L'intrusa Nell'obitorio

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Storia anonima.
Questa esperienza l'ha vissuta mio padre alcuni anni fa, quando lavorava come guardia obitoriale in un grande ospedale generale a El Bajío, nel Messico centrale.
Mio padre era un poliziotto, e fu incaricato di occuparsi dell'obitorio in un momento in cui, a causa della violenza della guerra alla droga;  diverse vittime arrivavano durante la notte. Era successo che  dei commando armati erano entrati negli ospedali per finire i propri bersagli, quando erano sopravvissuti, per estrarre i corpi di sicari o semplicemente per motivi intimidatori.
Era una calda notte d'estate, proprio nel bel mezzo della famosa ondata di caldo e mio padre copriva il turno dalle 11 di sera alle 6 del mattino, insieme ad un altro collega che chiamerò Miguel. Mio padre era fuori dall'ospedale, stava prendendo un caffè verso le due del mattino, quando ricevette una telefonata di Miguel alla radio.
Miguel spiegò che un addetto alla manutenzione stava lavando un corridoio vicino all'obitorio quando ha visto una figura che correva avanti e indietro fino alla fine del corridoio. Non sapendo cosa fare, ha chiamato la sicurezza e non ci è voluto molto perché mio padre incontrasse Miguel e l'impiegato desse la sua testimonianza.
Pensando che potesse trattarsi di un membro della criminalità organizzata, i due sono entrati nei sotterranei dell'ospedale e hanno annunciato la loro presenza, chiedendo a chiunque fosse dentro, di arrendersi e uscire con le mani alzate. Nessuno ha risposto e, cosa ancora più sorprendente, non c'era segno che qualcuno fosse entrato dalle altre porte che davano sul piano superiore dell'ospedale.
Si divisero, per controllare varie zone e, mentre mio padre stava salendo le scale fino al primo piano, ricevette una telefonata da Miguel che gli disse che aveva visto l'intruso correre in lontananza, e che si trattava di una donna.  Dopo essersi incontrati, Miguel e mio padre corsero in direzione del corridoio dove era scomparsa la donna, e fu lì che la videro vicino a un corridoio poco illuminato.
La donna stazionava davanti a una porta di metallo grigio. Molte luci in quella zona dell'ospedale non funzionavano bene, e in quel momento, erano spente;  quindi non potevano vederla chiaramente. Dalla figura che riuscivano a scorgere, la donna era disarmata e indossava un vestito che le arrivava sotto le ginocchia, ai piedi indossava delle ballerine e aveva la testa piena di soffici capelli neri che le coprivano i lineamenti.
Miguel parlò alla signora, chiedendole chi fosse.
Lei non rispose, bensì aprì la porta ed entrò nella stanza sbattendo l'uscio alle sue spalle. Bussarono e le gridarono di aprire, ma non ottennero risposta. La sconosciuta aveva serrato la porta, quindi l'unico modo per aprirla era chiamare la manutenzione e chiedere le chiavi.
Quando l'addetto alla manutenzione è arrivato e ha sentito cosa era successo, li ha guardati confuso e ha chiesto se erano sicuri di cosa fosse successo. Mio padre ha detto di sì, al che l'impiegato ha risposto che era impossibile perché quella stanza non aveva modo di essere chiusa a chiave dall'interno.
Ad ogni modo, aprì l'uscio e i due entrarono puntando le armi.  Avevano delle torce con loro, quindi rastrellarono ogni centimetro della stanza alla ricerca della donna, ma non c'era traccia di lei e non c'era niente fuori posto, a parte uno sgradevole odore dolciastro che mio padre non riuscì a identificare in un primo momento, ma gli provocò una vera repulsione.
L'addetto alla manutenzione entrato dopo di loro, accese le luci nella stanza: effettivamente, il posto era vuoto, fatta eccezione per alcuni attrezzi sugli scaffali e due barelle di metallo. Una era vuota e l'altra coperta da un lenzuolo steso sopra un corpo.
Era la donna che si era nascosta, fingendosi un cadavere nell'area dell'obitorio. Mio padre  fece alcuni passi avanti, appropinquandosi alla barella, dicendole che era tutto finito e che per lei sarebbe stato meglio arrendersi. Mentre continuava ad avvicinarsi, sentì di nuovo l'odore, stavolta più forte. Era l'odore di un cadavere.
Tirando indietro il lenzuolo, mio ​​padre si sentì mancare il cuore e Miguel lanciò un'imprecazione piuttosto forte.
Lei era lì, sulla barella, mostrava orribili tratti  della lividezza cadaverica; era nuda, i suoi soffici capelli neri impiastricciati le incorniciano il viso, aumentando ulteriormente l'aspetto cupo delle sue guance scarne e le vene scure in esse.
La targhetta legata all'alluce del piede destro diceva che era morta quattro giorni prima.

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