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Sbadigliò annoiato, non cercando nemmeno di nasconderlo. Gli uomini nella sala parlavano e parlavano, agitati dagli ultimi eventi. I ministri e i consiglieri erano sempre agitati, quelle vecchie salme non facevano che lamentarsi. Lui non piaceva a loro e loro non piacevano a lui. Gli avrebbe uccisi tutti, ma così facendo avrebbe provocato una rivolta che in quel momento non aveva tempo di affrontare. Una qualche funzionalità l’avevano; alcuni di loro erano fedeli come cani addestrati e obbedivano ciecamente ad ogni suo ordine. Utile.
Fece passare lo sguardo sui loro visi, erano tesi, ansiosi. Chi è la formica che mi ha tradito? Si domandò. Sorrise al pensiero che chiunque di loro fosse stato, il suo piano era stato distrutto.
«Vostra Maestà, siamo preoccupati per ciò che potrebbero fare il regno di Püne o Loyank, loro sono strettamente legati a Џlsea. Se decidessero-»
«Non muoveranno un dito.» Interruppe il consigliere. Questo deglutì con paura e abbassò lo sguardo. «Sapete perché Püne non farà nulla? Perché il trattato di aiuto reciproco ha smesso di essere valido dalla morte della regina di Џlsea. Nessuno di voi ha mai pensato di indagare su questo?» Lasciò che la tensione nella stanza crescesse, che la domanda si abbattesse con violenza su di loro. «Certo che non l’avete fatto.» Si spaparanzò con un sospiro seccato sul trono. «E Loyank non rischierà una guerra contro di noi sapendo di perdere. Il loro esercito è nettamente inferiore al nostro.» Si alzò in piedi, passando un’ultima volta gli occhi sulle teste abbassate prima di uscire dalla sala del trono. Trovò Yøls ad attenderlo fuori dalla porta, la posa rigida e le mani unite davanti come sempre. La sua guardia personale sembrava una statua da quanto era perfettamente immobile. Non dovette guardarlo per sapere che lo stava seguendo. «Portalo nelle mie stanze, fallo passare dalla porta principale.»
Un misto di eccitazione e adrenalina gli scorreva nel sangue al pensiero di avere di nuovo davanti a sé il suo Raggio di Sole. Lo aveva soprannominato così dalla prima volta che lo aveva visto, proprio a Џlsea per il Concilio dei Re che si teneva ogni tre anni. Ricordava che il sole gli aveva baciato la chioma bruna, creando una specie di aureola divina attorno alla sua nuca. La corona dorata risplendeva, sembrava essere stata creata apposta per lui. Era l’unico che lo aveva attirato, la sua fierezza era stata sincera, innata, non qualcosa che gli era stato cucito addosso solo perché re. Non lo aveva deluso; quando un ribelle si era fatto avanti, urlando vendetta per qualcosa a cui non aveva prestato attenzione e si era scagliato contro la figlia di un nobile, Khell aveva sfoderato la spada e in poche mosse lo aveva disarmato e sbattuto al terreno. Renejk avrebbe decapitato o perlomeno tagliato il braccio all’uomo, ma aveva intuito che Khell fosse un re meno impulsivo. Quella azione gli era rimasta impressa, nessuno degli altri re si era mosso e mai lo facevano, si limitavano a nascondersi dietro i loro soldati o a ordinare alle loro marionette di sporcarsi le mani. Codardi e deboli, ecco come li vedeva.
Un bussare lo distolse dai suoi ricordi. «Entrate» disse, mentre si versava del vino nel calice.
Khell fece il suo ingresso, accompagnato - solo un passo indietro - da Yøls. Anche se spogliato delle sue vesti pregiate, della sua corona, del suo trono, del suo titolo, Khell rimaneva il ritratto della baldanza. Su quel viso abbronzato e ancora livido non si vedeva traccia di paura o timore.
Si appoggiò al mobile dietro di lui. «Yøls, puoi andare.»
Con un inchino l’uomo si congedò.
Khell rimase fermo, fisso a guardarlo negli occhi.
«Vino?» disse, riempiendo un calice senza aspettare la risposta.
Negli occhi di Khell aleggiava un disprezzo malcelato. «No.» Una semplice sillaba che racchiudeva una rabbia feroce. Il Raggio di Sole brucia tanto quanto la stella stessa, pensò con un sorriso. «Avrai fame, cosa gradiresti che ti facessi portare?»
Uno spasmo sul viso abbronzato. Gli avevano rasato la barba, notò. «Mettiamo fine ai convenevoli. Cosa vuoi, Renejk?»
Il suo nome pronunciato con tanta furia gli piaceva. «Volevo essere ospitale.»
Un altro guizzo del viso, le mani che si stringevano in due pugni.
Si avvicinò con calma, fermandosi tanto vicino da sentire l’odore della pelle di Khell. Lui non si mosse. «Dimmi chi è la spia.»
Una ruga si formò tra le sopracciglia scure. «Di che cosa parli?»
Bevve un sorso. «La spia. Il traditore. Sono a conoscenza del fatto che qualcuno della mia corte abbia progettato un attentato verso di me.» Bevve nuovamente, con calma. «E so che quel qualcuno aveva un contatto con il tuo regno, con qualcuno dei tuoi uomini. Deve essere per forza qualcuno di importante, qualcuno di vicino a te. Ho visto alcune delle lettere che si mandavano, la scrittura era elegante, il linguaggio forbito, si parlavano di cose che solo pochi potevano sapere. Io sono certo che la spia sia tra le mie cerchie più strette. Quindi, chi è? Oppure, chi hai incaricato di parlare con il traditore?»
Il lampo negli occhi di Khell gli diede le risposte che cercava.

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