Capitolo 12 - Quiete

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(T/N)' s pov

Passarono alcuni mesi da quando Slenderman si mostrò, per poi non farsi più vedere. Non so dire se ciò mi tranquillizzi o mi inquieti: potrebbe aver deciso di lasciarmi perdere veramente, come potrebbe invece aver pensato di controllarmi e aspettare che io, o Tobias, commettessimo un passo falso. Per quanto riguarda il mio rapitore, invece, possiamo dire che la situazione è un pò cambiata. Slenderman gli iniziò ad assegnare sempre più vittime, a tal punto da farlo stare meno tempo in casa. Quelle poche volte in cui condividiamo gli spazi capitano o durante la notte in cui la sua priorità è riposare, oppure è talmente stanco ed annoiato da voler solo conversare. Ovviamente non è mancata la violenza, ma, rispetto i primi tempi di prigionia, sembra essersi ridotta. Infatti, è capitato solo che mi procurasse qualche taglio con le accette, neanche così tanto profondi. Ormai mi stava usando solo come sfogo sul lavoro. Avevo imparato a trattenere gli affronti, a starmene al mio posto per sopravvivere. E funzionava. Senza uno stimolo d'affronto da parte mia, per Tobias è impossibile trovare la grinta e, soprattutto, il motivo per ferirmi.

Credevo che fosse impossibile conversare con lui. Invece mi ha accennato dei piccoli tratti del suo passato, tra cui i maltrattamenti da parte dei bulli e dal padre, dovuti alla sindrome di Tourette ed altri problemi palesi ma non detti. Quel che mi stupiva però, era il fatto che ne parlasse come se fosse una persona "normale", vittima di queste violenze. Non che non ne fosse stato succube, ma non stava nemmeno in una posizione chissá quanto vantaggiosa per parlarne. Tramite i suoi modi, il suo tono di voce e le parole usate, riuscii a percepire una certa sofferenza nel pensare a quei tempi, anche se mi raccontò relativamente poco. Ad ogni suo piccolo racconto, trovai molta curiosità nel voler sapere sempre di più cosa gli fosse accaduto, poiché spiegherebbe come mai sia diventato così.

«Un'altra g-giornata è anda-ata finalmente». Era ritornato. Tobias aveva in mano delle buste che poggiò sul tavolo dopo aver chiuso la porta, per poi andare a cambiarsi la felpa. «In u-una di que-elle buste ci s-sono dei vestiti che t-ti ho procurato. Non r-riesco a sentirlo, ma  credo che ini-izi a non aver p-più un buon odore ba-ambolina» disse.
Beh non potevi di certo aspettarti che profumassi di rose dopo tutto il sangue che ho perso... per non contare la polvere in casa.
Senza rispondergli, frugai tra la roba in tavolo, trovando i vestiti. C'erano una felpa (c/p), dei jeans, due paia di calze bianche e un completo intimo nero.
«Dove hai preso tutta questa roba?» gli domandai. «H-ho ucciso una bu-ulla, mi sono r-ricordato che sei spo-orca dalla testa a-ai piedi e ho ben pensato d-di prendere dei suoi indu-umenti per te. Ci dovrebbe a-anche essere del sa-apone da qualche parte, prendilo e la-avati, dopo serve il bagno a m-me» rispose, buttandosi sul letto e guardandomi.
Questo sarà l'ultimo briciolo di umanità che gli è rimasto...
«Perché non senti gli odori? E come mai ti importa così tanto della mia igiene?» domandai stranita. «Uno, per v-via della C-CIPA, è come se il m-mio sistema ne-ervoso non sentisse g-gli stimoli esterni. D-due, perché n-non ho inte-enzione di interagire con lo spo-orco». Tobias smise di parlare, voltando il corpo verso il muro, probabilmente per riposare. Presi sapone e vestiti, mi diressi al bagno. Aprì il rubinetto della doccia, fortunatamente l'acqua scorreva anche se fredda. Mi spogliai e con coraggio mi misi sotto l'acqua. Le gocce mi picchiettavano il corpo, facendomi sentire un pò di dolore sui lividi e nelle ferite non ancora guarite.
Wow, è incredibile che nonostante tutto sia ancora viva. Chissà come finirà quest'incubo.
Finita la doccia, mi asciugai corpo e capelli con uno degli asciugamani che Tobias mi diede tempo fa e mi vestii. La felpa ed i jeans erano leggermente larghi, mentre l'intimo, per mia fortuna, era quasi preciso di misura.

