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Sasha

«Sei fastidiosa, mocciosetta», mi apostrofa, facendomi scappare un piccolo sorriso. Butta fuori il fumo della sigaretta, alzando poi le sue pozze scure verso di me. Sto per aprire bocca, quando all'improvviso qualcuno lo chiama, distraendolo.

«Melbourn, ma che fai qui?» esordisce la bellissima ragazza dai capelli scuri.

È il mio opposto: indossa un vestito nero e i suoi occhi emanano cattiveria. Non amo classificare le persone in generale, ma lei non mi ispira fiducia. Mi squadra con sufficienza, facendo poi un passo in avanti.

Il nome di questo ragazzo è Melbourn? Se non mi sbaglio, esiste una città in Australia che si chiama così.

«Non vieni dentro?» gli chiede lei, poggiando le mani sulle sue spalle. All'improvviso mi sento di troppo, e il modo in cui mi fissa la ragazza mi fa intendere di non essere la benvenuta. Melbourn non mi guarda più, ma continua a fumare la sigaretta con indifferenza. Mi sento in imbarazzo e quindi decido di andarmene via silenziosamente, lasciandoli da soli. Non pensavo che avesse una ragazza, anche se in realtà non sembrava neanche molto preso da lei.

Mi incammino verso l'entrata, sentendomi a disagio per la scena di poco prima. Non appena rientro, trovo Camille in compagnia di quel ragazzo dagli occhi chiari. Stanno discutendo, ma nonostante ciò sembrano avere della chimica. Andrò a salutarla e basta, non ho più voglia di restare qui: non è il mio posto questo.

Compio tre passi verso la coppia richiamando l'attenzione di Camille. , le comunico. Mi sorride con stanchezza, lasciandomi poi un bacio sulla guancia mentre il ragazzo ci guarda. «A domani», mi saluta, non appena ricambio.

Esco dalla confraternita quasi subito, scendendo i gradini per poi avvicinarmi alla macchina e partire.

Qualche ora più tardi sono a letto che guardo il soffitto, persa nei miei pensieri. Melbourn mi ha incuriosita e non capita spesso che dei ragazzi mi interessino, anzi, quasi mai. Naturalmente non ho intenzione di farmi dei film mentali, non sono il tipo, però devo ammettere che per averlo visto una sola volta, mi ha destato interesse. Mi rigiro nel letto, sentendomi particolarmente agitata, fino a quando non mi addormento, stremata.

La mattina dopo mi sveglio prima per fare una doccia e asciugarmi i capelli, passandoci poi la piastra per renderli più ordinati. Li ho davvero lunghi: mi arrivano fino al fondoschiena, ma nonostante ciò non li taglierò mai. Mi vesto con un paio di jeans azzurri comodi, indossando poi una camicetta bianca in tono con le scarpe.

Questa mattina avrò lezione di letteratura inglese, perciò mi devo sbrigare se non voglio arrivare in ritardo. Sbuffo, prendendo il mio zainetto e il portafoglio, uscendo poi dalla camera in tutta fretta. Quando salgo in macchina, faccio la retromarcia e poi parto spedita per il campus. Circa trenta minuti dopo sono a lezione, intenta a prendere tutti gli appunti di cui ho bisogno per svolgere la tesina. Al contrario di molti studenti universitari, non ho ancora deciso cosa fare una volta fuori di qui; ma credo che ci sia abbastanza tempo per poter avere le idee chiare. D'altronde sono qui da tre giorni: è ancora presto per decidere.

«Secondo voi, Romeo e Giulietta erano una coppia felice?» ci domanda il professore, continuando a camminare avanti e indietro. La loro storia non è stata semplice: avevano entrambe le famiglie contro e come se non bastasse, alla fine, sono morti entrambi.

«Certo che erano una coppia felice», esclama una ragazza dagli occhiali rossi.

Il professore la guarda con occhi analizzanti, incitandola a dare la sua motivazione.

«Hanno vissuto un amore intenso e passionale, ma anche doloroso e credo che anche se alla fine sono morti, abbiano avuto un piccolo assaggio della felicità», si esprime.

«Esatto, il loro era un amore impossibile e doloroso. Ma nonostante tutti i problemi erano felici. E voi? Credete che l'amore renda felici?» ci interpella.

L'amore è un sentimento contrastante: ti fa toccare il cielo con un dito, ma allo stesso tempo ti sotterra come un terremoto. Non ho mai provato niente di tutto ciò, perciò credo che sarà difficile per me scrivere un testo su questo argomento.

Finisce la lezione, quindi ci alziamo tutti dai nostri banchi e usciamo. Cammino per i corridoi dell'edificio con calma, senza alcuna fretta. Ho una pausa di venti minuti, quindi vado alle macchinette per prendere un espresso. Ho un sonno assurdo, sarà di sicuro per il fatto che oggi mi sono alzata presto. Sbadiglio, accorgendomi solo adesso di essere osservata da qualcuno: Melbourn. Perché mi sta guadando in quel modo? Resta attaccato alla parete con le braccia incrociate, guardandomi con impassibilità. «Dovrei prendere un caffè entro oggi», commenta aspro.

Corrugo la fronte, voltando subito lo sguardo verso il caffè già pronto. «Scusa, non l'ho fatta apposta», mi imbarazzo. Prendo il bicchiere tra le mani, facendo un passo indietro per dargli spazio.

Indossa una giacca nera con le borchie e riesco a scorgere delle iniziali sulle sue dita; c'è scritto Fear.

«Hai finito di sbavare?» sbotta, scoccandomi un'occhiata acida.

Ma che problemi ha? Stringo la mascella, infastidita, mescolando il mio caffè. «Ti dà fastidio che ti guardi, per caso?» gracchio, leggermente urtata.

«Non me ne frega un cazzo», fa una risatina amara, prendendo il bicchiere.

Be', non sembra che non gli importi nulla, d'altronde mi ha ripresa soltanto perché lo stavo fissando!

Sbuffo, bevendo un sorso. «Non volevo infastidirti», dichiaro. Alza gli occhi al cielo, voltandosi dall'altra parte. Non so perché, ma mi fa ridere questo suo atteggiamento da bambinone. Fa tanto paura agli altri, eppure ha queste reazioni infantili.

«Te la prendi per poco», lo informo, continuando a bere un sorso alla volta. Mi brucia un po' la lingua, e come se non bastasse questo caffè non è un granché.

«Smettila di parlarmi! Parla da sola, ma non con me», grugnisce seccato. Deve avere problemi con le conversazioni, non c'è altra spiegazione.

Non gli parlo più e finisco il caffè. «Ci si vede», gli faccio un cenno, beccandomi una sua occhiataccia. Me ne vado via, sentendo però il suo sguardo addosso per tutto il tempo.

Magari sarò solo io, però ogni volta che osservo le sue pozze scure non posso fare a meno di notare un velo di dolore in esse. Forse mi sbaglio, però.



Angolo autrice:

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