Capitolo 45

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Oggi sono uscita dall'ospedale, ora sono a casa e sto per uscire anche se il dottore mi ha chiesto specificatamente di stare a riposo.
Ho appena mandato a cagare Daniel e Charles, perché dicevano che avrei potuto farlo un altro giorno.

Ma questo piccolo fardello me lo sto portando avanti da giorni e non ne posso più.

Così mi sto dirigendo a casa sua, a quest'ora dovrebbe essere li.
Non dista molto da casa di Daniel fortunatamente, e così raggiungo in poco tempo la sua villetta.

Quando mi trovo fuori la porta, dopo aver bussato, mi si forma un nodo in gola, e vorrei solo scappare via.
L'ansia mi sta mangiando viva, mi toglie ogni speranza, ogni certezza.
Si nutre di me e io non posso fare altro che lasciarmi mangiare da lei.
Perché non sono ancora tanto forte.
E forse non potrò mai esserlo fino in fondo, io sono sempre stata una persona molto trasparente, la mia espressione mi tradisce ogni volta che provo a dire una cosa che non penso.

Mi torturo le mani e l'attesa mi sembra così lunga che a quel punto penso di andarmene, e lo stavo per fare, se non fosse che poi la chiave che gira, la porta che si apre e la sua voce che pronuncia il mio nome mi fanno bloccare sul posto.
Mi giro, lo guardo.
È rilassato, ma ha un velo di tristezza negli occhi e non so perché.
Che io sappia non è mai venuto a trovarmi in ospedale.
Non l'ho nemmeno chiesto perché mi ero completamente dimenticata di lui.
Mi fa entrare, io sento di non poter più respirare, perché il nodo che ho in gola si sta stringendo sempre di più.
Mi tiro leggermente la maglia più lontana dal collo, improvvisamente mi sta troppo stretta.
Andiamo a sederci sul divano.
Le ombre di Stefan non fanno altro che starmi alle spalle, come nuvole nere che minacciano di portare un temporale.

"Credo di avere delle cose da dirti" non so come ho fatto a parlare, credevo che il mio cervello non riuscisse più a dare quell'imput alla mia lingua di muoversi.
E invece l'ho fatto, ho appena parlato, ma sono molto rigida, la schiena dritta e sguardo fisso nel vuoto che mi strappo le pellicine dalle dita, rovinandole.
"Già lo credo anch'io." Il suo tono non è incazzato.
Per nulla.
"Per prima cosa, posso chiederti perché non ti ho mai visto venire a farmi visita?"
James ride, una risata amara che nasconde qualcosa che voglio assolutamente sapere.
"Non hai potuto vedermi quando sono venuto, ho continuando a venire in ospedale quando Charles mi ha espressamente chiesto di togliermi dai coglioni"

Vorrei ridere, Charles ha trovato proprio quel momento per mandarlo a cagare?
Ah,il solito Leclerc.

"Credo che io debba spiegarti molte cose di me e Charles"
Così inizio a spiegargli cosa siamo stati, la paura non se ne va mai, la paura che potrebbe impazzire da un momento all'altro ce l'ho ancora nel petto, mi schiaccia come un martello.
James mi ascolta con attenzione, mantenendo una certa distanza.
Mi guarda solo negli occhi, non si perde mai in nient'altro, solo lì, occhio contro occhio.
Quando ho finito, seguono dei minuti di silenzio che mi sembrano interminabili, mi sembra di stare col culo su questo divano da una settimana.

"Va bene Grace, ti ringrazio per avermi informato di tutta questa storia, ti voglio comunque bene quindi non ce l'ho con te"
Finalmente dopo un tempo indefinito, qualcosa che mi va bene!
"Però non ti posso assicurare che lavorerai ancora a scuola"
Come non detto.
L'affermazione mi devasta.
I miei ragazzi, quelli che mi hanno portato fiori e cioccolattini per tutti questi giorni in ospedale, quelli che mi hanno dato sostegno, i miei primi allievi.
Vuole portarmi via questo?
Il crescere con loro, le battute di Christian e le smorfie di Sofia mentre balla, proprio come faccio io.
L'amore tra Violet e Adam che cresce man mano timido e innocente tra le mura della sala e le lezioni.
Non voglio perdere nessuno di loro.

"Ti prego di pensarci" dico.
"Lo so che ho sbagliato, che sono una stronza e credimi mi sento molto in colpa per tutto questo.
Ma non mescoliamo insieme vita privata e lavoro, sono due cose diverse, pensaci" continuo.
"Ci penso ma non ti prometto nulla"

Gli sorrido leggermente, lo ringrazio e me ne vado.

Con il petto più leggero e il cuore più pesante, cammino per queste strade desolate finché non arrivo a casa, ma ormai non ho più forze, saluto i due ragazzi accorgendomi giusto un momento prima di salire il primo gradino della scala che anche Lando, Carlos , Pierre e Lewis sono qui.
Saluto debolmente anche loro e salgo sopra sotto lo sguardo confuso di tutti.

Appena tocco il letto mi addormento subito.

Sotto la stessa luna ~Charles Leclerc~Where stories live. Discover now