X - "Questa un tempo era la Sala Comune dei Corvonero, sapete?"

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Suo padre non era mai stato come i Malfoy, né come i Black. Nemmeno come i Corrow, però. Era questo che lo rendeva, ancora, degno di un po' di rispetto agli occhi indifferenti di Nott.
Almeno, finché una lettera non irruppe nella sua camera da letto nel cuore della notte, portata da un petulante e noioso barbagianni.
- Arrivo, Ermes, arrivo- sbuffò, alzandosi svogliatamente dal letto e gettandk un'occhiata all'orologio: era ancora notte fonda e i suoi compagni di dormitorio erano ancora immersi in un sonno profondo, persino Malfoy, che negli ultimi tempi era sempre scosso dagli incubi.
Aprì lentamente la finestra, permettendo al volatile di entrare nella sua stanza. Aveva inviato una lettera al padre tre giorni prima, Ermes aveva impiegato più tempo del solito a tornare con una risposta.
Così, velocemente, fece scivolare la lettera dalla zampa dell'animale, che si lanciò con furia su una ciotola piena di becchime. I suoi compagni di stanza l'avevano minacciato più volte, affinché tenesse lontano quell'uccellaccio dalla loro camera, ma Theodore non vi aveva mai fatto tanto caso.
Lesse avidamente le poche lettere scarabocchiate, con cura, sul foglio.
Quando i suoi occhi tornarono a guardare la stanza, il poco rispetto che ancora nutriva per suo padre svanì velocemente: aveva accettato un invito dei Malfoy, quello che tutti gli anni inviavano ad ogni famiglia Purosangue delle sacre ventotto. E suo padre, fino a quel giorno, non aveva mai accettato nemmeno un invito. Certo, prima della sua nascita aveva sempre partecipato assieme a sua madre, ma erano ormai anni che non si recava più in mezzo a tutti quei maghi Purosangue. In mezzo a quei Mangiamorte.
Per lo meno non sarebbe dovuto andare. Probabilmente suo padre avrebbe trovato una scusa per lui, per andare da solo.
Così, con l'irritazione crescente a ribollirgli nelle vene, uscì dal dormitorio e dalla Sala Comune, senza badare al coprifuoco: se anche avesse incontrato un Prefetto avrebbe trovato il modo di sfangarla.

Non c'era il sole e probabilmente quella mattina sarebbe sorto più tardi del solito. Eppure alle sette e mezza di mattino era davanti a quella porta nera, attendendo che il battacchio di bronzo desse il suo indivinello. Questo disse: "Un re decide di offrire una grande somma di denaro al suddito che gli racconti una bugia "intelligente". Davanti al re sfilano decine di persone: c'è chi narra di essere stato sulla Luna e chi di essere in grado di attraversare il fuoco senza bruciarsi, ma il re non è soddisfatto da nessuna di queste bugie. Alla fine arriva un contadino poverissimo e, dopo averlo ascoltato, il re gli consegna il premio. Cosa ha detto il contadino?". Theodore rimase qualche minuto a pensarci, cercando di capire cosa potesse aver mai inventato quel contadino. Imporvvisamente si mise a ridere, perché la risposta era tanto ovviamente da essere quasi banale.
-Il re doveva del denaro a suo padre- rispose. Ma, a quanto pareva, al battacchio non bastò quella risposta.
"Perché?" domandò e Nott sbuffò, incrociando le braccia.
- Se il re avesse confermato, dicendo che era vero ciò che l'uomo affermava, gli avrebbe dovuto rimborsare la somma che gli doveva. Se, al contrario, avesse ammesso che quella fosse una bugia, avrebbe dovuto dargli la somma prestabilita. In ogni caso, il contadino avrebbe ricevuto una gran bella somma di denaro- appena finì di spiegare, la porta si aprì, rivelando la misteriosa Sala Comune dei Corvonero. Bronzo e blu notte si alternavano, cedendo poi il passo al soffitto stellato. Faceva freddo, là dentro, quasi quanto nella Sala dei Serpeverde. C'era soltanto una persona seduta sulle poltroncine blu, accanto a un piccolo tavaloni di bronzo, dalle gambe tutte istoriate.
- MacMillan- chiamò, facendo voltare il giovane: soltanto lui poteva starsene seduto a quel modo, con una gamba a penzoloni e un braccio abbandonato oltre il bracciolo, reggendo un pesante libro con solo una mano e sfogliando le pagine soltanto con il pollice e l'indice, e sembrare, comunque, davvero molto comodo.
- Nott- salutò quello, per nulla sorpreso, chiudendo il libro, ma tenendo sempre un dito a segnare la pagina a cui era arrivato. Evidentemente credeva che la conversazione sarebbe stata breve. Quanto si era sbagliato, almeno quella volta, credette Nott. Ancora non sapeva che presto sarebbero stati interrotti da qualcuno.
- Credevo che questa fosse la Sala Comune dei Corvonero, non dei Serpeverde- annunciò, mentre Theodore si sedeva sulla poltrona accanto a quella del giovane. Nott ghignò, appoggiandosi mollemente allo schienale rigido foderato di stoffa blu.
- Da quando in qua ti interessano le divisioni tra le Case? Pensavo sostenessi... aspetta, qual erano le tue esatte parole? Ah, sì: 'Una inutile perdita di tempo, di energie e di risorse'. Interessante teoria, davvero.
- Mi interessano da quando vieni a disturbarmi alle sette del mattino.
- E mezza- specificò Nott e le labbra di Earl si piegarono in una smorfia infastidita.
- Vedo che la mia fama non ha varcato quella porta- commentò dopo un po', accennando all'entrata della Sala Comune - Devo rimediare: non vorrei si spargesse la voce di esser diventato imporvvisamente aperto alle chiacchiere.
- Tranquillo, tutti sanno quanto tu sia filantropo- commentò, intendendo l'esatto opposto. Earl storse il naso. Lui non era misantropo, semplicemente la vista delle persone lo irritava, specie quelle con cui era difficile ragionare. E, nella sua esperienza personale, le persone con cui si poteva davvero ragionare si potevano contare sulle dita di una mano. E Nott era una di quelle.
- Comunque, cosa vuoi Nott?- domandò, riaprendo il libro. Theodore sorrise: un lampo di curiosità aveva brillato per un istante negli occhi chiari del Corvonero e questi si era subito affrettato a nasconderlo dietro il grande tomo, fingendo disinteresse.
"Oh, caro il mio Corvo, non hai idea di quanto tu sia facile da leggere per me" pensò Nott, con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra chiare.
Earl sollevò lo sguardo di nuovo, facendolo passare sul volto dell'amico. O meglio, del forse-amico: non avevano mai capito bene se fossero amici o semplicemente persone con interessi comuni e la stessa non-misantropia che sapeva proprio di asocialità.
"L'asocialità è semplicemente il desiderio, deluso, di parlare solo con persone davvero in grado di capire" avrebbe ribattuto Nott.
- Allora? Vedo che indossi di nuovo quella tua bella maschera, Nott. Mi domandavo se non fossi tu stesso un Metamoformagus con la straordinaria riluttanza nel mutare forma- commentò, ironico, mentre Theodore serrava i pugni con furia. Soltanto il Corvonero sapeva quale fosse il suo vero aspetto, quello che mascherava da quando aveva memoria.
- Taci, MacMillan- lo rimbottò il Serpeverde, accorgendosi troppo tardi del leggero movimento della mano dell'altro: prima che potesse fare qualcosa le poche ciocche corvine sparse davanti ai suoi occhi cambiarono velocemente colore, schiarendosi, diventando di un tenue, pallido color caramello, venati di tanto in tanto da fili ramati. Si osservò le dita, mentre diventavano pian piano più chiare, cosparse appena di lentiggini quasi invisibili. Quando alzò di nuovo lo sguardo gli sembrò che l'amico fosse diventato improvvisamente più piccolo. O era lui ad essere diventato più alto? Doveva ave guadagnato almeno dieci o quindici centimetri, ragionò. Un moto di stizza gli attraversò le membra, facendogli serrare gli occhi. Sapeva com'erano diventati e li odiava, li odiava profondamente.
- Ancora non ho capito perché ti ostini ad essere uno sgorbietto basso, con un faccino da coniglio e quegli occhi così comuni- commentò, accennando al suo verso aspetto e facendo comparire davanti a lui uno specchietto da tasca. Theodore lo odiava profondamente quando si ostinava a compiere magie senza usare la bacchetta. Senza fornire alcun preavviso.
- Guardati, avanti. Devono essere ormai almeno tre anni che non ti osservi davvero- Nott, irritato, fece per sfoderavare la bacchetta per distruggere lo specchio, ma Earl fu più veloce: sfoderò la sua e gliela puntò addosso mollemente, quasi con noia.
- E dai, Nott- ribatté, facendo avvicinare lo specchietto all'amico, che lo afferrò con stizza. Esitò un istante prima di voltarsi verso l'oggetto, ma alla fine divette cedere.
Uno sguardo strano gli restituì il saluto. Lo odiava, profondamente. Odiava quella macchia dorata che attraversava quelle iridi color prato. Odiava quella striscia scura che divideva ad un tratto quella stessa iride. Suo padre la odiava quanto lui. E soffriva nel guardarla: quella macchia d'oro e quella venatura scura disturbavano quegli occhi identici a quelli della moglie, rendendoli estranei e nemici.
Odiava quegli zigomi più alti. Odiava profondamente quei tratti che sua madre gli aveva trasmesso. Odiava quell'invisibile fossetta nella guancia, odiava tutto ciò che suo padre poteva ricondurre a lei. Alla sorella di Evan Rosier.
-Basta così, MacMillan- intimò, scacciando quello specchietto con un gesto secco della mano.
- Ancora non capisco perché ti ostini ad essere insignificante: sai che molti, giù a Serpeverde, ucciderebbero per avere vagamente quel tuo faccino?- domandò, senza distogliere gli occhi dal suo libro, mentre Nott muoveva con stizza la bacchetta scura, mascherando di nuovo il suo vero aspetto.
- Vuoi ascoltare ciò che ho da dirti o vuoi semplicemente farmi ammattire?- domandò quand'ebbe finito l'operazione delicata del Trasfiguare il suo aspetto.
- Veramente starei leggendo- rispose Earl. A quel punto Nott, con ancora la bacchetta in mano, acciò il pesante tomo, facendo scattare in piedi l'amico.
- Insomma, ti sembra il modo?- sbottò, prima di rivedersi sulla sedia, in un modo meno scomposto di poco prima.
- Ho bisogno di informazioni, MacMillan, e tu sei la migliore fonte in questa scuola- il giovane Corvonero sbuffò, prima di annuire e di incitare l'amico a proseguire - Un ragazzo della tua casa, forse di una anno più grande di noi, sta lavorando per Lucius Malfoy. Devo sapere chi è e perché asseconda Malfoy.
- D'accordo. Sai altro su di lui?- domandò, prendendo il bicchiere di burrobirra appoggiato sul tavolino accanto a lui. Come facesse ad stare tanto simpatico agli elfi domestici rimaneva un mistero per Theodore.
- Ha un fratello- MacMillan annuì - E Malfoy lo sta minacciando.
- Ho capito chi è. Per tua sfortuna è più schivo di me: non so il suo nome. Ne cambia uno al giorno, con noi studenti, e gli insegnanti lo ignorano tutta l'ora.
- Ma sai comunque qualcosa, non è vero?- domandò, ironicamente, Nott. Se proprio l'amico non sapeva nulla di nulla avrebbe potuto sospettare fosse lui stesso il galoppino di Malfoy.
Invece Earl rispose, quasi con disinteresse. Esattamente come ogni volta che Thodore gli chiedeva informazioni su qualcuno e a MacMillan non interessava nulla della persona in questione.
