Prologo

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Perché alla fine

non tutte le cose che nascono negative

crescendo continuano ad esserlo.

«Rebecca, da questa parte!» un insieme di voci mi riportarono alla realtà, nonostante sperassi di essere seduta tranquilla sul mio divano a mangiare qualche schifezza come sgarro settimanale, mi trovavo ad un evento di beneficenza sostenuto dall'azienda per la quale lavoravo: la Young's Agency.

Ogni anno Claire Young, il mio capo, si occupava di organizzare un evento benefico in collaborazione con un'agenzia no profit qualunque per fare pubblicità alla nostra azienda, e quest'ultima ci obbligava a presenziare ad ogni costo. Anche in caso di malattia o qualsiasi altra cosa fosse stata la nostra scusa. Questi eventi erano una vera noia mortale, iniziavano alle sette di sera con un calice di Champagne, per poi passare tutto il resto della serata a parlare con ricchi e potenziali investitori che avrebbero fatto al caso nostro, ed infine la mia parte preferita, si concludeva il tutto prendendo la limousine e tornando da qualsiasi parte tu fossi venuto. Insomma una vera e propria tortura.

«Becca, mi stavi ascoltando?» mi chiese Holly, la mia migliore amica, ci conoscevamo dai tempi del primo giorno d'asilo e da quel momento non ci eravamo mai separate, persino quando avevo avuto la mia prima offerta di lavoro come fotomodella lei era al mio fianco, da ancor prima del mio primo casting ad oggi lei è sempre stata la mia fan numero uno, le devo tutto. Lei lavorava nello stesso posto in cui lavoravo io, solo che era stata assunta come giornalista, il sogno di tutti poter lavorare con la propria amica del cuore.

«Si certo, stavi parlando di quel vecchio del signor Jacobs» dissi cercando di convincere più me che lei.

«No, non mi stavi ascoltando. Quello era prima, adesso ti stavo parlando di quel fico di Aaron Webster» appena udì quel nome mi andò di traverso il quinto calice di champagne che stavo bevendo quella sera.

«Aaron sonolapopstarpiùfamosaalmondo Webster è qui?» probabilmente urlai un po' troppo perché attirai l'attenzione delle persone che erano attorno a noi.

«Calmati Becca, oppure ci farai scoprire.» non fece in tempo a dire.

Parli del diavolo e spuntano le corna, così si diceva no?

Qualche istante dopo ed eccolo lì con tutto il suo fisico maestoso messo in risalto dalla camicia aderente. Holly aveva dei bei gusti, questo era innegabile. La mia migliore amica era rimasta ammaliata dai suoi occhi castano scuro dalla prima volta che l'aveva visto, come un colpo di fulmine, stessa cosa per lui o almeno supponevo, ogni volta che si incontravano a qualche evento scomparivano per qualche ora e Holly tornava con un sorriso a trentadue denti. Sarebbe successo anche questa volta.

«Ragazze! Rebecca» disse in modo calmo «Olivia» disse in modo decisamente meno calmo ma soprattutto pieno di desiderio.

«Aaron, qual buon vento ti porta qui?» chiesi io dato che la mia compagna di avventure sembrava essersi tramutata in una specie di statua.

«Volevo chiedere a Olivia se volesse concedermi un ballo» poi continuò spostando lo sguardo su di me «sempre se per te non è un problema.»

«Nessun problema, anzi avevo intenzione di andare a casa per riposarmi un po'.» dissi tranquillamente, in realtà ero ben felice di liberarmi di Holly, con tutto il bene che le si possa volere, ma ancor più bene, in quel momento, volevo al mio comodissimo letto.

Holly mi si avvicinò e mi disse con voce bassa per far sì che nessuno la sentisse oltre a me «Becca ma sei sicura? dovevamo andare a casa assieme» al che le ribadì che non c'era nessun problema e che doveva soltanto divertirsi, non le diedi il tempo di ribattere che mi allontanai verso l'uscita.

Era tarda notte di un qualche giorno di settembre, l'estate era appena finita e la prima cosa che scorsi fu proprio la leggera brezza, una cosa stava a significare: da lì a qualche mese sarebbe tornato l'inverno.

Ho sempre amato l'inverno, avevo iniziato ad apprezzarlo ancora di più da quando mi ero trasferita qua a New York, ho sempre pensato che la neve la facesse diventare una città magica, degna di essere visitata almeno una volta nella propria vita.

Da lì a qualche minuto arrivò il mio autista con la macchina, lo salutai e salì nei sedili posteriori, come di mia abitudine. Mi sistemai meglio, mi sarebbe aspettato un lungo viaggio, casa mia si trovava dalla parte opposta di Manhattan dalla quale si trovava l'evento benefico.

Appoggiai la testa al finestrino e il mio sguardo finì sui grattacieli e sulle persone che mi circondavano, ormai era diventata un'abitudine questa vista, avevo passato così tanto tempo con questo panorama attorno che il mio sguardo ormai dava tutto per scontato, aveva quasi perso quella magia che mi aveva fatta innamorare di questa città. 

Con un'occhiata più attenta vidi numerose scene: da un uomo di mezza età che camminava verso un bar ad una povera donna spaventata di tornare da sola a casa, certo New York aveva dei lati negativi ed era innegabile, come il traffico e la criminalità, ma nonostante quest'ultimi non avrei mai smesso di amarla. Forse a farmela adorare in questo modo è stata proprio mia madre, che da giovane proveniente da un paesino disperso del Texas, aveva sempre visto questa grande città caotica come un sogno irrealizzabile.

E furono proprio quei grattacieli l'ultima cosa che mi ricordai di quella terribile nottata che mi rovinò la vita.

                                                                                                                                                                     

Spiacevoli InconvenientiWhere stories live. Discover now