L'Avvocato Del Diavolo

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Sono sempre stato un tipo senza limiti.
Senza limiti a scuola, senza limiti nella vita di tutti i giorni, e senza limiti nel sesso. Credo che sia l'aspirazione più grande di un uomo, quello di vivere senza quei vincoli che ti fanno viaggiare insieme alla massa. Un anticonformista, come diceva sempre la mia professoressa di italiano mentre mi omaggiava della solita nota disciplinare. Ne ero un collezionista sfegatato, come lo ero di ragazzine ai tempi delle superiori. Vizio che mi ero portato anche in età adulta facendo impazzire le donne di tutte le età.
Nonostante tutto credevo nell'amore.
Eccome se ci credevo. Ci credevo come credo che la terra sia piatta, o come sia vero che sfruttiamo solo il dieci percento del nostro cervello.
Ma soprattutto, la cosa che mi aveva da sempre fatto credere a questo meraviglioso sentimento, era mio padre che si sbatteva le sue colleghe mentre mia madre moriva in un letto d'ospedale.
Da quel momento, ma anche prima, avevo simpatizzato con la regola della botta e via senza impegno e il rendere la vita al mio vecchio un vero inferno. Solo una cosa era andata storta in questo piano perfetto: Nicole.

« Ste, dove cazzo vai? », strillo il coglione vedendomi uscire dal cancello principale della scuola.

« Vado a comprare le sigarette. », risposi ad Adriano mettendomi il cappuccio in testa.

« Ok, ma ci vediamo dopo? »

« Non credo. », tagliai corto pensando a mia madre su quel letto d'ospedale.

Non mi piaceva raccontare i miei cazzi agli altri, come non mi piaceva impietosirli con la mia vita tanto diversa dalla loro. Malgrado Adriano fosse il mio braccio destro. Presi il mio scarabeo blu scuro, e girovagando per le strade di Trieste, cercai di distogliere la mente dall'immagine di mia madre. Feci il giro largo per tutto il quartiere, quando alzando lo sguardo verso la scala dei giganti, non la vidi seduta su di essa mentre disegnava qualcosa su di un foglio.
Lei non era la solita bellezza. Aveva i capelli castani raccolti in una coda di fortuna che brillavano alla luce solare e gli occhi dello stesso colore con lunghe ciglia. Le sue labbra carnose ospitavano di tanto in tanto la matita che aveva tra le mani e il suo vestiario era sobrio come il suo atteggiamento nei confronti del foglio. Quella bellezza acqua e sapone destò subito la mia curiosità facendomi avvicinare a lei lentamente. Posteggiai il motorino al di sotto della scala, e con fare silenzioso, mi allungai verso di lei per poi strappare il figlio che aveva appoggiato sulle gambe.

« Interessante. », affermai guardando il disegno. Mi accorsi subito che la ragazza, oltre ad essere bellissima, era anche talentuosa. Aveva disegnato tutto il panorama che si sorgeva dalle scale, in maniera sublime.

« Ehi, ma come ti permetti? », si alzò di scatto venendo davanti a me. Il suo fisico era asciutto e le sue misure, nonostante l'età, erano quelle giuste.

« Sai, guardandoti da lontano mi sembravi solo una ragazzina che scarabocchiava. Invece, noto con piacere che sei meglio di Picasso. », ritacchiai guardando il foglio.

Lei con un balzo si piazzò davanti a me strappandomi quasi il foglio dalle mani. Con la stessa velocità lo feci oscillare sopra la mia testa beandomi della sua espressione incazzata.

« Ma non hai di meglio da fare? », domandò indignata portando le mani nelle tasche del giubbotto blu.

« In effetti no. », ridacchiai ancora una volta stringendo tra di loro le mie labbra. Avevo una tremenda voglia di baciare quelle labbra.

« Io invece sì, per cui ridarmi il mio disegno, per favore.»

« Oh, ma che fanciulla piena di educazione. Io ti avrei già tempestato di parolacce. »

« Certo, un tipo come te non è sicuramente abituato alla galanteria e all'educazione. I tuoi genitori avranno altro a cui pensare, dico bene? », il suo sorriso sarcastico che ne venne dopo mi diede fastidio. Pur non conoscendo i miei genitori e la mia storia familiare lei non aveva il diritto di parlarmi in quel modo.

Dimenticare TeWhere stories live. Discover now