Piante Biofortificate:

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Molte specie vegetali in grado di accumulare o iperaccumulare selenio manifestano delle proprietà anticarcinogeniche, si sfrutta la metil-Selenio-Cisteina per biofortificare i cibi. Anche l'inoculazione con microrganismi del suolo può essere vantaggiosa per la biofortificazione. Il mercurio è altamente tossico, rilasciato nell'ambiente in forma inorganica, sia elementare Hg(0), che ionica Hg(II), quest'ultima tende a legarsi strettamente con le componenti del suolo, riducendo così la sua disponibilità ed il suo assorbimento, inoltre causa problemi alle membrane plasmatiche, danneggiando dei trasportatori come le acquaporine ed influenzando il trasporto di nutrienti e acqua. Le forme organiche, specialmente metilmercurio (CH3Hg), dimetilmercurio e fenilmercurio, sono molto tossiche e tendono ad accumularsi nelle membrane di organelli, dove questi composti inibiscono la via ossidativa e fotosintetica. CH3Hg è il più tossico e pericoloso per la salute umana e l'ambiente. 

Vulcani, fuochi e riduzioni elettrochimiche sono alla base della distribuzione di Hg nell'ambiente, alcune piante però possono convertire Hg(II) a Hg(0) grazie all'attività di enzimi redox come la catalasi e la perossidasi. Batteri anaerobi solforiduttori convertono la forma inorganica a metilmercurio che  finisce poi nella catena alimentare mentre altri batteri mediano la resistenza ai composti organici ed inorganici di Hg, mediante la conversione di queste sostanze in sostanze non tossiche. I geni responsabili della resistenza al mercurio sono i geni mer, in particolare merA e merB:

• MerA codifica per una reduttasi

• MerB codifica per una liasi.

Molte specie esprimono costitutivamente merA resistendo a concentrazioni di Hg(II) dieci volte superiori a quelle del wild type. Se si considera il metilmercurio, merA converte Hg(II) ad Hg(0) pertanto non può proteggere la pianta dal metilmercurio, di conseguenza sono necessari tutti e due i geni per proteggere le cellule da questa specie altamente tossica. I siti di detossificazione maggiori sono il cloroplasto ed il reticolo endoplasmico.

Inquinanti inorganici: Gli elevati livelli di arsenico nelle colture edibili sono diventati un grosso problema, il riso è stato identificato come una delle principali fonti di contaminazione da arsenico, insieme all'acqua potabile contaminata.  Le specie inorganiche, in particolare arseniato (As V) e arsenito (As III,) si trovano prevalentemente in ambiente e sono più tossiche della loro forma organica. Le forme organiche dell'arsenico sono principalmente monometilarseniato (MMA) e dimetilarseniato (DMA). L' As può agire direttamente con il metabolismo della pianta oppure interagire indirettamente con nutrienti, in particolare con il fosforo inorganico. L'aumento o la diminuzione del grado di assorbimento di P inorganico(Pi) e As mediato dalla modulazione di espressione dei trasportatori del Pi, può aumentare o diminuire la tossicità all'As. Per quanto riguarda i trasportatori, poiché l'As V è un analogo del fosforo, è quindi condividono il trasportatore, i due elementi competono per quest'ultimo, nonostante questo preferisca trasportare prima il fosforo. A basse concentrazioni di fosforo, l'As compete maggiormente per l'ingresso nella pianta; al contrario, un'elevata concimazione di fosforo può arrivare a proteggere la pianta dalla contaminazione dell'As, tuttavia, i terreni non possono essere concimati con elevate quantità di fosforo per evitare l'insorgenza di altri problemi, tra cui la citotossicità e lo sviluppo di specie fungine dannose per la pianta. Se sono già presenti dei funghi micorrizici nel suolo che aumentano la disponibilità del fosforo per la pianta, una sovra-concimazione inibisce l'instaurarsi della simbiosi tra i due organismi. Se a livello del suolo abbiamo l'arseniato, questo viene convertito in arsenito che può essere stoccato nel vacuolo o passare nella porzione epigea della pianta dove viene detossificato. Per quanto concerne AsIII, esso viene trasportato all'intero della radice mediante una proteina appartenente alla famiglia delle acquaporine, nelle fronde AsIII è sequestrato nel vacuolo, dove raggiunge concentrazioni elevatissime. Molte specie della famiglia delle Pteridaceae (felci) sono in grado di iperaccumulare arsenico, esse accumulano preferenzialmente a livello aereo. I non accumulatori di As tendono a trattenerlo a livello della radice e a non traslocare il metalloide nella porzione epigea. Quando alla pianta viene somministrato arsenico sottoforma di arseniato, viene ritrovato quasi sempre nei tessuti sottoforma di arsenito: l'AsV (arseniato) viene rapidamente ridotto a AsIII (arsenito) nella pianta attraverso una via enzimatica e una via non enzimatica.

• Se partiamo dalla via non enzimatica, gli elettroni necessari alla riduzione dell'AsV a AsIII vengono ceduti dall'ossidazione del GSH. L'ossidazione del glutatione porta alla formazione di un dimero in cui i monomeri sono legati da due ponti disolfuro. La riduzione del glutatione ossidato avviene mediante l'enzima glutatione reduttasi.

• Nella forma enzimatica abbiamo la riduzione diretta da arseniato a arsenito mediante l'arseniato reduttasi.

Diversi processi biologici sono suscettibili alla tossicità dell'As: l danneggiamento delle membrane cellulari è spesso accompagnato da un aumento di malondialdeide, un prodotto della perossidazione lipidica strettamente connesso allo stress ossidativo.

• la similarità tra AsV e Pi può essere un problema quando l'As viene sostituito al Pi in alcune importanti reazioni biochimiche, influenzando negativamente la vitalità cellulare.

• l'esposizione all'As induce nella pianta l'attivazione di meccanismi antiossidanti tra cui l'incremento di produzione di GSH e PC nelle radici e di antociani nelle foglie.

• Il fatto che AsIII si leghi ai politioli favorisce la formazione di complessi AsIIIPC  Tuttavia, basse concentrazioni dell'arsenico (o di altri metalli) sembrano stimolare la crescita della pianta.

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