Capitolo 10

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LUI
Sono le sette e mezza e sono nel l'esatto punto di ieri mattina.
La notte sembra non aver mutato un minimo particolare dell'immensa radura che si stende davanti ai miei occhi. L'unica differenza è una leggera nebbiolina che si distende tutt'attorno. Le mie dita tamburellano veloci sulle ginocchia.
Chloe e in ritardo, e lei non mi sembra la classica ragazza ritardataria. Sto cominciando a pensare che magari le è successo qualcosa e che oggi non verrà.
Questo pensiero mi rende particolarmente nervoso e mi disturba.
Poi, al limitare della radura intravedo i suoi lunghi capelli color cioccolato che vengono portati qua e là dal vento.
Sta venendo verso di me con passo svelto e quando me la ritrovo a un metro di distanza, noto la sua faccia.
Ha un colorito strano, terreo, e ha delle profonde occhiaie bluastre che ieri non aveva.
"Cos'hai?" le chiedo quasi in un sussurro.
"Niente. Scusa per il ritardo." taglia corto.
Per le ore che seguono non faccio domande, mi limito ad ascoltarla con attenzione mentre mi spiega varie tecniche di combattimento nei minimi particolari, elencandomi di ognuna, i pro e i contro nell'utilizzarla e spiegandomi minuziosamente i danni che potrei causare al mio avversario nell'usare una determinata presa. Mi fa vedere anche tutti i modi per parare un colpo, come incassarne uno qualora dovessero colpirmi è come fare un paio di finte.
Sono completamente rapito dalle sue parole. Non me ne perdo una. Da come descrive certe tecniche, sono sicuro che le ha utilizzate parecchie volte, lo si capisce dai gesti che fa, da come chiude gli occhi per scavare nella mente per ricordare un determinato scontro con chi sa chi con cui ha usato la presa che mi sta descrivendo.
Anche se sono completamente immerso in quello che mi sta dicendo, non posso fare a meno di osservarla, chiedendomi a cosa sia dovuto il terribile aspetto che ha oggi. Riesco a sentire che c'è qualcosa che non va. Da quando siamo qui, seduti sotto il nostro enorme albero di quercia, non ha fatto il minimo accenno di sorriso e non ha parlato di nient'altro se non di come spaccare l'osso del collo con una sola mossa al nostro nemico. Continua solo a parlare ininterrottamente, fino all'ora di pranzo.
Chloe tira fuori dal suo zaino un contenitore stracolmo di cibo.
"Oggi credo proprio che ci siamo meritati qualcosa di più sostanzioso. Insalata di pollo, va bene?" mi chiede con tono divertito, anche se i suoi occhi rimangono spenti, vuoti.
Faccio finta di niente e le faccio uno dei miei sorrisi migliori, anche perché sono sinceramente contento di non dover mangiare di nuovo quelle orrende gallette di riso.
Chloe mi passa uno dei due contenitori e ci fiondiamo tutti e due sul nostro pranzo. Siamo in un silenzio assoluto, anche la radura non produce nessun suono, nemmeno gli uccelli si permettono di cantare per interrompere la quiete che regna sovrana tutta intorno a noi.
Alzo lo sguardo dalla mia insalata e mi concentro su Chloe. Non riesco a sopportare di vederla così, con quello sguardo vitreo fissato su un punto al di là della foresta. Ha persino smesso di mangiare, adesso.
"C'è qualcosa che non va Chloe? Ti vedo...distante" le chiedo
Appena apro bocca lei sobbalza leggermente. A cosa stava pensando?
"No, no va tutto bene. Sta tranquillo e mangia."
Tutte balle, non ho intenzione di mollare la presa.
"Se dobbiamo lavorare insieme non dovremmo essere i più sinceri possibili l'un l'altro? O la questione del lavoro vale solo per i baci." azzardo.
Sono un coglione.
Mi pento istantaneamente delle parole che mi escono di bocca.
Invece di tentare di capire cosa possa avere la sto punzecchiando senza un motivo. Mi preparo per una sfuriata da manuale o a lei che si alza e se ne va, ma non fa niente di tutto questo. Si gira lentamente verso di me e pianta il suo sguardo nel mio.
"Per i baci vale la questione che hai una ragazza e...si, vale anche per il lavoro."
La sua faccia è calma ma il suo tono e' tagliente come una lama.
Istintivamente contraggo la mascella e cerco di mordermi la lingua per non parlare, ma è tutto inutile, le parole mi escono dalla bocca senza che io lo voglia.
"Non ho più una ragazza. Non stiamo più insieme. Quindi qual'e' il problema ora? E poi, tanto per mettere i cazzo di puntini sulle i, io e te non stiamo ancora lavorando assieme. Tecnicamente, ci stiamo addestrando PER lavorare insieme. Quindi ti ripeto: qual' è il problema?" sbotto.
"Oh, Dio. Si è trattato solo di un bacio. Non metto in dubbio che sia stato fantastico ma tu non hai idea delle difficoltà e dei pericoli che comporta avere una relazione lavorando insieme, soprattutto facendo questo tipo di lavoro. Non ne hai idea." grida.
Si è alzata in piedi e mentre mi urla contro mi sovrasta. Ha gli occhi lucidi, con le lacrime pronte a rigarle le guance e i pugni chiusi con le nocche completamente bianche.
Ma cosa diavolo è successo a questa ragazza?
"Ti prego" mi dice in un sussurro "che cosa pretendi da me?" Ha le lacrime agli occhi.
Mentre me lo chiede mi rendo conto che, forse, tutta questa situazione è solo nella mia testa. Gli sguardi, le piccole scosse elettriche che sento quando la sua pelle incontra la mia, i sorrisi e tutte le battute scambiate, forse sono soltanto frutto della mia immaginazione. Sono frutto del mio cuore che sta cercando in tutti i modi di rendere questa ragazza mia. E' ovvio che per lei, non è così.
Che cosa glielo impedisce? Il lavoro?
- Dimmelo Chloe, cos'è? - grido interiormente.
La guardo, cercando di tenere uno sguardo impassibile ma sono più che convinto che i miei occhi in questo momento mi stiano tradendo.
"Non fraintendermi" mi dice, avvicinandosi "tu mi piaci...molto, ma tutto questo, è troppo. Non mi sentivo così da una vita e in più lavori con me. Sembra la storia che si ripete." dice, guardando il vuoto.
"Che cosa significa?" chiedo.
Spalanca gli occhi impercettibilmente.
"Torniamo ad allenarci, hai un sacco di cose da fare."
Non insisto. Ho capito benissimo che è un argomento delicato che la tocca nel profondo dell'anima e, sinceramente, non sono del tutto sicuro di volerlo sapere.
Ci mettiamo uno davanti all'altro nello spazio d'erba davanti all'albero.
"Ok. Ora cominceremo con la pratica. Faremo un bel po' di simulazioni, così che tu possa capire bene come fate tutto." dice tranquillamente.
- COSA? -
"Non posso picchiarti." esclamo io con un certo allarmismo nella voce.
Lei fa un piccolo ghigno con un angolo della bocca.
"SE riesci a picchiarmi. Ricorda: non sottovalutare mai l'avversario, è l'errore più grosso che tu possa fare. Adesso, cominciamo con un veloce scambio di colpi, giusto per riscaldarci un po'."
Si mette in posizione leggermente accucciata, con le mani protese in avanti come se stesse per balzarmi addosso. Ci studiamo a vicenda per un paio di minuti mentre giriamo in tondo, tutti e due con la guardia ben alzata. Decido di sferrare io il primo colpo. Non voglio farle del male, così decido di puntare al suo braccio sinistro. Lei lo para con estrema facilità come se, se lo aspettasse e di rimando mi tira un cazzotto in pieno stomaco avanzando di un solo passo verso di me.
"Non sottovalutarmi. Non pensare che sono una donna, pensa solo che voglio ucciderti."
Quando l'aria mi ritorna nei polmoni, chiudo un attimo gli occhi e rifletto sulle parole che mi ha appena detto.
Ripeto dentro di me che non sto combattendo contro una ragazza indifesa ma contro una ragazza allenata ad uccidere.
