22. Should've seen the red flags, but for you, I'm fucking blind

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Avril Lavigne, Love it when you hate me






Sono passate soltanto poche ore da quando siamo arrivati e già inizio a sentire la mancanza del mio amato letto.

Lo scricchiolio delle assi e il materasso duro come pietra mi hanno tenuta sveglia quasi tutta la notte. Eppure, quando Danny mi aveva mostrato le foto delle stanze, i letti a primo impatto mi sono sembrati abbastanza confortevoli e i cuscini morbidi. Per fortuna, però, il piumone mi ha tenuta al caldo.
Una fitta mi trafigge il collo e si propaga lungo la schiena. Penso mi sia venuto il torcicollo. Povero, Jack. Ha dormito sul divano, deduco stia peggio di me adesso.

Il tepore che ci ha accolti ieri è quasi svanito e adesso un soffio di aria fredda danza nella stanza, penetrando nel tessuto del pigiama in pile.
Mi alzo dal letto e mi sfugge un lamento, che cerco immediatamente di soffocare. Sposto lo sguardo sul letto disfatto di Lydia e mi acciglio. Si è svegliata prima di me?

Mi gratto la nuca e sbadiglio, poi infilo i piedi nelle pantofole scamosciate e scendo al piano di sotto.
Mi fermo poco prima di entrare in cucina e mi soffermo per pochi secondi sul loro chiacchiericcio compatto; faccio capolino e Danny mi accoglie con un sorriso allegro, poi muove una mano, facendomi cenno di entrare.
Per qualche stupido motivo i miei occhi scandagliano la cucina nei minimi dettagli, soffermandosi sulla sedia vuota accanto alla mia. Lui non c'è.

«Buongiorno», bofonchio ancora assonnata.
Jack si alza e viene a darmi un bacio sulla fronte. «Spero tu abbia dormito meglio di me», accenna un mezzo sorriso.

«Ho la schiena a pezzi», gli dico, facendolo ridere.
Prendo posto e Danny mi versa del caffè nella tazza.

«Non bevo il caffè», gli ricordo con una smorfia.

«È decaffeinato», mi informa.

«È apparso magicamente in cucina? Ieri non c'era», chiedo e allaccio le dita intorno alla tazza.

«Kyle è uscito presto questa mattina perché gli servivano delle batterie nuove per la torcia. Il negozio più vicino è a tre chilometri da qui. A dire il vero, ce ne sono alcuni più vicini, ma nessuno vendeva questo benedetto caffè decaffeinato», spiega arricciando il naso con disgusto. So che non piace a nessuno, ma il mio palato si è ormai abituato.

Aggiungo un po' di latte e guardo i deliziosi biscotti al cacao al centro del tavolo.
Sto per afferrarne uno, ma poi borbotto: «Ah, cazzo. Torno subito».
Mentre salgo le scale per tornare in camera mia, penso a quello che ha fatto Kyle.

Parlando del diavolo. La porta del bagno si apre e lo vedo uscire con un asciugamano intorno alla vita e il torso nudo in bella vista. Le gocce d'acqua luccicano come piccoli cristalli sulla sua pelle e schiudo le labbra, quasi sorpresa nel vederlo mezzo svestito davanti a me. Osservo i suoi tatuaggi e mi soffermo un po' di più sull'intreccio di linee nere sul suo petto, che formano una vedova nera dagli occhi rossi.
Dio, una volta non lo trovavo così inquietante quel tatuaggio.

«Buongiorno, Nives. Hai qualcosa proprio qui», indica l'angolo della bocca e mi affretto a pulirmi con il dorso della mano. «Hai intenzione di guardarmi ancora a lungo?»

«Non ti stavo affatto guardando», mi difendo.

«No, mi stavi soltanto mangiando con gli occhi», risponde e una scintilla maliziosa gli attraversa le pupille.

Sento un calore piacevole diffondersi sulle mie guance e scendere lentamente lungo il collo.
«Sei dotato di una grande immaginazione», ribatto gonfiando il petto, dandomi un'aria sicura.

«Sono dotato anche di altro. Questa me l'hai servita su un piatto d'argento», sorride e io mi appoggio al muro, perché inizio a sentire le gambe molli. La sua presenza mi destabilizza.

Il Mio Limite Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora