Capitolo 2

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                                                                                                                                                    A volte succede per caso,

                                                                                                                                           mentre qualche  altra volta è 

                                                                                                                                                                   colpa del destino.

Una serie di bussi sempre più forti continuavano a provenire dalla porta e questa cosa cominciava a non piacermi per niente! Mi continuavo domandare chi fosse il maleducato che veniva a bussare a casa mia e non avesse neanche il minimo riguardo di aspettare qualche secondo che gli andassi ad aprire la porta.

Mi diressi il più veloce possibile alla porta cercando di mantenere la poca calma che mi era rimasta, ma prima di aprirla, mi avvolsi un foulard rigorosamente verde a pois bianchi attorno al viso, per far si di coprire la brutta cicatrice che tanto non sopportavo di vedere.

E mentre aprì la porta quasi mi arrivò un pugno in faccia, cercando per l'ennesima volta di mantenere la calma dissi «Lo sai vero che non sono sorda?» probabilmente, all'uomo che mi si trovò davanti  sembrai ugualmente acida e lo strano sconosciuto stette al mio gioco.

«Credevo preferireste il termine non udenti» con un sorriso sornione e lo sbuffo da parte mia, capì di averla vinta, o almeno per il momento.

«Dimmi strano sconosciuto cosa ti porta qui a darmi filo da torcere?» la risposta non tardò «Sconosciuto? Siamo vicini di casa da tre anni!»

«Impossibile, non ci abita nessuno lì, non ho mai visto né uscire e né entrare qualcuno.» A quel punto mi iniziai a preoccupare e iniziai a fare le peggiori teorie, molte delle quali affermavano che lo sconosciuto fosse uno stalker con intenzione di rapirmi -altrettante erano quelle in cui non ne sarei uscita viva-.

Mi guardai intorno velocemente e cercai qualcosa che potesse essere una valida arma, ma non trovai nulla e mi arresi al mio triste destino.

«Continuo a non crederti però non ho scelta se non chiuderti fuori per cui...» non feci in tempo a finire la frase che gli chiusi la porta in faccia, ben gli stava a quel rompiscatole.

Il piano improvvisato però non funzionò a lungo, qualche secondo dopo ripresero i bussi sul portone di casa.

«Vattene o chiamo la polizia» iniziai seriamente a preoccupare che fosse un malintenzionato, in fondo se ne sentivano di tutti i giorni di storie così a New York.

«Idiota ho la tua posta, il postino deve aver confuso le buchette» probabilmente il vicino stava incominciando a non sopportare più la situazione, ma ciò non avrebbe voluto dire che gli avrei creduto tanto facilmente «Non casco ai tuoi stupidi trucchi, maniaco!».

La lite andò avanti per altri buoni dieci minuti finchè l'uomo non disse una cosa che sicuramente non avrebbe potuto sapere se non avesse avuto realmente la sua posta «Se non mi credi qua c'è una cartolina da parte di una certa Nadia» era la mia adorata madre, così aprì immediatamente la porta e mi feci consegnare la posta. Pericolo scampato, a quanto pareva era veramente il mio vicino.

«Ci voleva tanto?» Stetti per rispondere ma fui interrotta da un urlo agghiacciante, che avrebbe fatto raggelare l'intero inferno.

Senza perdere tempo mi diressi in cucina, noncurante del fatto che lo sconosciuto mi seguì.

Lo scenario che mi trovai davanti fu un misto tra una commedia e un film dell'orrore, quando c'entrava Holly mai niente andava per il verso giusto.

Fortunatamente non fu il cadavere di Holly quello che trovai, ma al contrario quello che vidi non fu niente di buono, o perlomeno quello che intravidi. La stanza era completamente piena di fumo, tanto che l'unica altra cosa che percepii fu la mia amica che cercava di spegnere un pollo con uno strofinaccio. Come già detto una specie di scena tragicomica, sempre che tu non ti trovi in una situazione del genere.

«Tranquilla Becca ho tutto sotto controllo, un colpetto qui e uno lì e la situazione dovrebbe essersi sistemata» fu l'unica cosa che riuscì a dire insieme a qualche imprecazione.

Il misterioso ragazzo di cui ancora non sapevo il nome corse ad aiutare Holly, prese la teglia con il pollo dentro e la portò in balcone. Nel frattempo io e la cuoca provetta -si penso che da ora in poi la chiamerò così- spalancammo le finestre per arieggiare la stanza e non rischiare di morire a causa del fumo, insomma mi mancava solo questa e poi le avrei subite tutte.

«Ciao Noah, da quanto tempo? Vedo che sei tornato da Parigi» e iniziò così una conversazione che mi stupì e non poco.

«Sì, l'altro ieri. Avevo bisogno di tornare un po' dalla mia vecchia cara New York» rispose lui. Vecchia cara New York, ma come parla questo qui? neanche mia nonna di ottant'anni in sedia a rotelle si esprimeva così.

Ora che non ero più impegnata a discutere con lui, lo scrutai meglio. Non era molto più alto di me, sarà stato all'incirca un metro e ottantacinque, non di più e non di meno. Dalla leggera felpa che portava, riuscì a percepire leggermente i suoi muscoli. Non erano esagerati, pensai subito che erano perfetti per lui, così come la felpa blu che portava addosso. Se avessi voluto descriverlo con un colore sarebbe stata la tinta dell'indumento che portava, i suoi occhi erano di quel colore tanto intenso quanto leggiadro. Sì era sicuramente il blu, come l'oceano più profondo nel quale abbia mai nuotato. I suoi capelli al contrario davano un'idea di brillantezza, erano oro come il più luccicante che abbia mai visto, erano biondi come i miei ma i suoi vivevano di luce propria.

A contornare il suo viso dalla forma squadrata era presente un filo di barba, a prima vista non percettibile, ma dando un'occhiata più attenta si poteva notare come la sua presenza lo rendeva completo.

Mi accorsi che era un po' che stavo in silenzio a fissarlo, per cui presi subito parola all'istante.

«Mi prendete in giro?» poi mi rivolsi esclusivamente verso Holly «Come fai a conoscere questo tipo?» le chiesi piena dalla voglia di saperne di più, cercando però di farlo notare il meno possibile.

«Chi Noah? É tuo vicino di casa da tre anni!» rispose lei qualche secondo dopo.

«Grazie a Dio, finalmente qualcuno glielo ha detto» il suo tono sembrò un po' offeso dal fatto che io non fossi a conoscenza che lui abitasse letteralmente nell'appartamento di fronte, poi continuò: «Quando eri appena arrivata qua, ti avevo anche aiutata con le valigie».

«Non credo, anzi sono sicura che non sia andata così» risposi un po' incerta, ma cercai di sembrare il più sicura possibile.

«Invece ti dico che è così» alzò di un po' la voce. «Invece io ti dico che non è andata così» alzai ancora di più la voce.

«Ti posso assicurare che invece l'ho fatto!» sentendo queste parole iniziai ad agitarmi ancora di più, per cui mi venne in mente, che quando mi stavo trasferendo era presente un'altra persona insieme a me, che avrebbe potuto accertare che non ero pazza.

«Holly cara, potresti gentilmente dirgli che non c'era, così può tornarsene da dove è venuto senza continuare a dare problemi?» la risposta non tardò ad arrivare: «Potrei farlo, ma la verità è che ci ha aiutate, soprattutto con il borsone rosa, ti eri portata tutto l'armadio dietro!» la mia faccia diventò rossa, un po' dall'imbarazzo di essere nel torto e un po' dalla rabbia che mi fece venire quando vidi il sorrisetto che si era formato sulle labbra di Noah.

Prima che potessi dire qualche altra cosa la mia ormai ex amica se ne uscì con: «Allora Noah, resti con noi a cena?» e prima ancora che potessi rispondere con un categorico no, alle mie orecchie arrivò: «Certamente non potrei mai perdermi il pollo bruciato più buono di Manhattan» seguito da un sorrisetto diretto verso di me.

Spiacevoli InconvenientiWhere stories live. Discover now