Uscita dal bagno, vidi Tobias seduto sul letto mangiare un panino. «Questo è t-tuo» disse porgendomi un sacchetto, che presi un po' spaventata per l'avvicinamento verso di lui. Mi sedetti per terra ed iniziai a mangiare.
«V-vedo che i vestiti ti sta-anno perfetti. Meglio c-così, non dovrò pro-ocurartene altri» disse scrutandomi dalla testa ai piedi «ora si ve-ede che sei p-più pulita» concluse.
Annuì, continuando a mangiare. «È da ta-anto tempo che s-siamo calmi eh? Non t-ti stai più ribellando, disperando... t-ti sei davvero arre-esa bambolina?». Tobias, non appena finì l'ultimo boccone, si sedette a terra di fronte a me, inducendomi a ricambiare lo sguardo e a mettere da parte il resto del panino per dopo. «Cosa ti aspetti che faccia? Ribellarsi non serve, scappare non serve... sto semplicemente facendo quel che vuoi, cioè starmene ferma» risposi, spostando lo sguardo altrove. «Lo a-ammetto bambolina, que-esto concetto ti è e-entrato bene in te-esta. Però il t-tuo Toby h-ha anche biso-ogno di g-giocare...». Tobias, con i tic che gli controllavano il collo e le palpebre, mi poggiò la mano sulla guancia, scendendo delicatamente sempre più giù, fino a scoprirmi totalmente il collo dal cappuccio della felpa, che avevo messo in testa per via del freddo. «V-vedo che non hai qua-asi più nulla, t-ti son rimaste solo ci-icatrici e lividi...» continuò, sorridendo inquietantemente. In risposta, decisi di stare zitta e mantenere la calma, per quanto quel contatto mi terrorizzava. «Dai b-bambolina, cos'è que-ello sguardo apa-atico? Dov'è f-finita la tua p-paura?». Tobias mi scostò i capelli dal viso, in attesa di risposta. «Ormai mi sono abituata quasi a tutto, l'apatia ha preso il sopravvento.» risposi guardandolo. «Ho ca-apito, oggi non sei in vena... s-siccome sono di bu-uon umore, ti risparmio, p-parleremo soltanto.» disse mantenendo il contatto visivo. «Allora, c-cosa possiamo fa-are...». Con il pollice e l'indice poggiati sotto il mento, il ragazzo si guardò intorno, fino a soffermarsi sulla porta d'ingresso. Uscito di casa, lo sentii aprire qualcosa, come la porta di un probabile sgabuzzino, per poi vederlo tornare da me... col mio zaino?
«Ti r-ricorda qualcosa ba-ambolina?» chiese sventolandomelo davanti e ridacchiando. Si risedette e ci frugò dentro.
Mi ero completamente dimenticata che la sera del rapimento avevo con me lo zaino, spero di non averci messo nulla di compromettente...
«Ve-ediamo... dell'acqua, l-libri, un'album d-da disegno... questo è intere-essante» disse prendendolo e iniziando a sfogliare le pagine.
Cazzo, l'ultimo disegno è lo sketch del suo viso, se si incazza sono morta.
«Ti pi-iace disegnare vo-olti, eh? Dato che non hai nu-ulla da fare, potresti d-disegnare il bel r-ragazzo che hai da-avanti». Tobias mi guardò e rise, ma non dissi nulla.
L'ho già fatto per mia sfortuna...
Continuò a sfogliare le pagine e, tra schizzi della foresta e personaggi che inventai, arrivò al maledetto sketch. Si fermò ad osservarlo per qualche secondo, per poi accennare un sorriso. «Quando l'hai d-disegnato?» domandò voltando l'album verso di me. Esitai per un'istante, per poi rispondere.
«L'ho fatto mentre aspettavo (N/a) al parco, eri mimetizzato fra gli alberi.». Tobias continuò a guardarmi, nonostante avessi interrotto il contatto visivo dall'imbarazzo e dalla paura che potesse farmi qualcosa. «Devo ammetterlo, d-disegni proprio be-ene» rispose il castano toccandomi il naso con l'indice e ridacchiando. Il che mi lasciò sorpresa. «Non... non sei arrabbiato?» replicai, pensando che forse non avrei dovuto chiedere. «P-perchè dovrei? È solo un di-isegno...E poi mi ricordi Lyra...» disse, sussurrando l'ultima frase. «Lyra?» Chiesi. «N-nulla, nulla.» Tobias ritornò serio, mettendosi a fissare il pavimento con uno sguardo alquanto malinconico.
Lyra... chi sarebbe? Scommetto una persona a lui cara, forse la ragazza bionda nella fotografia...

Tutti possono cambiare - TicciTobyxReader [Dark Story]Where stories live. Discover now