Bentornata a Milano.

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«Dedicata ad una persona speciale che non ha mai smesso di credere in me, ti voglio bene.»

«Quello che mi piace delle
fotografie è che catturano un
momento che è finito per sempre,
impossibile da riprodurre.»
(Karl Lagerfeld)

Prendo posto sul sedile accanto al finestrino e apro la mia macchina fotografica.

La fotografia è sempre stata una mia passione, sin da quando ero bambina, mentre scorro con il dito sul pulsante mi blocco su una foto, una sua foto, che gli ho fatto prima di partire per il mio concorso di fotografia a Parigi, è stato uno degli ultimi momenti che abbiamo passato insieme.

Se spero di rincontrarlo?

Certo.

Una parte di me è consapevole del fatto che ci rivedremo, sto tornando a Milano anche per lui, per i suoi progetti, ma c'è un'altra parte di me, quella più razionale che mi prega di non farmi illusioni, di rimanere con i piedi per terra.

L'aria Milanese è diversa da quella Parigina, è più inquinata ma sento di essere lo stesso al sicuro, il mio taxi si ferma davanti allo stadio, è qui che io e Amine ci siamo conosciuti, era la mia prima volta a Milano, credevo di essermi persa, avevo paura ma lui mi ha rassicurata, solo dopo, quando l'ho rivisto in studio, ho capito che era lui il ragazzo emergente, su cui puntare tutto, di cui Ivan mi parlava, aveva talento, il suo modo di scrivere era diverso dagli altri, ti entrava dentro e non ne usciva più, non ne sapevo niente di trap, ero abituata ai grandi artisti romani, a quelli che si sentono riecheggiare la domenica mattina per i vicoletti del centro, ma avevo imparato ad apprezzare la sua musica, proprio come lui faceva con la mia fotografia.

"Zizou!" Affermo felice accettando la chiamata, ho appena messo piede nella mia nuova casa, un loft non lontano dal quartiere.

"Un uccellino mi ha detto che sei appena atterrata a Milano, quando pensavi di dirmelo?" Alzo leggermente gli occhi al cielo per poi sospirare.

"E scommetto che questo uccellino è riccio e si chiama Ivan"

"Scommetti bene, quindi domani si torna alla solita routine" Pronuncia marcando l'ultima parola, questo ragazzo quando ci si mette è veramente fastidioso.

"Già, ora fai anche citazioni?"

"Sdrammatizzo, comunque puoi stare tranquilla, lo stiamo rimettendo in riga, ma con il tuo aiuto sarà tutto più facile" Appoggio il telefono sul tavolo, per poi addentare un pezzo di pizza comprato poco prima di uscire dall'aeroporto.

"Ne sono sicura, ora ti devo lasciare, ci vediamo domani in studio, grazie per avermi chiamata"

"Non c'è di che" Sorrido per poi agganciare la chiamata, beh bentornata a Milano Alice.

*

Con gli occhi ancora chiusi afferro il mio cellulare dal comodino, interrompendo così la mia sveglia delle sette, poi, con una lentezza pari a quella di un bradipo mi dirigo verso il bagno, la pancia mi brontola per la fame, non vedo l'ora di uscire e fermarmi in qualche bar per fare colazione.

Quando arrivo in studio sono le otto precise, suono al campanello e aspetto che qualcuno mi apra, prendo un respiro profondo per poi entrare all'interno dell'edificio, tutto è rimasto come lo ricordavo, i suoi dischi come anche quelli dei ragazzi sono appesi al muro e la musica riecheggia tra le pareti, Bianca, la segretaria, mi saluta cordialmente avvisandomi che i ragazzi sono nella sala principale.

"Dio Alice, meno male che sei arrivata" Afferma Davide, il regista, è lui che si occupa della maggior parte dei video dei ragazzi, lo guardo confusa.

"Perché? Che succede?"

"Ezza non si fa ancora vivo" Pronuncia Ivan dal suo piano, rispondendo alla mia domanda, sbuffo scuotendo la testa, chissà se ha saputo del mio rientro, forse sta temporeggiando per questo, mentre cerchiamo di capire dove possa essere, qualcuno apre la porta bruscamente e un forte odore di canne mischiato all'alcool si propaga per la stanza.

"L'ho trovato così, ho provato a fargli bere dell'acqua, ha vomitato ma non è ancora del tutto sobrio" Afferma suo cugino aiutandolo a prendere posto su uno dei divanetti, avvampo quando mi ritorna in mente l'immagine di noi due stesi sul divano, nudi e con il respiro ancora corto, lui, seppur in pessime condizioni, deve essersene accorto perché mi guarda malizioso, sogghignando.

"Non pensavo riassumessimo gente licenziata"

"Perché sei ridotto in questo modo?" Domanda qualcuno tra i ragazzi, che dopo la mia partenza sembrano essersi moltiplicati.

"Mi andava" Alza le spalle con menefreghismo.

"Ti andava? Forse non hai capito, hai un'immagine da mantenere e noi siamo qui per te dalle sei, vedi di fare poco lo spiritoso" Afferma Davide, prendendo posizione nella discussione.

"Okay, allora mettiamoci a lavoro" Pronuncia allargando le braccia.

"E cosa pensi di fare in questo stato? Ascoltami bene, ora tu torni a casa, ti dai una ripulita, ti prendi un'aspirina e ti metti a letto, domani alle nove in punto voglio trovarti fuori da quella porta, non farmi perdere tempo" Si intromette con serietà Amborghini, una serietà che non gli ho mai visto in volto, lui annuisce e si dirige verso l'uscita, ma quando è sul punto di aprire la porta sbanda, provo ad afferrarlo per un braccio ma la mia forza in confronto alla sua è minima, così cadiamo a terra entrambi, i nostri sguardi per qualche minuto si incontrano e dopo tanto tempo rivedo i suoi occhi color nocciola, così limpidi da poterci leggere dentro, ma lui interrompe il contatto, staccandosi bruscamente, senza nemmeno aiutarmi, alla fine questa giornata poteva andare peggio.

Fedele al quartiere | Neimaezza Where stories live. Discover now