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Sasha

Spengo le sveglia sul comodino, rimettendomi sotto le coperte. Non voglio uscire da qui: si sta troppo bene sotto le lenzuola.

Poi però mi ripeto che in realtà devo alzarmi subito, altrimenti arriverò in ritardo a lezione. Emano un forte sospiro e scosto le coperte, mettendo un piede sul pavimento freddo. «Gesù, dammi la forza per alzarmi dal letto», parlo ad alta voce.

Dieci minuti dopo, sono davanti allo specchio per pettinarmi i lunghi capelli lisci. I miei occhi verde acqua brillano questa mattina e mi ricordano tanto quelli di mio padre. Mi domando sempre perché si siano dimenticati di me, perché abbiano deciso di lasciarmi da sola contro tutto e tutti. Non sono mai riuscita a superare il loro abbandono, ed è proprio per questo che al giorno d'oggi ho innalzato dei muri attorno a me: la gente ha la brutta abitudine di ferirmi, purtroppo. Mi scrollo la tensione dalle spalle, imprimendomi un sorriso forzato sulle labbra per tentare di rallegrarmi la giornata. Indosso una gonna scozzese corta e metto un top bianco. Prendo le Nike dall'armadio e dopo essermele infilate tiro fuori lo zainetto con dentro il portafoglio, le chiavi e il telefono. Ora sì che sono pronta per affrontare la mia seconda giornata d'università.

La mattina non prendo mai i mezzi, ma guido con la mia amata Jeep bianca, un fantastico regalo di nonno per il mio diciottesimo compleanno, un gioiellino. Faccio girare la chiave nel nottolino e do gas, uscendo dal parcheggio con una manovra eccellente.

Dopo circa quindici minuti arrivo al campus e quando scendo dalla macchina noto una cerchia di persone davanti all'entrata. Mi domando cosa stia succedendo alle otto e mezza del mattino, una rissa forse?

Dopo aver preso lo zainetto chiudo la macchina e mi dirigo in mezzo a tutto quel caos. «Sono tornati», bisbigliano delle ragazze tutte agghindate. Non capisco di chi stiano parlando, perciò mi alzo sulle punte per guardare meglio davanti a me. Salgo i gradini a fatica, ma nonostante questo alla fine riesco a entrare. Ma che problemi hanno queste persone? Non capiscono che così ostacolano il passaggio? Sbuffo infastidita. Poi rivolgo gli occhi davanti a me, rimanendo incantata: tre ragazzi stupendi e che sprigionano pericolo da tutti i pori sono nel bel mezzo del corridoio. Riesco a vedere soltanto due di loro, perché l'altro è voltato di spalle. Hanno tutt'e tre i capelli scuri, ma quello ricciolino ha gli occhi verdi e un sorriso da diavolo; mentre l'altro invece ha gli occhi chiari. Deglutisco davanti alla loro bellezza, ma chi mi incuriosisce davvero è quello voltato di spalle che cammina a passo svelto e minaccioso per tutto il corridoio. Ora so chi comanda in questo campus, qualcosa mi dice che sono loro tre. Li seguo con lo sguardo, fino a quando non scompaiono dalla mia vista.

Si respira un'aria diversa mentre mi dirigo a lezione, ma anche quando prendo posto non riesco a stare ferma e tranquilla: quei ragazzi mi hanno terrorizzata. Estraggo il quaderno dallo zaino, vedendo entrare una Camille piuttosto arrabbiata.

Si siede al mio fianco, ma non credo si sia accorta della mia presenza. «Ehm, tutto bene?» le chiedo incerta. Posa lo zaino sul banco, passandosi poi una mano fra i capelli. «No, scusami», risponde con il fiato corto. «Ho visto una persona che non volevo vedere», mi spiega, parecchio seccata. Annuisco, pensando che probabilmente chi ha rivisto sia uno di quei ragazzi. Non glielo dico, naturalmente: non abbiamo molta confidenza e poi l'ho conosciuta solo ieri, non mi sembra il caso di impicciarmi. Resta in silenzio per tutta l'ora, anche quando prendo alcuni appunti sulla lezione. Sembra essere proprio assente oggi...

«La prossima volta guarderemo un altro video di Sigmund Freud», ci avvisa il professore di psicologia. Dopo aver chiuso la LIM, il professore ci saluta, uscendo dall'aula con la valigetta.

Oggi ho soltanto una lezione per fortuna, quindi potrei tornarmene al dormitorio e sbrigarmi le mie cose senza alcun problema.

«Che farai ora?» mi chiede Camille, mentre metto a posto il quaderno dentro lo zaino. Faccio spallucce, dicendole che probabilmente me ne tornerò in camera. «Stasera, se vuoi, possiamo andare a una festa insieme», mi propone, stordendomi un attimo.

Una festa? Non sono il mio forte, però non mi piace neanche l'idea di restare da sola tutto il tempo, quindi non rifiuto. «Ci vengo!» esclamo e sorrido, uscendo dalla classe.

«Fantastico! Se vuoi vengo a prenderti io», mi rassicura.

Non ne vedo il motivo, d'altronde ho la mia macchina, perciò cerco di non darle ulteriori pesi. «No, tranquilla. Vengo con la mia auto», le sorrido.

Usciamo dall'università e ci salutiamo, dandoci appuntamento alla confraternita maschile. So dov'è posizionata: ho visto un milione di volte la cartina di questo campus, tra un po' la so meglio del rosario.

Mentre guido, penso alla possibilità di incontrare di nuovo quei ragazzi stasera, e per un attimo riesco a sentire un brivido su per la schiena. Non sembrano essere dei santi, e qualcosa mi dice che finiscono spesso in dei guai. Insomma, non sono di certo i classici fidanzati che si presentano ai genitori.

Prima di tornare al dormitorio mi fermo al Fast food e prendo qualcosa da mangiare: patatine, Coca-cola, un Hamburger e delle alette di pollo. Se mi vedesse mia nonna, mi ucciderebbe: è una sostenitrice dei cibi sani e non apprezza quelli fritti o troppo salati. Mi appunto mentalmente di chiamarla quando arriverò in camera, e non appena metto un piede dentro estraggo il telefono dalla tasca. Queste patatine emanano un odore squisito e io sto morendo di fame, cavolo.

«Tesoro!» esclama nonna, proprio quando stavo per addentare una patatina.

Certo che ha un tempismo eccezionale!

«Nonna, come stai?» le chiedo, tentando di non farmi sentire mentre mastico.

«Bene, invece tu? Ti trovi bene all'università?» si preoccupa per me.

«Sì, le lezioni sono interessanti e ho incontrato anche una ragazza, si chiama Camille», la informo, sedendomi sul letto. Continuo a mangiucchiare mentre parlo al telefono con lei, fino a quando non mi racconta delle giornate del nonno. «Si è fissato con i pomodori ultimamente, li vuole piantare in giardino», sospira, facendomi ridere. Nonno Luke è sempre stato fissato con i pomodori, ma in generale con le verdure. La nostalgia mi prende all'improvviso, e mentre ascolto nonna mi appunto mentalmente di andarla a trovare tra qualche giorno. 



Angolo autrice:

Se per caso ci sono errori è perché sto riportando la versione con le poche revisioni effettuate. 

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Foreverحيث تعيش القصص. اكتشف الآن