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Entrai nella mia auto e misi in moto per tornare a casa.
Fuori era già buio e avevo passato praticamente tutta la giornata fuori casa.

Avevo lasciato l'agenzia del magazine verso mezzogiorno dopo che io e Billie avevamo avuto una lunga (ma davvero tanto lunga) conversazione sul più e sul meno, che dondolava da discorsi profondi a fatti insensati sulla nostra vita.

Avevo avuto modo di conoscerla meglio, e questa opportunità mi aveva dato la conferma che avrei voluto conoscerla ancor di più.
Ci eravamo promessi che ci saremmo visti dinuovo, e ciò mi rincuorava. Avevamo sciolto parecchi nodi quella mattina e ne ero davvero contento.

Purtroppo però, poco prima delle 13 Billie era dovuta andare via. Sia perché l'agenzia chiudeva che perché aveva tanti altri impegni, immagino.
Uscendo di lì non avevo quindi solo guadagnato un lavoro, ma anche una nuova amicizia. Una nuova, preziosa, amicizia.
Ci eravamo promessi anche di scriverci più spesso senza temere nulla, così da mantenere quel rapporto che avevamo creato.

Una volta uscito dall'agenzia ero così incredulo, euforico e felice che non me la sentivo per nulla di tornare a casa e respirare dinuovo l'aria di quelle mura che mi avevano visto progettare la mia morte. Mi dispiaceva per Conan, ma comunque andai a mangiare a quel ristorante scadente pieno di coppie.

Mentre mangiavo avevo ancora il sorriso stampato in faccia e, nonostante fossi da solo, sentivo di far parte di più dell'atmosfera del locale di quanto avessi mai fatto. Di solito mi sentivo fuori luogo lì, altre volte non me ne fregava un cazzo, ma non mi ero mai sentito coinvolto più di tanto. Quella mattina però mi sentivo parte dell'atmosfera.
Per un attimo avrei potuto giurare di aver sentito anche le farfalle allo stomaco.

Scacciai subito quella sensazione e mi rimproverai, in quanto Billie era solo un'amica. Avevo sempre avuto il problema, non appena ricevevo più interesse da parte di una ragazza, di confondere amore e amicizia. Odiavo questa cosa, e più me la si faceva notare più andavo in confusione.
Innamorarmi per me era sempre una cosa che avveniva in più fasi:

-felicità incontenibile, euforia e sensazione di invincibilità. Sentire di fare parte di un tutto e sentirmi importante.

-dubbio, perché non so se quella persona potrà mai ricambiare.

-panico, perché non capisco se è amicizia o amore.

Aggiungiamone un'altra: depressione. Perché di solito vengo brutalmente rifiutato.

Sono un ragazzo complicato? Si.
Ma io cerco personalità complicate, e le personalità complicate amano altre personalità complicate. Anche questo ragionamento è complicato, quindi passerò avanti.

Cercai di non fare del nostro rapporto attuale un problema e decisi che avrei cercato di pensarci il meno possibile così da non alterare il corso degli aventi e non incorrere in scelte affrettate.

Dopo aver pranzato vagai nel parco li vicino per ore sedendomi sotto gli alberi, facendo schizzi, ascoltando musica, ascoltando lei.

Passai tutto il pomeriggio così, poi cenai con il cibo disgustoso di un furgoncino parcheggiato di fianco alla mia auto ed eccoci dinuovo alla scena con la quale avevo iniziato.

Entrai nella mia auto e misi in moto per tornare a casa.
Fuori era già buio e avevo passato praticamente tutta la giornata fuori casa.

-

Parcheggiai nel vialetto dietro casa e camminai fino alla porta d'ingresso. Tutte le luci erano spente, pensai che probabilmente Conan fosse già andato a dormire.

Oh, se solo fosse stato così.

La porta di casa si aprì con il rumore metallico della serratura che si sbloccava e, una volta entrato, mi ci volle un po' per abituarmi all'oscurità della casa.

Tutte le tende e le finestre erano serrate.

C'era puzza di chiuso e puzza di alcol.

In men che non si dica realizzai, ma sperai fino all'ultimo che la mia fosse solo una supposizione superficiale.

Camminai a tentoni per il salotto finché non calciai per sbaglio una bottiglia di vetro, che rotolò per due metri prima di fermarsi contro una parete.

Il mio dubbio si stava materializzando sempre di più ma provai comunque a sperare nel meglio finché, guardando nella stanza di Conan dal corridoio, non lo vidi sdraiato a terra sporco di alcol e sangue, con cocci di bottiglia sparsi ovunque.

Accesi la luce e mi precipitai su di lui, provando a svegliarlo. Non capivo se respirasse o meno e sentii il panico montarmi nel petto mentre con tutta l'aria che avevo nei polmoni urlavo il suo nome. Allontanai col piede i cocci cercando di metterli dove non avrebbero potuto fare male a nessuno, poi controllai da dove provenisse il sangue che aveva addosso sperando di non vedere qualcosa che mi sarei pentito anni dopo di aver visto.

Lo presi di peso da sotto le braccia e lo misi sul letto, vedendo chiaramente le ferite provocate dal vetro che aveva sulla schiena. La coperta del letto si sporcò di sangue e le macchie continuavano ad allargarsi, impregnando il tessuto di quel liquido rosso metallico.

Il mio respiro non accennava a regolarizzarsi, persino quando,dopo avergli buttato addosso dell'acqua, Conan si svegliò. Anche se svegliarsi è una parola grossa.

Mi sedetti accanto a lui sul letto mentre rantolava qualcosa che non capivo, ancora sotto l'effetto dell'alcol.

Passai tutta la notte sveglio vicino a lui, assicurandomi che anche da addormentato respirasse regolarmente.

Gli medicai le ferite, pulii per terra e misi a lavare le coperte e i vestiti sporchi, compresi i miei, che si erano sporcati col sangue del ragazzo. Mi lavai le mani cercando di togliere ogni traccia di sangue combattendo contro improvvisi giramenti di testa dovuti alla paura, al disgusto e alla vista di sangue che non fosse mio contemporaneamente.

Ero sicuro che i tagli non fossero così profondi e gravi da necessitare dei punti, ma pianificavo comunque di farglielo presente il giorno dopo anche solo per essere sicuro che quell'episodio non avesse portato particolari problemi.

-

Si fece l'alba, erano ormai le 5:30 del mattino e finalmente mi stesi sul mio letto a riposare. Non dormii, semplicemente chiusi gli occhi cercando di pensare a me e Billie per stabilizzarmi anche un po' l'umore.

Pensai ai suoi occhi, al suo sorriso e alla sua voce.
Al suo modo di parlare, a come parlava di sè stessa e a come parlava di me e con me.

C'era qualcosa in quella ragazza che, dio santo, non mi faceva smettere di pensare a lei.

How she changed my life- Billie Eilish Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora