Capitolo 9

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LEI
Sono ormai le undici di sera e tra poco dovrebbe chiamare Joe, così che possa fargli il rapporto giornaliero sulla prima giornata di addestramento si Marc.
Ogni giorno che passa quel ragazzo mi sorprende sempre di più.
Avevo intuito dalla sua corporatura che era fisicamente forte ma non pensavo così tanto. E poi, è stato molto disciplinati,non ha obbiettato su nessun ordine che gli ho imposto.
È l'esatto opposto di me che disobbedivo e facevo la voltagabbana ogni volta che Joe mi diceva di fare qualcosa. Sorrido al ricordo.
A parte questi aspetti positivi, è stato particolarmente difficile lavorare con lui. Era da parecchio tempo che non facevo un addestramento con qualcuno e avere una nuova persona al mio fianco mi ha destabilizzato non poco.
L'ultima volta era stato con Collin, ma allora era tutto diverso.
"Collin Gate...Dio quanto mi manchi."

Io e Collin fummo reclutati quasi in simultaneo, facemmo l'addestramento e la prima missione insieme. Pochi anni più tardi, fece una fine peggiore della mia. Morto, durante una missione. Non mi scorderò mai la sua faccia prima che ci separassimo. Era tranquillo e come al solito sorridente.
"Stai tranquilla Clo-Clo" mi aveva detto, chiamandomi con quello stupido soprannome che mi aveva affibbiato sin dal primo giorno di addestramento "ci vediamo dall'altra parte del magazzino tra meno di dieci minuti ok?".
Mentre mi parlava sentivo la sua mano che pian piano si staccava dalla mia. Mi viene da urlare se penso che quello è stato l'ultimo tocco da parte sua. Quanto avrei voluto dargli un ultimo bacio.
Lo aspettai per quella che mi sembro' un'eternità dall'altra parte della rimessa. Ricordo che mi spostai fuori, all'aria aperta, perché dentro quel sudicio capannone c'era odore di muffa e prodotti chimici. L'ultimo ricordo che ho e' che a un certo punto, un'enorme esplosione mi scaravento' a una decina di metri dal magazzino, facendomi andare a sbattere contro un muro di cemento armato. Sono svenuta seduta stante con una commozione cerebrale parecchio grave. Ricordo la sensazione di vuoto, come se mi stessi librando in aria mentre l'esplosione mi faceva scaraventare contro quel muro e ricordo anche il momento esatto in cui il mio cervello ha realizzato che non avrei mai più rivisto Collin. Mai.
Quando mi risvegliai in ospedale, parecchi giorni dopo l'esplosione, in me viveva una scintilla di speranza. Ero convinta di essermi inventata tutto o che magari mi ero sbagliata, forse Collin era riuscito ad uscire in tempo e l'avrei visto oltrepassare la soglia della mia stanza con uno dei suoi classici sorrisi sghembi e un mazzo di fiori nelle mani.
- Si, deve essere così - mi ero detta - è sicuramente qua fuori che mi aspetta. Entrerà da un momento all'altro da quella porta. - e con questi pensieri confortanti ricaddi nell'oblio.
Parecchi giorni dopo,mi risvegliai con un'enorme mal di testa e...non ero sola.
- Collin - pensai sollevata.
La figura in penombra si alzò dalla poltrona e vidi Joe fare due passi incerti verso di me. Già dall'espressione che aveva dipinta in volto, capii che non era lì per darmi buone notizie.
E infatti così fu.
Joe mi comunico che Collin era morto.
Dal capannone non erano riusciti a ripescare neanche un pezzo del suo cadavere.
Avevano trovato solo la pistola e il tesserino si riconoscimento della nostra agenzia, che ci dobbiamo portare sempre appresso. Joe me lo lasciò cadere sul letto. Insieme al tesserino, c'era anche la sua catenella che portava sempre al collo. Attaccate c'erano due piastrine, molto semplici, una con inciso il suo nome e una col mio. Era un regalo che gli avevo fatto dopo che tutti e due avevamo passato la nostra prima missione a pieni voti. Mi aveva promesso che l'avrebbe tenuta sempre con se.
"La porterò con me anche nella tomba Clo-Clo." mi aveva detto una volta aperto il pacchetto regalo.
Quel ricordo mi fece andare fuori di testa. Cominciai a dimenarmi, tentai di staccarmi la flebo e tutti gli altri tubi che avevo nelle braccia. Tutti gli oggetti che mi capitavano a tiro, li scagliavo con forza contro Joe, fino a quando un'infermiera mi pianto' nel braccio un ago carico di anestetico. Crollai con un tonfo nel letto e rimasi priva di conoscenza per ventiquattro ore.
Una settimana dopo, dopo che fui rilasciata dall'ospedale, con tanto di visita psichiatrica a cui sottopormi, mi diedero alcuni mesi di riposo da lavoro, per potermi riprendere dal colpo alla testa e anche dalla perdita del mio compagno. Non lo accettai naturalmente. Continuai a presentarmi ogni giorno, finché dopo due settimane, mi diedero un incarico d'ufficio, seduta alla mia scrivania.
Appena mi sedevo però, non mi mettevo a lavoro, ma passavo a fissare per tutta la giornata la scrivania davanti alla mia, che un tempo era di Collin.
Venne assegnata ad una ragazza, non una spia ma una di quelle persone che si occupavano di tutte le scartoffie dell'azienda. La poverina dovette chiedere di essere spostata, perché con me che la guardavo come una specie di zombie non riusciva a lavorare. Da quella volta nessuno ha più occupato quella postazione. Tutt'ora è vuoto ma grazie al cielo quelle poche scartoffie che devo compilare me le porto direttamente a casa così da non dover sopportare quel vuoto.
Sono rimasta uno zombie per parecchio tempo, fino a quando con molta calma ho ricominciato a riprendermi, grazie soprattutto all'aiuto di Joe, che mi faceva immergere completamente nel lavoro.
Ora sono quasi guarita da quella ferita che è Collin ma non sono poche le notti in cui mi sveglio di soprassalto, piangendo e gridando il suo nome. Da quando ho conosciuto Marc però, ho notato che gli incubi si sono fatti più radi e anche il mio umore è nettamente migliorato.

Sono ancora immersa nei miei tristi pensieri, quando sento il telefono squillare.
"Joe" rispondo, già sapendo che c'è lui dall'altra parte del telefono.
"Cloe. Dimmi tutto."
Mi preparo a seguire la procedura standard che prevede la registrazione di questa telefonata. Dovrò mantenere un tono meccanico per tutta la durata della conversazione, così che la telefonata possa venire archiviata e sistemata nel fascicolo che riguarda Marc.
"Marc Prestley. 26 anni. Giorno uno dell'addestramento: 13 novembre 2012.
Oggetto dell'addestramento: valutazione prove fisiche, quali corsa e controllo della respirazione, sollevamento pesi di media e grande portata, flessioni, addominali." finisco di recitare la parte da segreteria telefonica.
"Da un voto al soggetto che va dall'uno a cento."
Questa mi giunge nuova. Non si è mai usato dare un voto durante l'addestramento, di solito si fa durante e alla fine della missione. Mi passa per la testa che evidentemente sono tutti un po' preoccupati per questa mia decisione avventata di includere Marc nell'azienda. Anche se fosse, non mi importa. Sono sicura della mia scelta al cento per cento tanto che per dargli un voto non ho bisogno di pensarci e rispondo dicendo soltanto:
"Cento".
Joe riattacca il telefono e faccio lo stesso anche io. Subito dopo si rimette a squillare e so già che è di nuovo lui. Ora la conversazione non è più registrata, così adesso posso parlare liberamente e in tono normale e tranquillo.
"Ehi Joe, da quanto tempo" rispondo cantilenando.
Lui emette uno dei suoi soliti grugniti.
"Cento Chloe? Ma dai..." ovviamente con Joe i convenevoli sono un optional.
"Mai stata più sicura Joe. Quel ragazzo è davvero promettente. È riuscito a spostare l'intera pila di tronchi in un tempo brevissimo. Ha capito subito come fare. Davvero sorprendente." aggiungo soddisfatta.
Anche se tra me e Marc è successo quello che è successo ( e giuro che non ricapiterà mai più ), devo ammettere che oggi è stato davvero bravo.
Joe resta in silenzio ancora per un po'. Ha intuito che nella mia voce c'è un po troppo entusiasmo e soddisfazione,infatti prima di riattaccarmi il telefono in faccia come al suo solito mi dice: "Beh, vedi di non farti sorprendere troppo."
Rimetto giù il telefono, non riuscendo a capire appieno le parole che Joe mi ha appena rivolto. Cosa intende? Devi essere più fredda e distaccata? Non mi devi far prendere troppo dalle emozioni?
Mi distendo sul divano a pancia in giù rimuginando sulle parole del mio capo dispotico.
C'è da dire che le emozioni in passato mi hanno solo fatto stare male. Solo per un breve periodo sono stata felice, un periodo troppo breve trascorso con Collin.
Tutto il resto della mia vita è solo dolore.
Il sonno si impadronisce di me in breve tempo e mi riaddormento sul divano (sta diventando davvero una mia brutta abitudine) e puntuali come degli orologi svizzeri, sono tornati. Gli incubi.

Collin mi guarda con un'espressione piena di dolore. Mi rende la mano in mezzo alle fiamme e ai barili di agenti chimici che uno a uno vengono raggiunti dalle fiamme ed esplodono. Cerco di prendergli la mano ma la mia è viscida, ricoperta come da un gel trasparente che in un qualche modo non prende la presa su quella di Collin.
Grido e grido dalla disperazione per non poterlo salvare. Cerco di pulirmi la mano da quel gel con la maglietta, ma quella sostanza gelatinosa ricompare appena la tolgo. Ritento un'ultima volta di portarlo al sicuro, via con me, ma è troppo tardi, il fuoco gli sta divorando la faccia e dalle cavità degli occhi escono fuori delle piccole fiammelle nere che hanno lo stesso colore dei suoi occhi.

Mi alzo di scatto gridando, fino a quando non ho più voce.
Mi metto tutte e due le mani sulla bocca per non ricominciare a urlare e mi accorgo di essere sudata fradicia.
Correndo, con le mani ancora sopra la bocca, vado verso la doccia e mi ci tuffo dentro ancora vestita. Mi rannicchio in un angolo con le ginocchia che mi toccano il petto. L'acqua calda mi massaggia la schiena per un bel po', fino a quando, con molta calma, i miei muscoli si rilassano. Tolgo le mani dalla bocca con cautela, non ancora del tutto sicura di aver riacquistato lucidità.
Dalle mie labbra non esce niente, ma dai miei occhi grondano lacrime salate.


Hey guyss,
Ecco qua un altro capitolo!!!
Ditemi cosa ne pensate!
Besitos ❤️

L'azzurro che si innamorò del grigioWhere stories live. Discover now