- Corvonero, quarto anno, salta le ore di punta nella Sala Grande, non scende mai in Sala Comune. Ha un fratello in Grifondoro, credo di un anno più piccolo, forse di due. Malfoy lo ha minacciato in estate, a Diagon Alley, mi pare, forse Notturn Alley. Non so altro, ma immagino sia diventato il galoppino di Malfoy senior dopo un piacevole incontro in un negozio, diciamo, interessante per entrambi. Il ragazzo deve aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere e ora Malfoy lo ricatta con la vita del fratello. Ma questa è soltanto un'ipotesi- come facesse a sapere sempre tutte quelle cose era un mistero per Nott. Eppure era la fonte più affidabile della scuola e, al contempo, un bravissimo occolumante, che non era stato scoperto nemmeno dai professori. Per questo lo riteneva un eccellente contenitore di segreti e probabilmente non era l'unico. Tutto quel giro segreto di informazioni riservate dovevano pur arrivare da qualche parte: forse lo stesso Corvonero si era confidato con MacMillan, almeno una volta, confidando il quella sua capacità di cui tutti sospettavano, almeno quelli che sapevano della sua esistenza, ma di cui nessuno aveva le prove.
- E non sai come si chiama?- domandò Nott, osservando l'amico scuotere il capo.
- Beh, allora direi che si è guadagnato il mio rispetto: tenerti segreto qualcosa è una vera impresa, sai?- commentò, diviso fra il sarcasmo e l'acidità: il ricordo di come l'amico aveva scoperto il suo segreto ancora bruciava ardentemente nell'animo del Serpeverde.
- Già- rispose MacMillan, riprendendo in mano il boccale di burrobirra - Vuoi?- domandò poi, passandogliela quando l'altro annuì, veloce.
- L'unico problema è che conosce e riesce a produrre incantesimi che vanno oltre i MAGO.
- Come se fosse l'unico, eh Nott? Non è che io, te e Black siamo proprio ignoranti, no?- commentò con sarcasmo, riprendendo in mano il libro che l'amico gli porgeva.
All'improvviso la porta della Sala Comune si aprì, rivelando una divisa dai colori insoliti: rosso e oro.
- Perfetto!- esclamò Earl, alzandosi stizzito - Questa un tempo era la Sala Comune dei Corvonero, sapete?
- Da quanto in qua ti interessano le divisioni tra Case?- domandò la nuova arrivata, incrociando le braccia al petto e facendo ridere Nott: era la stessa cosa che gli aveva chiesto lui poco prima.
- Sapete? Black e Nott non sono poi tanti diversi- commentò con acidità, mentre faceva avvicinare una poltrona, sollevandola e spostandola dall'angolo in cui si trovava e avvicinandola al tavolino.
Annie Black adocchiò la burrobirra, ma non disse nulla e si sedette. Nott, però, gliela porse, stando attento a non dire nulla: Annie non ricordava niente del giorno prima, non poteva permettersi di farsi sfuggire qualcosa.
- Veramente sono i Rosier ad essere più simili ai Black. Soprattutto da quando si sono imparentati, circa un secolo fa, con Cassiopea Black in Rosier- commentò con indifferenza Theodore.
- Dicono che Eos Rosier fosse tanto bella da far perdere la testa al gelido Heat Nott- disse Annie, cercando di intavolare una conversazione.
- Già- commentò solo Theodore, prima di rispondere con un semplice - Grazie- appena mormorato. E per un attimo gli parve di scorgere un minuscolo sorriso sul volto della Black. Così aggiunse un - Dicono che Regulus Black fosse uno dei migliori studenti della nostra Casa- e Annie annuì, grata che avesse ricambiato il favore.
- Grazie- rispose in un mormorio. Earl osservò quella scena, prima di riprendere in mano il libro.
- Se non dovete più dire o chiedere nulla alla "Gazzetta del Pettegolo"- l'aveva chiamato così Nott due anni prima, nonostante MacMillan detestasse ogni forma di pettegolezzo. A lui prelevano solo le informazioni vere, quelle che potevano essere usate o che potevano mostrare il vero volto delle persone. Che gliene poteva importare se qualcuno si fidavanzava con qualcun'altro? Semplicemente nulla - Vi inviterei ad uscire.
- Aspetta, Earl- esclamò ad un tratto Annie, come risvegliandosi da un sogno imporvviso - Ho finito i libri che mi hai consigliato- un guizzo di interesse brillo negli occhi del giovane e Nott non faticò a riconoscerlo: Earl l'aveva guardato con quella stessa curiosità tre anni prima, quando aveva capito di aver trovato qualcuno con cui poter, finalmente, discutere alla pari senza sentirsi dare del "maestrino" o del "solone" - Non è che...- inizio, ma il giovane Corvonero non la fece nemmeno finire, con un sorriso stranamente gioioso dipinto in volto.
Sollevò una mano e chiuse gli occhi e, dopo nemmeno un secondo, una pilla disordinata di libri volò giù dalle scale, impilandosi meglio sul tavolino di bronzo.
- Ecco. Li ho trovati al quarto piano- e scambiò un'occhiata divertita con Nott, al ricordo di quanto successo due anni prima - Alcuni non hanno il nome sulla copertina, ma sono tutti sullo stesso argomento. Tranne quello dalla copertina rossa, quello è simile a quello che stavo leggendo io l'altro giorno: potrebbe esserti utile- e non aggiunse altro, sordo ad ogni domanda della Black.
Questa, leggermente contrariata, si zittì, ma sbirciò nella mente del Corvonero. Non sapeva che, però, le vere informazioni del giovane erano ben nascoste dietro un muro impercettibile, dal quale lasciava fluire solo alcune, insignificanti, informazioni che potessero depistare la Black: Earl McMillan detestava profondamente quella sua abitudine al mascherare ogni pensiero, ma ormai era diventata un'abitudine a cui non riusciva proprio a rinunciare. Sua nonna, promessa da bambina a Cygnus Black, era stata cresciuta per diventare una perfetta sposa per un mago di quella casata. Quando aveva circa quindici anni, però, il suo matrimonio con Black era stato annullato, sostituito da quello della più ricca Druella Rosier, parente di Thodore Nott per parte di madre. La nonna di Earl, però, aveva mantenuto quel tuo comportamento, anche dopo essersi spostata con McMillan, e aveva trasmesso quel suo modo di fare al nipote. Solo ad uno, però, per un semplicissimo motivo: aveva sempre ritenuto troppo ingenuo il futuro Tassorosso, poco predisposto all'Occulumanzia e al distacco.
- D'accordo- disse ad un certo punto Nott, alzandosi, stiracchiando le braccia e scomoigliando appena i lisci capelli neri.
- Vado anche io, comincio ad avere fame- annunciò Annie, alzandosi in piedi.
Una domanda affollava la mente di Earl, pressante e insistente, mentre Annie e Theodore oltrepassavano la pesante porta nera: "Perché sei venuta fin qui? Ti avevo detto di cercarmi dal Tasso. Non è sicuro per te qui, non lo capisci?" Eppure, rimase zitto, osservando le due chiome nere sparire oltre la porta scura, chiudendosela alle spalle. Ed Earl rimase lì, con quel boccale finito di burrobirra e quel libro dalla copertina sbagliata: "Storia di Hogwarts" recitava la copertina. "Maledizioni non rintracciabili dal Ministero della Magia" era ciò che ci sarebbe dovuto esser scritto, ma già da "Magie Sinister" non c'era nulla di simile scritto sulla copertina rossa. Eppure il commerciante, quando lui aveva chiesto se avessero quel libro, non aveva fatto mistero di possederne quell'unica, rara, copia, protetta da numerosi incantesimi, molti sconosciuti anche agli Auror del Ministero. Forse solo Silente ne era a conoscenza, ma non sarebbe mai andato a curiosare in un libro all'apparenza innocuo di un ragazzino di cui forse non sapeva nemmeno l'esistenza.
In un'altra situazione avrebbe provato ribrezzo nell'apprendere tutte quelle maledizioni, in quel libro così segreto.
"Ne ho bisogno" si ripeteva ogni volta, per convincersi a continuare a leggere, a imparare "Ne ho bisogno per poter tenere a bada tutti quei Mangiamorte lazzaroni".

La figlia di Regulus Black - HogsmeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora