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Venni svegliato dall'unico suono che non avrei mai voluto sentire in tutta la mia vita. Mi alzai in fretta e furia dal letto e corsi verso il bagno più velocemente possibile.

"Hai bisogno d'aiuto?" Gridai spalancando la porta e preparandomi a quello che avrei visto da lì a poco: Conan era inginocchiato per terra con la testa nella tazza che vomitava tutto ciò che aveva bevuto la sera prima.

Fece di no con la testa, ma io comunque rimasi alla porta del bagno finché non smise e si mise a sedere.
Dai suoi occhi traspariva il senso di colpa e la tristezza, la frustrazione e la rabbia verso una dipendenza che mi era sembrata fino a quel punto nascosta e quasi irrilevante.

Mi sedetti accanto a lui sul pavimento del bagno.

"Ieri sera sono tornato a casa e mi è venuto un infarto quando ti ho visto steso per terra nella tua stanza, lo sai?" Gli dissi con voce pacata, per non farla sembrare un'accusa e peggiorare la situazione.

"Mi dispiace."

Gli ci erano voluti alcuni attimi prima di pronunciare quelle parole, come se avesse pensato a lungo a cosa dire ma che alla fine l'orgoglio che si nasconde tra la lingua e il suono avesse poi sminuzzato e censurato le parole, mandando fuori dalla sua bocca solo ciò che io avrei voluto sentirmi dire.
Ma sapevo che anche lui era terribilmente dispiaciuto.

"Volevo anche dirti che forse è meglio se andiamo in ospedale a vedere quei tagli che hai sulla schiena"

"Hai ragione, grazie di tutto quello che hai fatto per me ieri sera"

Gli diedi una leggera pacca sulla spalla e abbozzai una smorfia che doveva essere un sorriso.

"Vuoi che ti dò qualcosa per l'hangover? Non so, un'aspirina?"

"Si, grazie" disse Conan, mentre si rialzava e tornava a sedersi sul suo letto.

Andai in cucina e tirai fuori dal mobile delle medicine qualcosa da dargli, poi tornai nella sua stanza e gliela diedi.

Ci furono alcuni minuti di silenzio, poi il ragazzo parlò di nuovo.

"Mi sento tremendamente in colpa per ieri Lewis, davvero"

Mi sedetti un'altra volta accanto a lui, senza dire niente.

"In questo periodo credevo stesse andando meglio, ma evidentemente è vero ciò che dicono"

"Cosa dicono?"

"Che le ricadute sono peggiori del periodo vero e proprio di dipendenza. Sono violente, inaspettate e ti tolgono la forza per continuare ad affrontare i problemi come lo stavi facendo prima. Io odio questo schifo"

"Non ho il tuo stesso problema, ma anche io ho sofferto per cose simili. Continuo a soffrire, cercando di non avere ricadute e rialzandomi immediatamente quando vedo che la situazione sta precipitando. Ma se precipita, devi sempre ricordarti dove sei arrivato e da dove sei partito. Perché ti darà la forza di tornare a dov'eri. Te lo assicuro"

Conan mi guardò, sorrise e ci stringemmo forte la mano. Nonostante convivessimo da poco, tra noi c'era già tanta sintonia. Spesso soffrire porta a fare amicizia con gente che mai ti aspetteresti che soffra come te. Però succede, e quando lo scopri ti senti compreso. Una sensazione momentanea di sollievo, come se quella persona fosse davvero capace di capirti. Che poi magari è anche vero che ti capisce, ma questo è più difficile ammetterlo.

Infondo nessuno vuole mai essere capito davvero.

-

I giorni passavano, la mia testa era un'altalena di pensieri e il mio cuore un'altalena di emozioni.
Portai Conan in ospedale, ed oltre a suturare una ferita leggermente più profonda delle altre andava tutto bene.
Ce l'eravamo cavata con solamente 5 ore di attesa al pronto soccorso e letteralmente 20 minuti di visita, ma ormai non vale nemmeno più la pena discutere sui tempi di attesa degli ospedali.

Tornare lì mi aveva fatto ricordare la prima volta che io e Billie ci siamo incontrati.
Non era successo nemmeno così tanto tempo fa, ma comunque il ricordo mi creava nostalgia.

La sorpresa nello scoprire che fosse la stessa cantante del concerto a cui ero andato solo per avere qualcosa da fare prima di uccidermi ad avermi investito, soccorso, portato in ospedale e involontariamente salvato dal suicidio era stata immensa. Mi sentivo un cretino, perché avrei potuto notarlo facilmente.
Ma questa mia mancanza di attenzione aveva creato così tanta fiducia da parte sua nei miei confronti che mi fa piacere credere che sia stata una delle tante belle coincidenze della vita, nonostante io non creda alle coincidenze.

Io e Billie continuavamo a scriverci ogni giorno.
Scherzavamo di giorno, riprendendo sempre il momento in cui mi sono fatto prendere in pieno dalla sua auto, e sospiravamo di notte, quando tutti i pensieri profondi che ci tormentavano di giorno si trasformavano in discorsi quando faceva buio.
Entrambi eravamo fan dell'oscurità.
Un cassetto dove lasciare i pensieri al sicuro, da aprire solo quando ce la sentiamo.

Ci conoscevamo di più ogni giorno che passava, facendomi desiderare sempre più di rincontrarla.

Col tempo però la mia promessa iniziale di non distorcere i reali accadimenti della mia vita stava andando via via scemando. Lo stringersi del nostro rapporto non aveva fatto altro che aumentare i miei dubbi sui miei sentimenti e ogni cosa mi lasciava dietro scie di pensieri lunghissimi sulle più stupide delle cose.

Mi odiavo per questo.
Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma non riuscivo a controllare i miei pensieri.
Mi rimproveravo costantemente per questo, ma alla fine anche se mi sforzavo dentro di me sapevo cosa mi tormentava.

Anche se tormentare non è il termine giusto. Non mi faceva stare male riflettere su me e Billie. Al contrario, mi faceva stare bene. Mi sentivo parte di qualcosa, come se avessi uno scopo. Questo l'ho già detto, ma forse ripetermelo così mi aiuta a capire che devo fermarmi prima che sia troppo tardi. Ma di solito è sempre troppo tardi.

Oltre che con Billie, anche a lavoro tutto procedeva a gonfie vele. I miei bozzetti per il lavoro da illustratore erano piaciuti ed ero passato a disegnare le vere e proprie illustrazioni, mentre per il magazine avevo fotografato qualche altra celebrità locale che stava sbarcando per la prima volta nel mondo delle future star.

Nulla a che vedere con Billie Eilish, ovviamente.

La paga era più che buona e potevo finalmente permettermi di spendere qualcosa in più per me e per curarmi di più.
Comprai nuovi vestiti, un nuovo completo elegante e una nuova tavoletta grafica per il lavoro.

Per Conan comprai qualche nuovo attrezzo per la sua ormai camera-palestra per tenerlo impegnato e distrarlo nel caso avesse altre pericolose ricadute come quella di cui ho parlato prima.

Percui, nonostante un po' di pensieri in più, mi sembrava di aver ripreso le redini della mia vita e, per la prima volta, che le cose stessero davvero migliorando.

Forse però avrei dovuto fare più attenzione a quei pensieri in più.

How she changed my life- Billie Eilish Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora