gatto, mi accostai allo stipite. Vi fu una manciata di secondi in cui fu tutto tranquillo, con solo ringhi e gemiti soffocati che provenivano da lontano, ma poi l'assordante rumore di altri vetri rotti mi fece correre un brivido di terrore lungo la schiena.

Chiusi silenziosamente la porta e mi voltai verso i miei amici: Rìan e Labhraidh erano gli ultimi rimasti nella casa. Con l'adrenalina che scorreva veloce nelle arterie, spinsi il mio migliore amico verso la finestra, facendogli chiaramente capire che era imperativo fare in fretta.

«Sono subito dietro di te» sussurrai, e lui saltò.

Un fracasso di mobili rotti provenne da appena dietro la porta chiusa.

«Andiamo, Rìan» richiamai l'uomo e, senza farselo ripetere due volte, lui mi afferrò una mano e insieme saltammo dalla finestra, proprio mentre il Maledetto sfondava la porta della camera.

«Correte, via!» urlò Rìan, ed io non ebbi nemmeno il tempo di guardarmi alle spalle che mi ritrovai trascinata lungo il buio vicolo della città, con la mano di Rìan stretta come una tenaglia attorno al mio polso.

«Cazzo!» sentii il grido di Grania intriso di paura e, guardando avanti, mi si ghiacciò il sangue nelle vene: una figura deforme attendeva immobile al centro della via, la sua pelle grigia cadaverica illuminata debolmente dalla giallastra luce di un lampione. I suoi arti erano lunghi e sottili e c'era solo pelle sulle lunghe ossa deformi, come se la creatura si fosse mummificata nel tempo, mentre il suo viso... il suo viso non esisteva più: pelle grigia e grinzosa pendeva al posto degli occhi e il naso non era costituito da altro che due lunghe fessure serpentesche. L'unico elemento vagamente riconoscibile era la bocca, che occupava letteralmente metà faccia della creatura ed era irta di denti aguzzi affilati come rasoi, disposti in una doppia fila come negli squali.

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