Capitolo 30

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~ Gabriella ~

È buio, corro in preda al panico, qualcuno mi segue, il cuore mi batte forte, ho la sensazione che possa esplodermi, il fiato corto, comincio a perdere velocità e la paura cresce, non so dove mi trovo, né dove sto andando.

«Mi troverà.» È la sua voce disperata quella che sento, non sono io a correre, in quel buio fitto la intravedo. Valentina corre e io sono immobile, i miei piedi sono interrati nell'asfalto, se provo a urlare nessun suono esce dalle mie labbra.

Improvvisamente un pianto straziante, forte e continuo.

Non la vedo più, sento solo il pianto più vicino, di scatto apro gli occhi, sono nel mio nuovo appartamento, il pianto viene da quello accanto al mio, è di un bambino piccolo.

Faccio un lungo respiro, come mi succede spesso ultimamente mi sveglio nel cuore della notte terrorizzata da incubi simili a questo, sudata e tachicardica.

Il pianto improvvisamente cessa, adesso c'è silenzio, chiudo gli occhi, devo abituarmi, questa adesso è la mia vita.

Mi preparo in fretta, è il mio primo giorno di lavoro in galleria ci tengo a fare una buona impressione con chiunque lavori al marketing.

Spero non sia la tipa sgarbata che ho incontrato la prima volta, quella donna non ha decisamente tatto.

Per quanto ho fatto in fretta finirò per arrivare in ritardo lo stesso, esco di corsa di casa, chiudo velocemente la porta e mi giro di scatto per arrivare alle scale poco distanti, ma sbatto contro qualcuno. «Perdóneme.»

«Gabri, ma che bello, vivi anche tu qui?» Alzo gli occhi e spero che anche questo sia solo un altro incubo.

«Marcello, tu vivi qui?» Spero con tutta me stessa che sia venuto a trovare un amico.

«Certo, sono all'interno C, il tuo qual è?» mi chiede mentre mi indica con gli occhi le varie porte disposte in fila sul pianerottolo.

«B.» Non solo vive qui, ma proprio accanto a me.

«Che coincidenza stupenda, pensa che bello possiamo andare al lavoro insieme tutte le mattine.» È entusiasta di questa scoperta, lo fisso pensando un sarcastico: "Sai che bello!"

«Non è detto che lavoriamo entrambi nella stessa zona.» Preciso mentre inizio a camminare.

Mi segue, non perde il passo nonostante io scendo velocemente le scale, «Dove lavori?»

«In una galleria d'arte a El Raval.»

«Che lavoro figo, io ho iniziato da una settimana a lavorare in un bar a El Raval, credo ci sia una galleria di fronte. È fighissima, il proprietario è gay e anche molto affascinante.»

Cammino verso l'entrata della metro e prego con tutte le mie forze.

Quante gallerie d'arte ci possono essere a El Raval gestite da un gay?

«Credo si chiami Equality Art.» lo dice mentre mi raggiunge giù per le scale che danno accesso all'entrata della metro.

Non è possibile, questa non è una coincidenza è una tortura.

Ne ho già una che si manifesta durante la notta con incubi orribili, e durante il giorno si trasforma in questo vuoto immenso nel petto con cui devo ancora abituarmi a vivere, quindi no, non posso sopportare anche la presenza fastidiosa di Marcello.

«Come si chiama la galleria dove lavori tu?» Anche se io non gli parlo, lui insiste, si siede accanto a me in metro con la pretesa di fare conversazione.

Sunshine - Oggi è un donoWhere stories live. Discover now