Capitolo trentatre

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La mattina dopo quando mi sveglio accanto a me non c'é più Abraham, stesso vento della sera prima, stesso odore di sigaretta ma Abraham non é nella stanza. Volto lo sguardo al soffitto e mi godo quel silenzio celestiale. Ad un tratto Abraham entra dalla porta rivolgendomi un sorriso.

Lo guardo incantata. Ha una canottiera grigia larga che fa intravedere i suoi pettorali e risalta i muscoli delle braccia. Un pantalone nero stretto con delle converse bianche. I capelli sempre in alto scompigliati ma in perfetto ordine e la sigaretta in mano.

-"Dormito bene?" dice sorridendo davanti a me.

-"Molto"

-"Facciamo colazione e poi ti riporto in albergo" dice dirigendosi verso la finestra.

Annuisco ma in realtà non vorrei proprio andarmene da qui. Vorrei stare ogni istante con lui. Con lui accanto mi sento protetta, piena.

Scendo dal letto cercando di non cadere mentre sciolgo i capelli e li sistemo, mi stiro e poi vado verso di lui che, appoggiato alla finestra, inizia a fumare. Appoggio la testa sulla sua chiena e chiudo gli occhi.

Non riesco proprio a descrivere con nessuna parola quanto bene mi fa questo ragazzo. Quanto bene mi fa stare. Quanto mi sembri naturale la sua presenza accanto a me. Eppure giorni fa neanche lo conoscevo. Eppure, giorni fa non credevo che il suo essere così bello e dannato potesse rapire ogni parte di me e attaccarla a lui come due pezzi di un puzzle che é destinato ad essere completato. É tutto così strano ma nella sua stranezza é tutto così fottutamente bello.

Sussulto quando sento un brontolio davanti a me. Rido e gli dico:"Hai fame?"
-"Un pó" risponde lui. Lo sento ridere.

-"Vai a fare colazione allora" dico mettendomi accanto a lui.

-"Aspettavo te" risponde lui buttando la sigaretta e girandosi per poi guardarmi.

-"Abraham scendi un secondo" sentiamo una voce urlare al piano di sotto. Ci voltiamo entrambi. É la madre di Abraham che lo chiama. Si volta verso di me e mi guarda stupito, poi distoglie lo sguardo da me e guarda il vuoto per alcuni secondi.

-"Mettiti il pantalone che c'é sul letto e scendi, ti aspetto di sotto" dice baciandomi la fronte e dirigendosi velocemente verso la porta.

Io metto il pantalone, do un'altra sistematina ai miei capelli e scendo.

Appena arrivo al piano di sotto vedo Abraham fermo davanti all'ingresso del salone, a sinistra c'é sua madre. Mi avvicino di più e mi fermo alcuni centimetri dietro Abraham. Alcuni metri davanti a lui, un uomo vestito elegantemente lo guarda. Un uomo alto, magro, capelli grigi e con uno sguardo severo.

Abraham allunga la mano per dietro, verso di me e io la stringo. Mi attira a sé ed io mi attacco al suo braccio.

L'uomo sposta lo sguardo da Abraham a me ed io guardo Elisabeth che accorgendosi del mio sguardo su di lei mi sorride.

Abraham é rigido me ne accorgo perché ad un tratto mi stritola la mano.

-"Chi é?" chiede l'uomo ad Abraham.

-"Mya" risponde freddo.
-"É un piacere signorina" dice l'uomo guardandomi.
-"Piacere mio signore" rispondo rivolgendogli un mezzo sorriso.

-"Non mi hai mai presentato nessuna delle tue ragazze"  dice l'uomo guardando Abraham, quasi con divertimento.

-"Non hai mai voluto conoscerle" dice Abraham con freddezza.

-"Non le avevi mai portate a casa"

-"Da quando ti interessa la mia vita, papà?!" dice Abraham pronunciando la parola "papà" con un certo disprezzo.

Without youTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang