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Dall'interno il tempio non era come l'avevo immaginato, lo stesso metallo della porta ricopriva tutte le pareti. La strada era una graduale discesa verso il basso, il che giustificava le limitate dimensioni dell'edificio esterno.
Il corridoio era buio e illuminato dalle bianche luci dei pannelli attaccati al soffitto. Lì, diversamente da fuori, faceva freddo, forse per via dei condotti dell'aria che trasportavano un vento gelido per tutto l'edificio, oppure gli spiriti dei popoli che avevano abitato quei luoghi cercavano un modo per vendicarsi.

«Agni è la guardia dell'ingresso, non lascia mai passare nessuno che non conosca.», spiegò Artemide.
«Come fa a sapere chi sei se è cieco?», domandai curiosa.
«Non è cieco, o almeno non del tutto. È bravo a riconoscere i nostri passi e all'ombra riesce ancora a distinguere le figure.»

Chiunque avesse scelto come vedetta all'ingresso della base una persona parzialmente cieca sperai che almeno avesse avuto l'accortezza di non mettere come capo-cucina qualcuno privo del senso del gusto, o ancora peggio aver assunto un dottore con il morbo di Parkinson. Con questo non volevo affatto sminuire il lavoro di protezione che Agni stava compiendo, ma mi accorsi che invece stava andando esattamente così. Cercai quindi di liberarmi da questo mio pensiero chiedendo dei chiarimenti alla ragazza.

«Gli avete assegnato un posto all'esterno per questo? Cosa fa se si presenta qualcuno che non conosce?», insistetti.
«Non lo so, non è mai successo.», rispose lei, e cercando di cambiare argomento commentò «Ma guarda, siamo già arrivati alle cucine del campo. Sai, le abbiamo dovute spostare qui dentro perché fuori attiravano le formiche gialle giganti, ed era sempre un problema scacciarle con i lanciafiamme.»

Mi affacciai alla porta della cucina, solo per ritrarre velocemente la testa evitando una pentola lanciata a tutta forza sulla parete vicina. Durante l'impatto il contenitore aveva riversato una strana sostanza verde bistro sul muro bianco. Un cane in sedia a rotelle, spuntato fuori da chissà dove, si era subito trascinato a leccarla via con movimenti molto impacciati.

«VIA DALLA MIA CAZZO DI CUCINA!», sbraitò bruscamente qualcuno da dietro il bancone al centro della stanza. «Se vi vedo metter di nuovo piede qui dentro vi butto nel forno con queste fottutissime patate!»

La ragazza si avvicinò lentamente, stando attenta a non mettere il piede sull'uscio della porta e affacciandosi a poco a poco nella stanza.
«Thor, sono io... Artemide», disse quando fu sicura che non sarebbe stata colpita.

Da dietro al bancone sbucò una testa dalle grosse e rossicce sopracciglia corrugate.
«Arty!», salutò l'uomo con voce improvvisamente più dolce mentre si ripuliva le mani sul grembiule. «Non ti avevo riconosciuta, sei tutta sporca di fango arancione, e poi hai quel fottutissimo vestito di merda addosso.»

«Me l'ha prestato Ishtar, non è mio.», rivelò Artemide, quasi per giustificarsi. «Io non metterei mai qualcosa di così... così rosa».

«Minchia, lo sapevo!», esclamò Thor. «Tutta colpa di quella fottuta anoressica del cazzo!»
«Ishtar non è anoressica, è solo un po' fissata con la linea.», disse la ragazza in sua difesa.

«Hai fame?», chiese lui uscendo da dietro al bancone. «Vieni qui che ti do qualcosa da mettere sotto i denti.»

Artemide si avvicinò a quella piccola figura iraconda, superando con un balzo il grosso e vecchio cane marrone che sbavava sulla parete.
Mi affacciai nella cucina che, contrariamente a quanto avevo previsto, era abbastanza pulita. L'uomo dai modi volgari stava pelando le patate, e dall'odore intuivo che doveva aver appena sfornato del pane.

«Puoi dire a quell'altra anoressica laggiù che se anche viene più vicina non la mangio mica.», scherzò Thor, indicandomi con il suo sporco dito.
«Ah, sì, vieni qui!», disse Artemide, facendo cenno di avvicinarmi proprio come avrebbe fatto per richiamare una scimmietta ammaestrata. «Lei è Ester, il Protagonista. L'hai vista prima quando siamo andati a prenderla.», continuò indicandomi. «E lui è Thor, il nostro cuoco. Lui è uno Scettico».

Gli Scettici sono quelli che non credono nei mostri. Sì, nella nostra epoca esistono ancora persone che non ci credono nonostante i precedenti che si sono verificati. Loro sono convinti che i mostri siano solo un'allucinazione di massa causata dal Governo e dalla Chiesa, per appropriarsi del potere o qualcosa del genere. Ogni Scettico ha la propria teoria e a volte si ritrovano anche in meeting per discutere su quale sia la migliore supposizione. Ovviamente, non credendo ai mostri, cercano di dimostrarne la non esistenza e muoiono nel farlo.

«Non hai presentato il bastardo!», disse Thor facendo cenno al bloodhound che dopo aver leccato abbastanza il muro si era spostato sul pavimento vicino al suo padrone, lasciando una lunga scia di bava lungo il tragitto. Gli mancava una zampa, per camminare era dunque stato fornito di una carrozzina a due ruote attaccata alla sua pettorina.

«Oh, hai proprio ragione», esclamò Artemide. «Me lo stavo quasi per dimenticare!».
«Ester», disse poi rivolta a me. «questo è Lucky il cane di Thor. Lui è la nostra mascotte!».

«Cazzo! Pensavo che la mascotte fosse l'orbo lì fuori.», commentò Thor, scoppiando poi a ridere. «In fondo si comporta proprio come un fottuto animale. Quel verginello dorme fuori e fa la guardia alla casa. Se deve pisciare lo portiamo a spasso con il bastone, gli manca solo un cazzo di collare.»

A quelle parole vidi Artemide nascondere un sorriso mettendosi una mano sulla bocca. Non saprei spiegarne bene il motivo, ma rimasi profondamente ferita dalla reazione della ragazza. Forse perché non mi aspettavo che lei fosse il genere di persona che parla male alle spalle di altri. Soprattutto se con loro sembrava andare d'accordo.

Chi mi avrebbe dato la certezza ora che lei non facesse lo stesso anche con me. Che non scherzasse anche lei con gli altri del mio comportamento. Che non andasse in giro a rivelare cose private che le avevo sussurrato all'orecchio sotto il nome della nostra amicizia.
Non era passata neanche un'ora da quando ci eravamo ritrovate e già avevo scoperto molte più cose sul suo conto che nei quattro anni passati insieme. Avevo invece appena conosciuto Thor, ma già intuivo che tra noi non ci sarebbe stata una grande intesa.

«E poi si mette a recitare la sua cazzo di preghierina, proprio come una fottutissima bestiola succhiacazzi.», aggiunse l'uomo ridendo.
«Non è carino quello che sta dicendo!», dissi pungente. Parlando per la prima volta davanti a lui.
«E cosa minchia vuoi che me freghi? Non è colpa mia se hai un palo infilato su per il culo.», ribatté l'uomo. «Non mento, io dico sempre e solamente la cazzo di verità.»

Squadrai quell'umano sporco e tozzo, dai modi rozzi e violenti. Era pelato, ma aveva una folta barba color rame su tutto il mento. Gli occhi erano scuri e incutevano timore ai poveri sventurati che osavano sfidarlo. Aveva un grosso naso arrossato, e probabilmente il rossore era dovuto al fatto che beveva troppo. Indossava un camice che una volta doveva essere stato bianco, ma che ora era troppo unto per poterlo dire con certezza.

Mi lanciò un'occhiataccia, scrutandomi fin dentro l'anima che da sempre ho tenuto a tutti celata in profondità.
«Devi avere fame. Ecco, fighetta, questo è per te!», disse sorridendo malignamente.

Parlando mi allungò un pezzo di pane carbonizzato. Riluttante lo afferrai e lo guardai molto intensamente nella speranza che potesse sparire più in fretta di come era apparso.
Fu Artemide a salvarmi da quella spiacevole situazione. «Le sto facendo fare un giro per conoscere gli altri. Adesso dobbiamo proprio andare, ci si rivede a pranzo.»

Detto questo rubò due pagnotte venute bene e con un rapido balzo scappò fuori dalla stanza urlandomi di correre.
Mi bastò vedere la faccia poco felice di Thor per capire che avrei fatto meglio a seguire al più presto il consiglio della ragazza.
L'uomo si mise a seguirci, ma inciampava continuamente nel grembiule; quindi, fu più volte costretto a rallentare il passo. Gli tirai contro il pane carbonizzato che servì solo a distrarre Lucky, anche lui partecipe di questa assurda maratona.

Svoltammo in fretta una volta raggiunto un bivio ed entrammo tutte e due nella prima stanza che ci capitò davanti. Da lì dentro sentimmo Thor che con il fiatone ci passava a fianco, proseguendo lungo il corridoio.
Tirai un sospiro di sollievo, ma prima di poter fare altro venni afferrata da un paio di mani che mi cinsero con forza il petto trascinandomi ancora di più all'interno della stanza.

Voglio vivereWhere stories live. Discover now