John's POV (1)

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1111. È davvero questa la differenza tra me e Noah?

1111. Questo numero continuava a ronzare nella testa di John come un tarlo.

Come è possibile che abbia ricevuto 1111 volte il numero delle mie offerte di sponsor?!

Negli ultimi dieci giorni John aveva pensato di aver raggiunto il livello di Noah, o quanto meno che la differenza tra loro si fosse ridotta.

Il ragazzo calciò una pietra per strada, facendola rotolare qualche metro più in là.

"È incredibile vero?"

Domandò Kevin guardando il cielo ancora scuro.

"Cosa?"

"Non cosa, chi! Noah intendo!"

"Già."

"Però sai... Penso che anche tu sia incredibile."

"Smettila Kevin."

"Anche io lo penso John!"

Aggiunse Isabelle sorridendo.

"Abbiamo entrambi visto cosa stai facendo per quella bambina al campo."

"Chiunque lo farebbe se fosse al posto mio."

"Non ne sono così sicuro."

"..."
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*Dieci giorni prima*

John superò Times Square senza nemmeno voltarsi. Il sudore gli scorreva sulla fronte, scivolando lungo il viso. L'aria bruciava nei polmoni e il cuore sembrava esplodergli in petto.

Con un salto il ragazzo superò una delle barriere pedonali, imboccando la 46esima Ovest e superando il Riu Plaza Hotel. L'enorme palazzo in vetro sembrava quasi fare da specchio agli edifici circostanti.

Le scarpe del giovane sembravano mangiare l'asfalto un passo dopo l'altro e solo il suono del suo respiro affannato gli riempiva le orecchie.

John svoltò all'incrocio con la Nona, per poi girare a sinistra, raggiungendo finalmente casa.

Il solito tendaggio grigio si affacciava sulla strada, ricoprendo gli scalini che precedevano il portone. La facciata in mattoni si innalzava per qualche piano e una serie di finestre adornate con dei capitelli in stile romano si ripeteva monotona su di essa.

John frugò nelle tasche, cercando le chiavi.

"Eccole!"

Le estrasse e le infilò nella toppa, per poi spalancare il portone di ingresso. Il lungo corridoio lo accolse, freddo e desolato.

John raggiunse le scale in preda al panico, saltando un gradino dopo l'altro.

Merda! Merda! Merda!

Le gambe si muovevano veloci, macinando un piano alla volta, fino ad arrivare all'ultimo. Lì, una serie di porte si inseguivano una dietro all'altra in un corridoio troppo stretto per permettere a due persone di passare comodamente.

John raggiunse il suo appartamento e fece un passo all'interno.

Nessun rumore.

"Mamma? Papà? Siete a casa??"

Nessuna risposta.

Il loft era stato lasciato in fretta e furia. La pentola dell'acqua bolliva ancora sui fornelli accesi, la televisione ancora accesa non emetteva parole ma solo un continuo rumore statico. Nelle camere, i letti erano stati lasciati sfatti e i cassetti e le ante degli armadi erano stati svuotati.
Sulla sua scrivania un foglio di carta giaceva solitario.

Amore mio, alla TV hanno detto di evacuare e di rifarsi ai centri di ritrovo più vicino. Noi stiamo andando al Clinton Park. I telefoni non funzionano, se leggi questo messaggio corri qui.

Un bacio, Mamma

Okay, l'importante è che siano salvi. Sto arrivando!

John prese uno zaino al volo, lo caricò in spalla e lasciò quella che per anni era stata casa sua.
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Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, ritrovandosi nel solito corridoio. Scese le scale velocemente, pronto a riunirsi ai suoi genitori

"Uuueeeee! Uuuueeee! Mamma ! Mamma ho paura!"

Il pianto di una bambina raggiunse le orecchie del giovane.

Viene dal primo piano.

John scattò di lato, scivolando lungo la ringhiera. Un corridoio uguale al suo si allungava dritto per qualche decina di metri. In fondo, la porta spalancata dell'appartamento 6 lo fissava, invitandolo ad entrare.

"Aiuto mamma!"

Il giovane si diresse verso la casa e varcò la soglia.

*Splat*

Una sensazione di appiccicume si propagò dalle scarpe dello studente.
John abbassò lo sguardo, presagendo ciò che avrebbe visto. Una pozza di sangue si espandeva, allargandosi lentamente sotto i suoi piedi. Poco più in là, due corpi giacevano a terra senza vita. Portandosi una mano alla bocca, John spinse il vomito indietro nella gola.

Cazzo! Cazzo!

"Aiutooo!"

Le parole risvegliarono John, che si voltò in direzione della voce. In fondo al salotto, due goblin cercavano di entrare in una stanza chiusa a chiave, brandendo due maceti.

"Hey, voi! Sono qui coglioni!"

I due mostri si voltarono, rivelando il loro viso deforme. La pelle verdastra era stata macchiata dal sangue delle vittime e pezzi di carne erano rimasti incastrati tra i denti marci dei due esseri.

"Kyaahhhh!!"
"Kyaahhhh!!"

Strillarono all'unisono.

Stai tranquilla, ti salverò ragazzina!

Pensò John, preparandosi allo scontro.

I am the OverlordWhere stories live. Discover now