𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝟷𝟺

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𝐈𝐋 𝐌𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎

«Vivevo a Seoul da poco più di un anno, una sera come tante in quel corridoio rosso come l'inferno conobbi il male in persona ma allora, ancora non lo sapevo. Lui aveva la mia stessa età, era un attore emergente, aveva conquistato la fama fin da subito, era amato e conosciuto da tutti nel settore. Rimasi subito colpita da lui, non tanto dalla sua bellezza ma più dal suo carisma. Anche se molto giovane emanava un fascino inconsueto, così ammaliante, i suoi occhi sottili e affilati mi facevamo sentire a disagio ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di incantarmi nel guardarli. Fino a quel momento mi ero tenuta alla larga dai ragazzi, persino con i miei colleghi maschi ero distaccata, e come una stupida ragazza davvero immatura mi buttai su quel tipo perché quella sera provai una forte attrazione. Mi vergogno ad ammetterlo, io me ne innamorai subito, per me fu amore dal primo istante. Quella sera parlammo per ore nel terrazzo del locale. A quel tempo ero una ragazzina inesperta e pagai a caro prezzo la mia inesperienza, ero tremendamente timida ma lui aveva capito subito come mettermi a mio agio, perciò pensai che avessi trovato la persona giusta con cui poter condividere dei momenti insieme. Mi convinsi del fatto che, visto il mio sentirmi cosi a mio agio con un perfetto sconosciuto forse era una sorta di segno del destino il nostro incontro. Lui era la persona giusta. In verità, stava attuando la sua tattica migliore. Davanti a tutti si mostrava esuberante e allegro, godeva nello stare al centro dell'attenzione, ostentava il suo essere una specie di capo branco, aveva un indole predominante, teneva alle apparenze circondandosi di ogni lusso, sempre ben curato e ben vestito. Un ragazzo impeccabile, esternamente. Si era fatto amico di persone di rilievo, personaggi importanti, figure di una certa rilevanza sociale. La stessa sera, dopo la chiacchierata sul terrazzo mi fece conoscere gli amici con cui era venuto al locale. A pensarci adesso, avrei dovuto notare tanti piccoli dettagli, avrei dovuto capire. Come gli sguardi che loro mi rivolsero contro, loro sapevano che sarei stata una sua futura preda, perché loro conoscevano il mostro dietro la maschera. Quel gesto era stato fatto non per interesse verso di me ma per ridicolizzarmi, mi mostrò come il suo futuro trofeo. Il fatto è che io non ero entrata del tutto nella mentalità di questa cultura così diversa dalla mia, tutto era ancora nuovo per me, quindi certe battutine, certi ammiccanti e comportamenti io credevo fossero normali. Mi dicevo che non erano loro quelli strani, ero io che semplicemente non li capivo. In quella stanza rossa tutti gli occhi erano puntati sulla mia figura, quella cerchia di ragazzi seduti su quelle sedie erano tutto l'opposto di ciò che fino ad allora avevo incontrato in questa nuova città, eleganti nei loro abiti firmati, avvenenti e incantevoli nei modi di fare. Sapevo quanto era famoso e il fatto che uno come lui avesse scelto di passare del tempo con me, insomma, con una ragazza straniera con niente di speciale da dare, mi fece esaltare. Se devo pensare a com'era lui allora, direi che era un tipo spiritoso, riusciva a farmi ridere, continuamente. Riuscire a far ridere una persona timida era una conquista, lui ne fu in grado. Non avevo mai avuto un approccio sentimentale e fisico con un ragazzo di questo paese, fu il primo con cui decisi di uscire. Fu bravo, mi studiò con cura, ebbe pazienza, si prese tutto il tempo necessario per tessere una tela intricata, iniziando a sottomettermi senza che io me ne accorgessi. I primi mesi di frequentazione furono intensi, vivevo in un sogno ad occhi aperti. Mi portò in ogni dove, qualsiasi cosa chiedessi mi accontentava, non mi sfiorò mai, non mi diede mai neanche un bacio. Questo particolare mi fece pensare che fosse un ragazzo rispettoso e perché no, anche un po' all'antica. Lo feci conoscere a tutti, per prime alle mie care amiche, presentandolo poi persino alla mia famiglia. Veniva dove lavoravo portando dei regali per i miei colleghi, era presente, affidabile e amorevole, mi mostrò i suoi lati più belli e naturalmente fu tutta una falsità. Iniziò a portarmi ad eventi importanti facendomi passare come membro della troupe. Non potevo assolutamente dire a nessuno che ero la sua fidanzata, dovevo far finta di lavorare per lui ma ero comunque partecipe della sua vita e del suo lavoro, seguendolo ovunque. Anche se per giornate intere ero completamente ignorata da lui, poi lui mi rassicurava dicendomi che faceva parte del piano. Capitò di vederlo flirtare con altre ragazze, e ancora una volta faceva parte del piano, lo faceva sotto i miei occhi perciò non era una cosa grave. Spariva per giorni e ricompariva dicendomi che mi sarei dovuta abituare al suo stile di vita. Diceva che la nostra storia sarebbe dovuta rimanere segreta altrimenti l'avrei rovinato per sempre. Ci fu un periodo in cui mi terrorizzò dicendomi che i giornalisti avevano saputo di me, così come le sue fans, quindi mi vietò categoricamente di uscire di casa, finché non me lo avesse detto lui, perché avrei rischiato la pelle e lui la sua carriera. Mi intaccò i pensieri con il terrore. Iniziai ad associare l'amore alla paura della perdita, uno come lui l'avrei potuto perdere da un momento all'altro se avessi fatto un solo passo falso, se non fossi stata bene nell'ombra, se non avessi fatto tutto quello che lui mi diceva di fare. Così finii per sentirmi seguita giorno e notte. In tutto questo io stavo vivendo la mia storia d'amore singolare e bizzarra, ma dopotutto, faceva parte della normalità, essere la fidanzata segreta di una persona tanto famosa comportava questi lati negativi. Finché un giorno la sua agenzia mi ammonì severamente, impedendomi di farmi vedere con lui praticamente ovunque. Mi fecero firmare un foglio in cui confermavo che non avevo mai avuto niente a che fare con lui. Furono crudeli. Molto tempo dopo scoprii che era stato lui a richiedere tutto questo. Lui si era studiato tutto, aveva creato un piano perfetto mentendo su tutto. C'erano due versioni di quel ragazzo, ed io conoscevo entrambe. C'era l'attore, un ragazzo per bene, laborioso, dedito alla carriera e assolutamente libero sentimentalmente, poi c'era il vero ragazzo che stava insieme a me. Arrivò il giorno "zero", così lo chiamo io. Venne da me una sera, frustrato e arrabbiato con se stesso, le prove per una serie televisiva erano andate davvero molto male, puzzava tremendamente di alcol. Non l'avevo mai visto così fuori di sé, fu la prima volta che lo vidi senza la sua maschera. Cercava da bere nella mia cucina, non trovò niente e questo lo fece imbestialire ancor di più, mi resi conto in quel momento di non conoscerlo fino in fondo. Ero terrorizzata dal suo atteggiamento di quella sera, ma ero anche dispiaciuta per lui, così cercai di rimanere calma per confortarlo. Dopotutto è normale essere arrabbiati quando qualcosa non va come si vorrebbe, o dopo una profonda delusione, ancor più normale è sfogare la frustrazione nell'alcol. Fino a quel momento ero agitata nel vederlo come non lo avevo mai visto, però dicevo a me stessa che quel suo stato d'animo era da comprendere. Mi fece avvicinare al frigorifero dicendomi di guardare dentro, lo feci, mi prese da dietro con la mano completamente aperta mi afferrò la nuca, stringendo dolorosamente, con un gesto fulmineo la spinse  violentemente contro la porta aperta del frigorifero. La mia testa si era frantumata in quello schianto, e mentre perdevo i sensi, prima di cadere in quel sonno mi sussurrò qualcosa. Disse che vista la mia inutilità nel dargli qualcosa bere, dovevo accontentarlo in altro modo, perché lui doveva sfogarsi quella sera. Ricordo che un forte senso di sonno mi colpì improvvisamente, le ultime immagini erano sfocate fin quando vidi le mie stesse ciglia chiudersi. Quando mi risvegliai ero nuda nel letto, coperta solo dal lenzuolo leggero, istintivamente mi toccai la testa, perché quello era il mio ultimo ricordo e faceva dannatamente male. Toccai quella che doveva essere una specie di medicazione, aveva applicato un cerotto, ma non si era curato nemmeno di ripulirmi, il rivolo di sangue aveva continuato a scendere e si era rappreso sul mio petto. Mi teneva abbracciata a lui mentre dormiva. Ero sporca del suo sudiciume rappreso sul mio corpo. Non so cosa succede alla mente umana in una situazione del genere, non so perché il terrore di una situazione simile si trasformi in voglia di soccorrere. Pensai che avesse bisogno di aiuto, senza capire che in realtà ero io quella ne aveva davvero bisogno. Lui stesso mi disse che si stava curando per quegli scatti di ira improvvisi, dovevo essere paziente perché presto sarebbe guarito. Lo amavo, e invece di allontanarlo, cercavo di comprenderlo, così da quel giorno in poi lo accontentai. Sempre.

𝙸𝚕 𝙵𝚒𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝙻𝚞𝚗𝚊Where stories live. Discover now