Passo all'attacco e faccio una finta con la gamba in direzione dei suoi stinchi, e lei abbocca, tentando di parare il colpo, ma a sorpresa mi sposto di lato e le sferro un colpo al fianco.
Lei mi guarda....e sorride. Per la prima volta in tutta la giornata vedo un sorriso autentico sul suo volto, uno di quelli che coinvolge anche gli occhi. Le sorrido anche io, rimettendomi in posizione eretta.
Tutto il pomeriggio lo passiamo a malmenarci. Proviamo ogni genere di combattimento, mi mostra nella pratica ogni tipo di tecnica e, anche se entrambi siamo pieni di botte e lividi, alla fine dell'addestramento tutti e due stiamo ancora sorridendo.
Ormai è calato il buio nella radura.
"Impressionante Marc, davvero impressionante. Sicuro di non aver mai fatto la spia prima d'ora?" chiede ridacchiando.
"Si, forse in una vita precedente." le rispondo sarcastico.
Ci sediamo sotto il nostro albero e Chloe mi passa una mela. Io la addento immediatamente. Chloe sembra stare meglio di stamattina, ha il viso più rilassato, non più teso, le borse sotto gli occhi si sono un po' sgonfiate e ha anche perso quell'atteggiamento sempre sul chi va là.
Io e Chloe non parliamo molto ma il silenzio che si crea tra noi non è imbarazzante, ma naturale, come se per stare bene insieme non avessimo bisogno delle parole. È Una sensazione che ho provato con pochissime persone nella mia vita, ma mai l'avevo provata con una ragazza.
"Marc..." esita un secondo.
"Dimmi"
"Tu...tu hai mai perso una persona che amavi?"
La guardo sbattendo gli occhi un paio di volte, interdetto.
"Mio padre. Ha lasciato me e mia madre da soli quando io ero ancora piccolo. Lo amavo...all'inizio, ma ora non più." L'ultima frase mi esce in tono sprezzante. Ho odiato mio padre per parecchi anni quando ero nella piena fase dell'adolescenza, ma ora l'unica cosa che mi causa dolore, è vedere mia madre spegnersi poco a poco a causa sua. Non è più la donna felice e allegra che era un tempo.
- Non canta più mentre prepara la sua famosa torta ai mirtilli. A dir la verità non prepara neanche più la torta. - penso amareggiato, scavando nei miei ricordi d'infanzia.
Ora sta davanti la televisione per la maggior parte del tempo, guardando delle ridicole soap opera e televendite, fumandosi una sigaretta dietro l'altra.
Guardo Chloe e vedo che mi sta fissando con una tale intensità, che mi fa quasi paura. Il suo sguardo mi penetra. Fa un paio di passi verso di me, tanto che adesso siamo così vicini che le nuvolette di vapore che ci escono dalla bocca a causa del freddo si scontrano, unendosi.
"Anche mio padre ha abbandonato me e mia madre" e mi abbraccia.
Un abbraccio forte, disperato.
Si sta aggrappando a me come per non rischiare di cadere e io non la lascio, la tengo saldamente stretta a me.
"Qualunque cosa tu abbia ora, sappi che ci sono io con te." dico, immergendo il mio viso tra i suoi capelli.
Lei si scosta lentamente dall'abbraccio.
"E se domani non ci fossi?" prende lo zaino e scompare nel buio della radura.
- cosa voleva dire? -
<<e se domani non ci fossi>>
Certo che ci sarò, dove crede che io possa andare?
Mi giro a guardarla ma non vedo più niente.
Le sue parole mi risuonano nella testa per tutta la sera, mentre salgo le scale di casa, mentre sono sotto la doccia e diventano quasi un urlo quando cerco di mettermi a letto per cercare di dormire.
Le vorrei dire che ci sarò sempre e che non andrò da nessuna parte, che non voglio andare da nessuna parte. Voglio solo stare dove sta lei. Tutti questi pensieri mi ronzano in testa per parecchie ore.
Verso le tre del mattino il sonno per fortuna ha la meglio e mentre abbasso le palpebre e sto per sprofondare nel buio totale, mi accorgo che è evidente che mi sto innamorando di questa ragazza.

L'azzurro che si innamorò del grigioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora