23. I try to escape, but I can't lose my mind

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Marina, Happy loner


Il freddo inizia a insinuarsi nei miei stivaletti nonostante l'imbottitura calda e un bruciore insopportabile balza sull'epidermide ruvida da una nocca all'altra, rendendole di colore rosso carminio.
Stringo la punta del naso tra indice e pollice e trattengo il fiato per pochi secondi, poi lo rilascio e seguo con lo sguardo il vapore tiepido che si dissolve davanti a me.
Negli ultimi venti minuti non ho fatto altro che fare avanti e indietro, mangiare biscotti e caramelle e fissare il bianco intorno a noi.

«Ehi», dice Kyle dopo una manciata di minuti trascorsi in un religioso silenzio, a qualche metro più lontano da me. «Ti va... Ti va di raccontarmi cosa succede al nostro corpo quando ci troviamo di fronte ad un pericolo?»

La sua domanda mi coglie di sorpresa. Bel modo per rompere di nuovo il ghiaccio. Solo che questa volta abbiamo un'intera distesa di neve tra di noi, e il freddo che serpeggia tra i nostri corpi non sparirà dopo aver posto fine a questa banale conversazione.

«Nessuno mi ha mai fatto una richiesta simile», rispondo infilando le dita nella neve. Lo strato bianco e soffice inizia a sciogliersi e tra le mie dita cola un rivolo d'acqua.

«Perché nessuno è come me», risponde prontamente e mi giro verso di lui. Guardo i piccoli cristalli di ghiaccio che si sciolgono tra i suoi capelli e reprimo il desiderio di allungare la mano per toccarglieli.

«Montato?», arricccio il naso.

«Interessato», mi corregge.

«Ai segnali che il cervello manda al nostro corpo?», inarco un sopracciglio.

«Sei adorabile quando fingi di non capire», scuote la testa.

«Non sto fingendo».

«Allora sai esattamente di cosa sto parlando», il suo sguardo scatta su di me rapido come un leone.

«Le tue parole non valgono niente, lo sai», mi stringo nelle spalle con nonchalance.

«Crudelmente sincera»

«Lo sono sempre stata, a differenza tua», ricambio l'occhiata, ma la mia è piena di rancore.

«E anche pungente», aggrotta le sopracciglia.

«Sei un coglione», decreto.

«Mi mancava questa cosa».

«Sono quasi certa che il tuo cervello non funziona come dovrebbe», ribatto e formo una piccola palla di neve.

«Quindi non ti mancava insultarmi?»

«No. Di solito non passo il tempo ad insultare le persone».

«E allora perché stai sorridendo?»

«Non sto sorridendo!», gli lancio la palla di neve contro, ma lui la schiva. Ha i riflessi pronti.

«Mentalmente sì», risponde e per un secondo i miei polmoni smettono di funzionare.

Ti ha detto la stessa frase che gli hai detto tu quella sera, in spiaggia.

«Adesso però lo stai facendo davvero», inclina di poco il capo in avanti e mi guarda da sotto le ciglia lunghe, le iridi attraversate da nastri d'ombra e miele. I suoi occhi sono famelici, profondi, scaltri.

«Sei davvero un idiota», ruoto gli occhi al cielo e distolgo lo sguardo.

«Ne vale la pena», sussurra e il suo sguardo si tuffa in un punto indefinito davanti a sé.

«Vuoi ancora saperlo?», gli chiedo con un filo di voce e lui annuisce, avvicinandosi ancora di più. Lo spazio ridotto tra i nostri corpi fa suonare il campanellino d'allarme nella mia testa. Va tutto bene. Dopotutto, non potrebbe succedere niente tra di noi. Io sono felicemente fidanzata. Lui è andato avanti con la sua vita. Non è più uno stupido adolescente. Nessuno dei due lo è.

Il Mio Limite Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora